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Le domande del Comando
In fondo alla banchina, una donna grida qualcosa contro il vento che fa sbattere pesanti corde sui fianchi lucidi delle navi. Dalla massa fumosa delle nuvole vengono a trame leggere dei fasci di luce gialla dolorosa a guardarsi. La donna tira fuori un fazzoletto dalla tasca e se lo passa sugli occhi. In alto, sulla nave di sinistra, quattro marinai stanno diritti contro il vento, contro la luce gialla del cielo. Dopo un po’ la nave si muove. Segue piano l’insenatura possente del porto antico della Kala, fischia due volte e vi sparisce dietro.
Il silenzio adesso avanza e immerge tutto dentro ad una preziosa cortina d’angoscia dove sottili lacci di seta rossa si agitano forte al vento come lucidi nodi scorsoi che catturano i nascosti pensieri.
E il silenzio avanza tra le cento navi all’ancora, striscia sul viso della donna mentre lenta si muove verso l’uscita deserta.
Gli stretti balconi della Kala hanno ancora le persiane serrate. Dall’interno arrivano voci e cantilene strambe.
La donna entra alla Catena già piena di mendicanti stupiti in tutto quel livore del cielo. Dentro alla chiesa una snervante oscurità sale dal pavimento che s’indovina candido e freddissimo. Dai finestroni immensi filtrano bambagie caleidoscopiche di polvere fine. Il sacerdote vestito d’un drappo giallo inizia ad officiare e intorno a sé ha due efebi bianchi e languidi dentro a slabbrate cappe d’argento. Le spalle curve dei mendicanti si bagnano, a tratti, della malvagia luce che sfugge di tra le ali degli angeli predatori.
Il rullino, più lucido e nero d’un serpente, svolge lentamente il Sacrificio come danza rituale mentre il sensuale incenso che sa di sandalo e mentuccia condensa un umore pesante ai piedi della croce. Un’ostia di perla si alza sulle dita. Sfiora l’umore della croce, svetta più in alto della corona di spine del Cristo, più in alto delle gocce di sangue sulla fronte di fringuello, sparisce per un attimo dentro al cerchio del sole, vola fuori da un altissimo finestrone e infine scoppia dentro alla sfera maligna d’iridescente polvere fine.
Gli angeli predatori sbattono le ali, spargendo su ogni cosa del mondo le ceneri dell’ultima vacca rossa.
La purificazione si compie nel silenzio che avanza da ogni parte dell’universo per culminare qui, a Balarm, dove nell’angolo più buio Sotér freneticamente calcola a che distanza è il cielo dal suo palazzo d’oro. E qui, nell’angolo più buio, il leone vive col coniglio e la follia rassomiglia forte alla saggezza. In serrate tensioni d’equilibrio si tendono i vecchi santi e in supremi spasimi e in verginali stupori occultano ai dissacranti sguardi del beffardo occidente, l’aurea aetas della nostra pigra esistenza. Ecco gli aliti che vivificano i nostri eterni enigmi…. ci condurranno presto alla conquista del silenzio…..
Sotér urla le febbricitanti domande del Comando, in quest’angolo buio della catena, centro del labirinto che separa questa città dal cielo.
“In quale modo può stare la terra sopra l’inferno e come può stare questo sotto la terra?”
Scopriamo la barca dell’Acquario, portatore di germi di vita, anche se questa vita sarà l’ultima cosa che potremo vivere tra dodici stelle contrarie. Accompagniamo le nostre anime alla dimora del Capricorno. Ci farà compagnia Sirio pietosa, posta a guardia degli archivi akasici. Non dobbiamo avere paura.
“Quanti sono i cieli? Quali i loro motori? In quale cielo sta Dio, in sostanza? E in quale modo angeli e santi gli fan da corona?”
Attraversiamo il portale del Cancro. Ecco le api scorrrere dal cuore del Toro. Eccole cercare l’ultima casa.
“Allo stesso modo, quanti inferni ci sono? E quali gli spiriti che vi hanno dimora? E come son detti di nome?”
Sono il lessico della ragione. La coppa della Vergine contiene il Figlio. Tre sono i serpenti e tre sono i pensieri creatori che mi si attorcigliano addosso. Senti il mio corpo nudo sferzato dall’eterea energia? Non voglio risvegliarmi troppo presto.
“E quale la differenza tra le anime che vi approdano e gli spiriti precipitati dal cielo?”
Ecco per te, paffuto cherubino, Sol invictus, i cinquanta buoi d’Ermete. Riscalderanno dall’alba al tramonto la tua culla occulta, il centro del cuore, la prigione di Perseo, la caverna di Mitra. La stalla del Cristo.
“E conosce l’anima l’altra anima in quella vita? E può un’anima tornare in questa, per parlare o per mostrarsi a qualcuno?”
Fine e inizio. Il cammino delle stelle si concluderà nello Scorpione. I tre serpenti sono arrivati al mio cuore. Suono e colore si confondono.
“E come si è che all’anima di un uomo vivente, quando trapassi nell’altra vita, non sia dato né dal primo amore né dall’odio motivo di ritorno, come se nulla fosse accaduto?”
Ancora una volta Michele porge a Sotèr le sue tele di verità e da quest’angolo buio della città morente dirigono insieme le lame del silenzio. Queste lame percorreranno l’itinerario dell’addio che assomiglia a uno sprezzante Comando disegnato oro e carminio…. e non ci sarà una possibile fine che non sia quella dell’impietoso dominio dell’occidente beffardo.
Abu Mashar guiderà il tuo percorso dal centro del labirinto agli astri e la città colmerà il fossato che la separa dal cielo. Sotér, figlio unigenito, paffuto cherubino, vivrai.
Questa è l’ultima formula dell’Elevazione. I due languidi efebi sciolgono sulla lingua i resti della macabra cena.
“O tu, felice imperatore, veramente io credo che, se mai uomo di questo mondo scampi alla morte, per la sua sapienza, tu sarai quell’uomo…”
Piange Puer Apuliae e nei suoi occhi bruciano cieli di smeraldo. La chiesa diventa ad un tratto come la cassa armonica d’un organo dimenticato, dove il tocco dell’aria stessa muove ed innalza echi sordi e inquietanti. La donna resta immobile in quel silenzio mosso appena dal lievitare dei drappi barocchi d’alabastro, dal pigro volo degli angeli predatori, dal cadenzato sbattere d’ali dei rettili che solcano i cieli di cartapesta di Balarm. E tutto è chiuso dentro alla cornice di pietra azzurra d’un mare nostro segreto.
Lia Schiavo
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