|
Una volta cera un pescatore che non riusciva mai a pescare abbastanza da comprare la polenta per la sua famigliola. Un giorno, tirando le reti, sentì un peso da non poterlo sollevare, tira e tira ed era un granchio cosi grosso che non bastavano due occhi per vederlo tutto. - Oh, che pesca ho fatto, stavolta! Potessi comprarmici la polenta per i miei bambini! Tornò a casa col granchio in spalla, e disse alla moglie di mettere la pentola al fuoco che sarebbe tornato con la polenta. E andò a portare il granchio al palazzo del Re. - Sacra Maestà, disse al Re, sono venuto a vedere se mi fa la grazia di comprarmi questo granchio. Mia moglie ha messo la pentola al fuoco ma non ho i soldi per comprare la polenta.
Rispose il Re:
In quel momento
entro la figlia del Re: Questa figlia del Re aveva la passione dei pesci e se ne stava delle ore seduta sullorlo della peschiera in giardino, a guardare i cefali e le orate che nuotavano. Il padre non vedeva che per i suoi occhi e la contentò. Il pescatore mise il granchio nella peschiera e ricevette una borsa di monete doro che bastava a dar polenta per un mese ai suoi figlioli.
La Principessa non si stancava mai di guardare quel granchio e non sallontanava mai dalla peschiera. Aveva imparato tutto di lui, delle abitudini che aveva, e sapeva anche che da mezzogiorno alle tre spariva e non si sapeva dove andasse. Un giorno la figlia del Re era li a contemplare il suo granchio, quando sentì suonare la campanella. Saffacciò al balcone e cera un povero vagabondo che chiedeva la carità. Gli buttò una borsa di monete doro, ma il vagabondo non fu lesto a prenderla al volo e gli cadde in un fosso. Il vagabondo scese nel fosso per cercarla, si cacciò sottacqua e si mise a nuotare. Il fosso comunicava con la peschiera del Re attraversò un canale sotterraneo che continuava fino a chissà dove
Seguitando
a nuotare sottacqua, il vagabondo si trovò in una bella vasca, in mezzo a una gran
sala sotterranea tappezzata di tendaggi, e con una tavola imbandita. Il vagabondo uscì
dalla vasca e si nascose dietro i tendaggi. Quando il giovane ebbe mangiato e bevuto, tornò nella scorza di granchio, la Fata lo toccò con la bacchetta e il granchio la riprese in groppa, simmerse nella vasca e scomparve con lei sottacqua. Allora il vagabondo uscì da dietro ai tendaggi, si tuffò anche lui nella vasca e nuotando sottacqua andò a sbucare nella peschiera del Re.
La figlia del Re che era li a guardare i suoi pesci, vide affiorare la testa del
vagabondo e disse: - Taccia, padroncina, le disse il vagabondo, ho da raccontarle una cosa meravigliosa. Uscì fuori e le raccontò tutto.
- Adesso capisco dove va il granchio da mezzogiorno alle tre!
disse la figlia del Re Bene, domani a mezzogiorno andremo
insieme a vedere.
Quando il giovane rientrò nella scorza di granchio ci trovò dentro
quella bella ragazza. - Ma io voglio liberarti dallincantesimo! gli disse, anche lei pianissimo, la figlia del Re. Insegnami cosa devo fare. - Non è possibile, disse il giovane. Per liberarmi ci vorrebbe una ragazza che mamasse e fosse pronta a morire per me.
La Principessa
disse: Intanto che si svolgeva questo dialogo dentro la scorza di granchio, la Fata si era seduta in groppa, e il giovane manovrando le zampe del granchio come al solito, la trasportava per le vie sotterranee verso il mare aperto, senza che essa sospettasse che insieme a lui era nascosta la figlia del Re.
Lasciata la Fata e
tornando a nuotare verso la peschiera, il Principe perché era un Principe
spiegava alla sua innamorata, stretti insieme dentro la scorza di granchio, cosa doveva
fare per liberarlo:
Intanto il granchio era tornato alla peschiera e lasciò uscire dalla scorza la figlia del Re. Il vagabondo era rinuotato via per conto suo e, non trovando più la Principessa, pensava dessersi messo in un bel guaio, ma la giovane ricomparve fuori dalla peschiera, e lo ringraziò e compensò lautamente. Poi andò dal padre e gli disse che voleva imparare la musica e il canto. Il Re, che la contentava in tutto, mandò a chiamare i più gran musici e cantanti a darle lezioni.
Appena ebbe
imparato, la figlia disse al Re: - Su uno scoglio in riva al mare? Sei matta? ma come al solito la accontentò, e la mandò con le sue otto damigelle vestite di bianco.
Per prevenire
qualsiasi pericolo, la fece seguire da lontano da un po di truppa armata.
La figlia del Re le disse: - Glielo darò se lei è capace dandarlo a prendere dove lo butto. - E io ci andrò, e si mise a suonare e cantare.
Quando ebbe finito, disse: Eccolo, disse la Fata e lo buttò in mare, più lontano che poteva. La Principessa lo vide galleggiare tra le onde, si tuffò e si mise a nuotare. - Padroncina, padroncina! Aiuto, aiuto! gridarono le otto damigelle ritte sugli scogli coi veli bianchi al vento. Ma la Principessa nuotava, nuotava, scompariva tra le onde e tornava a galla, e già dubitava di poter raggiungere il fiore quando unondata glielo portò proprio in mano.
In quel momento sentì una voce sotto di lei che diceva: - Si, si, ho capito lei gli rispose, soltanto, perché non aveva più fiato, mentre il granchio sottacqua la trasportava verso riva. Così, tornata a casa, la Principessa disse al Re che sera tanto divertita, e nientaltro. Lindomani alle tre, si sente un rullo di tamburi, uno squillo di trombe, uno scalpitio di cavalli: si presenta un maggiordomo a dire che il figlio del suo Re domanda udienza. Il Principe fece al Re regolare domanda della mano della Principessa e poi raccontò tutta la storia. Il Re ci restò un po male perché era alloscuro di tutto; chiamò la figlia e questa arrivò correndo e si buttò nelle braccia del Principe: Questo è il mio sposo, questo è il mio sposo! e il Re capì che non cera altro da fare che combinare le nozze al più presto.
Venezia |