Il
calamaro gigante ha una struttura idrodinamica che gli permette di nuotare
velocemente; la spinta dei tentacoli durante il nuoto è aumentata dal sistema
di propulsione a reazione.
In questo modo piomba veloce sulla preda, che afferra con i due
tentacoli e subito dopo immobilizza con le otto braccia portandola verso la bocca, posta
al centro della corona dei tentacoli, dove una robusta mascella chitinosa a forma di becco
di pappagallo, in grado di tranciare un cavo d'acciaio, tronca rapidamente la preda che
viene ingoiata.
I due tentacoli più lunghi, che possono superare i 10 m di lunghezza,
all'estremità si espandono a forma di spatole dotate di quattro file di ventose del
diametro tra i 15 e i 25 cm, i cui bordi hanno un anello di chitina seghettato che lascia
profonde cicatrici sulla pelle del capodoglio, principale predatore del calamaro gigante,
ma non l'unico, perché resti di grossi calamari sono stati trovati anche nello stomaco di
delfini e squali.
Il
galleggiamento di un Architeuthis, è dovuto all'elevata
concentrazione degli ioni di ammonio nei muscoli del mantello, della testa e delle braccia
che, meno densi dell'acqua di mare, sostengono in superficie calamari morti o moribondi.
In mancanza degli ioni di ammonio, essendo i tessuti del calamaro più pesanti dell'acqua
di mare, l'animale, per venire in superficie, dovrebbe consumare molte energie per nuotare
in continuazione; grazie alla loro presenza, purché rimanga in profondità, può
mantenere un certo equilibrio idrostatico, restare fermo o muoversi lentamente.
Questa
peculiarità fa sprigionare dalle carni del calamaro un intenso odore di ammoniaca che le
rende immangiabili.
Il corpo del calamaro ha forma conica, terminante con una coda
appuntita che negli adulti è dotata di una sorta di prolungamento; il tutto è rivestito
da un tegumento pluristratificato di color marrone, più chiaro nella regione ventrale;
inoltre nella cute sono presenti i cromatofori, cellule pigmentarie cui si deve la
modificazione del colore del tegumento che può variare dal marrone chiaro al rosso
acceso.
Il
calamaro ha sempre occhi molto grossi
(i più grandi di tutto il
regno animale) raggiungendo un diametro di 40 cm. Privi di cornea, possiedono un'iride
scura ed un regolare cristallino che assicurano una visione perfetta.
Il calamaro gigante vive in alto mare e a grande profondità. È aggressivo e
predatore e di lui
si conoscono alcuni casi di attacchi a persone e ad imbarcazioni, oltre all'aggressione
della fregata americana USS Stein.
Secondo il National Geographic Magazine, l'esemplare più grande
fu trovato su una spiaggia della Nuova Zelanda nel 1880. Era lungo quasi 20 m, del quali
12 di tentacoli, ed era pesante circa una tonnellata. Le stime basate su rinvenimento di
carcasse e testimonianze dicono meno di 30 m, ma un episodio risalente alla Seconda Guerra
Mondiale indica dimensioni maggiori: di notte, a bordo di una nave da guerra britannica
all'ancora al largo delle isole Maldive, il marinaio A.G. Starkey, solo in coperta stava
pescando, quando ad un tratto notò qualcosa in acqua:
«un
cerchio di luce verdastra stava emergendo dallasuperficie dell' oceano, e
m'accorsi subito che si trattava di un occhiogigantesco, mentre sul mare
calmissimo risaltava una certa turbolenza intorno a quell'occhio misterioso. Gradualmente
realizzai che eraun calamaro gigante».
Starkei,
correndo per tutti i 58 m della lunghezza della nave, notò che la testa del calamaro era
all'altezza della poppa mentre la fine dei tentacoli era a prua.
Nel
1997, un'équipe di biologi della Smithsonian Institution di Washington guidati da Clyde
Roper, autorità mondiale sui calamari e da Steve O'Shea, dell'Istituto Nazionale per le
Ricerche sull'Acqua e l'Atmosfera di Wellington, condussero una spedizione al largo delle
coste dell'Australia e della Nuova Zelanda con la nave appoggio lángaroa, appositamente
studiata per questo tipo di ricerche, ed equipaggiata con un piccolo sommergibile, il
johnson Sca-Link. Dotato di robuste pinze manovrabili dall'interno e costruito in un'unica
sfera acrilica trasparente, il mezzo subacqueo assicura una perfetta visibilità a quattro
persone, grazie a potenti fari capaci di penetrare l'oscurità assoluta presente a 1.000 m
di profondità, il campo d'azione previsto.
Essi
pensavano di potere individuare i calamari
grazie
ai capodogli, gli unici in grado di scovarli con
immersioni a grandi profondità. Per fare questo avevano costruito una telecamera munita
di potenti fari, in grado di resistere alla pressione presente a 3.000 m di profondità,
da fissare sul dorso di questo cetaceo mediante un arpione costruito con materiale
biodegradabile che, dopo qualche tempo, si sarebbe staccato dall'animale, facendo tornare
in superficie la telecamera con le sue preziose immagini. Ma la spedizione,
costata 5 milioni di dollari, non diede alcun risultato.
Adattato da
Mostri del mare
Giancarlo Costa e Maurizio Mosca
Mursia