Tocco in estate stoffa
di mari asciutti,
delle tue piaghe e di vino;
un unico vestito come
lascito.
Rientro nel cibo e nelle grotte
dei tuoi gesti annebbiati dal fumo;
litanie per non perdere il centro.
Punto all’orizzonte che nasconde il confine,
raccolgo il suono rattrappito della voce ultima;
ultime parole rubate agli spasmi
della tua notte.
Schivo i colpi di quei giorni bastardi,
cumuli disumani bastonati
dal silenzio di lamenti e lacrime nascoste;
le ho viste, io, quelle
lacrime.
So che il Tempo sta sbiadendo le foto e
le metto in ordine nel mio
disordine;
le sistemo sempre per non scombinare il ricordo.
E alla fine, nella fine,
Madre a me assegnata,
ascolto sempre i tuoi
capelli neri mentre ti muovi nei miei sogni