Dall’immenso
liquido azzurro non si traggono solo
redditizi documentari, l’uomo, da grande estroso qual è, ha esercitato
sempre una certa trazione dal mare, ne
ha tratto di tutto.
Prima
ha inventato il proverbio:
- U mari è riccu!,
poi ha cominciato a tirarne fuori i tesori veri e propri affondati nelle
varie epoche, e ne ha inventati di altri, scoprendo la bellezza delle perle
o dei coralli, ha creato i cammei, autentici capolavori ricavati incidendo
artisticamente alcune conchiglie. Dal bellissimo opercolo (tappu),
chiamato dal popolino Occhi ‘i Santa Lucia,
di una conchiglia non molto bella, (l’Astrea
rugosa), ancora oggi si fanno monili portafortuna molto amati
dalle donne.Già i fenici conoscevano la porpora, tratta da una piccolissima
ghiandola del murice (buccùni); persino
il bisso che lega la Pinna
nobilis (“carapìnula”) al
fondale, veniva filato e tessuto.
Nei mari tropicali alcune tribù di indigeni usavano come moneta addirittura
una piccola ciprea.
Qualcuno poi
scoprì uno strano animale, che non sembrava nemmeno tale, la
spugna marina, molto elastica e che
aveva la proprietà di ritenere molto liquido o di ributtarlo; si pensò bene
di usarla per lavarsi, ma mancava il sapone.Allora
l’uomo pensò di costruirlo distruggendo i più grossi mammiferi rimasti: le
balene; da esse si traevano, oltre al
grasso per fare sapone e cosmetici, anche grossi quantitativi di oli
alimentari, oli per illuminazione e carne per cani e gatti.
Né sorte migliore toccò al capodoglio (ugganànti
o vadda Canàli) il cui enorme capo era
una miniera di spermaceti dai quali si otteneva olio, grasso, candele,
cosmetici e pomate e da una concrezione del suo stomaco persino l’ambra
grigia usata in profumeria.
Ad un certo punto qualcuno inventò il proverbio: -Pesce cotto e carne cruda! e l’uomo, che fino ad allora aveva mangiato solo carne
cruda, imparò ad assaggiare i frutti del mare e, siccome un altro proverbio
diceva: - L’appetito vien mangiando,
fu preso da una seria frenesia alimentare e cominciò a sganasciare di tutto:
dai molluschi ai crostacei, dai cefalopodi a tutti i tipi di pesce.
L’uomo si mise
presto all’opera per costruire armi e trappole, mortali per i pesci e vitali
per lui; si pensi che le nasse o gli
arpioni risalgono alla preistoria, che la
tonnara fu inventata dagli stessi fenici
di prima, 5000 anni fa, e che nelle sue camere della morte si sono svolte,
nei secoli, infinite sanguinarie mattanze che hanno sfamato intere
popolazioni.
Il tonno, come tanti altri pesci, fu trattato alla stessa stregua del porco:
non se ne buttava niente!Difatti, oltre alla
carne vera e propria si mangia la
ventresca, costituita dai muscoli
addominali che sono più teneri e di sapore più delicato; ricercatissimi sono
anche il lattùmi, che sarebbe
l’uovo del maschio, e l’uovo vero, quello
della femmina, che hanno un sapore prelibato.
Dalle uova di cefalo compresse e salate
si ottiene, in Sardegna, addirittura un salume di pesce, la
bottarga; da quelle di
storione, salate in piccole botti, si
ottiene il preziosissimo caviale.
Ma quando le
quantità di pesce pescato erano eccessive, si presentava l’esigenza di
conservare il soverchio, e, dato che l’industria del freddo non era nata,
anzi in Sicilia c’era solo l’industria del caldo, si pensò di conciare il
pesce per le feste, così fu conservato sotto sale, sotto olio, affumicato,
oppure fu fatto secco.
Ma non finisce qui, perché la fantasia del grande estroso è inesauribile;
dopo aver fatto la pelle ai pesci, è stato capace di sfruttare la stessa
pelle di alcuni di loro, come lo squadro,
facendone carta vetrata, strisce per
sparare fiammiferi o
impugnature per sciabole.
A proposito di fantasia, sapete chi ha inventato il profilattico?
È stato un certo Minosse, re di Creta,
che lo ha fatto usando un budello di pesce,
ed è per questo che gli abitanti di quell’isola spesso vengono chiamati
cretini ed il pesce in genere è stato ritenuto un simbolo fallico.
Dal merluzzo, anzi dal suo fegato, si
ottiene un olio che ha proprietà
ricostituenti e che veniva usato in grandi quantità dai pescatori nordici
che si ricostituivano e pescavano altro merluzzo; alla fine ne presero tanto
che non sapevano dove metterlo.
Fecero quindi, quasi involontariamente, una grande scoperta.
Pensarono che il merluzzo si seccasse quando veniva catturato, ed allora lo
fecero seccare veramente inventando così il
pescestocco.
Per Messina questa invenzione
diede luogo ad un mito, perché questo
pesce, mummificato per molto tempo, fu fatto risorgere dal letargo e
rivivere in molti piatti che ancora oggi allietano i sensi.