www.colapisci.itL'uomo che diventa pesce per necessità o per sceltaWalter Ignazio Preitano


La pesca del tonno

nello Stretto di Messina

dedicata all'amìco Rinaldo (‘Aldo) Arena pescatore maestro

 

Questa poesia vuole essere un omaggio agli appassionati di questo particolarissimo tipo di pesca, dai cui racconti ho tratto ispirazione.

Un giorno, in vacanza, un uomo avvezzo alla pesca d'altura, che egli praticava con ogni moderno accorgimento tecnico e con dovizia di mezzi, si rifiutò di credere che a Messina il tonno si pescasse ancora a mani nude e, spesso, uno contro uno.
Ma io ho visto gli uomini prepararsi e partire, e li ho visti ritornare con il gigante abbattuto.

 

 

E’ pesca per l’uomo solitario

che vuole ragionare col Signore

in mezzo al mare nero e senza ombre:

una barchetta e un tocco di motore.

 

La corda arrotolata nelle ceste

l’arpione a cui n’ha tolto  la sottana,

la lama pronta per tranciar la cima

se vede che la sorte s’allontana.

 

Un’occhiata tutt’intorno a controllare

se nell’armar ci fu una leggerezza,

e fuori l’orlo, dentro al buio mare,

la lenza colma d’esca

 

Un fagottino senza esagerare

p’aver conforto lungo la nottata,

un sorso d’acqua e voglia di pregare

mentre la barca scorre comandata.

 

Prega per si scontrar con il gigante,

per misurar la forza e la scaltrezza,

prega p’avere Dio dalla sua parte,

per riportare a terra una prodezza:

 

-Signore che sei grande e onnipotente,

fai che il tonno creda alla menzogna,

dammelo battagliero e tracotante,

ché perdere così non é vergogna-.

 

Poi nel silenzio la barca si trascina;

in quel silenzio va la fantasia;

il suo pensiero corre alla marina

e a quel destin padron della sua via.

 

Si fa domande sopra alla Natura,

sopra a quel Dio e a tutta la sua Corte,

si prende la questione con i vivi

e con color che gli rapí la morte.

 

E mentre dalla vita si distacca

la mano scaltra non si fa ingannare,

e quando all’improvviso il pesce abbocca

é pronto a fare ben ció che sa fare.

 

-Tira Rinaldo, senza respirare,

a costo di rimetterci la  vita;

il pesce con la fame ha da restare,

ché qua si gioca tutta la partita-.

 

Ma è un contrasto che non può durare,

ché l’uomo oppon se stesso alla natura:

-Calma Rinaldo, attento a non mollare,

pur se di sangue il tuo sudore s’oscura.

 

Se il Padreterno lo vuol gratificare,

con gran mestier quell’amo ha lavorato:

-Molla Rinaldo, ora puoi lasciare,

e spera Dio che il ferro s’è allocato-.

 

Il pesce fugge, la corda si consuma

fischiando come il vento di maestrale;

e guai a chi si trova in quella trama,

ché quel fuggire  gli saria fatale.

 

Cinquanta, cento passi e forse più,

la bestia punta dritta contro il fondo,

cerca riparo e piange andando giù,

lo guarda il mar che si ritrae piangendo.

 

Ma non è tempo ancor d’issar bandiere:

-Spegni il motore, i remi negli scalmi,

controlla tutti i ferri del mestiere;

togli il timone, non indugiar coi salmi..-.

 

Rinaldo si ripassa il copione

a mo’ d’un teatrante coscienzioso;

ha gran rispetto per quel bestione:

non v’è una mossa che va fatta a caso.

 

-Recupera Rinaldo, non tardare,

la corda ora scorre lentamente;

tienilo in tiro senza esagerare:

ricordati che il tonno è più potente-.

 

Ora diventa un gioco di pazienza:

il pesce fugge cercando la salvezza,

Rinaldo lo contrasta con la lenza

per ammansirlo e gli stroncar la forza.

 

Ma se del “Monaco” il tonno n’ha la stola,

un tonno troppo furbo e strapotente,

lo porta sulla rocca “San Nicola”

laddove v’è la pietra più tagliente:

 

-Attento Aldo, non gli dare cima,

che p’una volta già ti fece fesso

attaccalo alla ruota, Aldo, e rema,

remagli contro ad evitar quel fosso-.

 

La luce della Scilla s’avvicina,

e per tre volte il tonno fe’ la spola;

si sente la fatica nella schiena,

la lenza taglia che non v’è parola.

 

La lotta può durar per ore sane:

l’umana mente contro la potenza;

ricorda tempi d’ere assai lontane,

tempi che non parlavano di scienza.

 

Affiora dagli abissi lentamente

con giri larghi attorno alla barcuzza;

ancora non è vinto quel gigante

ma sente che la morte l’accarezza.

 

-Ora Rinaldo, non gli dare tempo,

se prende fiato torna tracotante;

prendi l’arpione, non gli dare scampo:

ch’un vincitor c’è sempre ed un perdente!-.

 

L’arpione con l’ali ripiegate

strappa le carni dello sventurato

che si domanda, gli occhi spalancati,

a quale bene fu sacrificato.

 

-Ora puoi dare sfogo alla tua pena;

fu un nemico degno e sfortunato.

Tendi l’orecchio, ascolta la novena:

è l’inno che fa il mare al suo soldato-.

 

Per tutti i pescatori è storia vera:

c’è un vecchio tonno che non fu mai pescato;

è il “padre dei tonni”, e si dispera

ch’un altro figlio ci ha rimesso il fiato!

 

 

 

Walter Preitano
da Bannia si voi vinniri

   

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