È difficile descrivere a pieno la complessità e la ricchezza di Nino, ma
cercherò di farlo con il rispetto, l’affetto e la meraviglia che merita.
Nino era un uomo molto buono e poliedrico,
che sapeva abbracciare la vita
con amore, fervore e entusiasmo. Era un
artista, un attore, un imitatore, uno scultore, un cantore,
un giullare, un fotografo
per eredità, un fautore di attività associative (a Galati, viene
ancora ricordata la sua capacità di aggregazione in ambito giovanile,
dall’associazione cattolica, alle attività sportive, sociali e
religiose). Era anche un lavoratore instancabile, un poeta dell’anima, un
innamorato della vita.
La sua irrequieta creatività non conosceva limiti, e la sua capacità di
esprimere emozioni attraverso le sue opere è stata
qualcosa che è rimasta nei nostri cuori per sempre.
La sua gentilezza, la sua generosità e il suo spirito altruista toccavano
la vita di chiunque abbia avuto il privilegio di conoscerlo. Sempre pronto a
tendere una mano amica, il suo impegno nel rendere il mondo un posto
migliore è stato evidente in ogni sua azione.
Come padre, incanalava il suo amore e la sua saggezza per guidare figli e
nipoti lungo il cammino della vita. La sua dedizione alla famiglia è
stata un faro di luce, che ha illuminato il sentiero della vita
di tutti, e un aiuto per affrontare le
sfide e le gioie del quotidiano.
Come marito, è stato un esempio di amore e un supporto incondizionato,
riusciva a costruire con tenacia un legame che ha resistito al passare del tempo.
È stato anche estroverso, sapeva farsi perdonare regalando sorrisi e risate con
il suo spirito giocoso. La sua allegria contagiava chiunque abbia
avuto la fortuna di trovarsi al suo fianco durante momenti speciali di leggerezza
e spensieratezza.
Le sue opere d'arte sono testimonianza tangibile del suo talento, ma il
suo vero dono risiedeva nella capacità di sapere incontrare la vita degli
altri e di riuscire a riempire d’amore i loro cuori.
I fratelli non dovrebbero mai stare lontani fisicamente, perché è una
privazione di vita familiare, di intimità che solo il legame di sangue
sa costruire.
Io e i miei fratelli non abbiamo avuto appieno questa opportunità. Ci
siamo sparsi per tutta l’Italia, a Ferrara, Belluno, Milano, Pordenone,
Messina, Torino, …quanto tempo non abbiamo potuto condividere...
Resta la consolazione che tutte le volte che ci siamo incontrati
è stata una festa, è stato sempre come che se ci fossimo visti il giorno
prima…
Io sono stato il fratello più piccolo e per giunta con differenza di età
quasi generazionale con tutti, la qualcosa mi ha fatto sentire, per
certi aspetti, coccolato oltremodo nella mia infanzia, ma poi la
diaspora familiare non mi ha fatto godere a tempo pieno la
fratellanza, almeno come avrei voluto.
L’Italia è lunga, ma anche inaspettatamente larga e questo ha ridotto
per forza di cose una più forte presenza, senza però aver limitato il
forte affetto che tutti quanti ci univa.
Ora voglio ricordarvi tre momenti particolari di incontro con Nino.
Comincio col più recente, si fa per dire..
Nel 73 avevo 28 anni, ero già sposato e con due figli, e mi ritrovavo ad Intra a fare il servizio militare di leva. Giunto in caserma, fui subito
prelevato, in quanto il primo che era in grado di leggere e scrivere, e
messo in fureria ad accettare i commilitoni che man mano arrivavano.
Però, passando i giorni cominciarono ad arrivare i “raccomandati”, i
quali venivano messi in fureria e il lavoro che svolgevo da solo venne
ripartito su una decina di commilitoni. Ho
imparato, così, a far finta di lavorare perché c’era poco da fare.
Ma ad un certo punto non ce l’ho fatta più e decisi di tornare
in truppa e a prepararmi al giuramento, da cui ero stato in precedenza
esonerato.
In una telefonata fatta a Nino, parlando del più e del meno, gli
raccontai anche della mia decisione di fare il giuramento, per vincere la
mia insoddisfazione.
Poi, Ci salutammo e non ci sentimmo più.
Il giorno del giuramento (giorno di San Giuseppe) in caserma
cominciarono ad arrivare a fiumi i parenti dei commilitoni e mi chiedevo
perché di tanta presenza. (Mi sono reso conto, molto tempo dopo, che si
trattava di ragazzini di 20-21 alla prima esperienza forte e che la
presenza dei familiari era importante, quasi necessaria).
Finito il giuramento, i miei compagni andarono in libera uscita
con i parenti, mentre io mi ritiravo in camerata per prepararmi al
pranzo loculliano, che si fa in queste occasioni, l’Ufficiale di
picchetto venne a dirmi che avevo una Visita parenti...
Mi avviai verso la guardiola, pensando che si trattasse dei
cugini di Arona, ma mi ritrovai Nino di fronte…
Fra sorpresa e commozione lo abbracciai e lo invitai a pranzare con me
in mensa…
Nino rifiutando la mensa (forse ne conosceva la qualità) mi invitò a
fare due passi fuori e a mangiare in qualche trattoria.
Mangiammo un risotto e un cotoletta alla milanese e qualche
goccetto di vino, diciamo un paio di bicchieri, ma su questo non sono
sicuro.
Quello che ricordo bene è che dopo esserci seduti su una panchina nei
giardinetti, ci siamo messi a parlare di figli e parenti...
Ma la discussione non durò a lungo, perché piano piano a Nino gli venne
un forte abbiocco postprandiale e si addormentò. Io
non lo svegliai, rimasi vicino a lui in silenzio per una buona mezz’ora,
in compagnia di una bellissima giornata di sole, del canto di qualche
uccellino, ma soprattutto di un affetto fraterno e forse un po’
paterno, di cui prendevo lentamente coscienza.
Poi, ci salutammo con un forte abbraccio e forse con gli occhi un po’
umidi.
Il secondo ricordo risale al Natale del 1953.
Nino aveva una forte passione innata per realizzare, in casa e in chiesa,
il presepe.
Il presepe per lui era una entità vivente, doveva esserci ad ogni costo
movimento, vita, personaggi, come se fossero esseri veri.
Il pecoraro e le pecorelle, le casette con le lucine, l’acquaiolo, il
fabbro, la cascatella d’acqua, il cielo stellato, l’asinello, il bue, la
madonna e san Giuseppe, il bambinello e i re magi, ma rigorosamente dopo
il 6 gennaio.
Il presepe per Nino era poesia, commozione che ha perpetuato per tutta
la vita.
Il presepe di Nino, oltre alla Natività, rappresentava soprattutto
l’unità familiare, per questo motivo ci teneva tantissimo.
Ma insieme alla magia del presepe, in quell’anno, ricordo un
albero di Natale incredibile, che venne messo nella chiesa di Galati.
Non era fatto di abete, come si usava allora. Era una costruzione in
legno, con luci colorate che si accendevano al
passaggio, in una canaletta nascosta dotata di
contatti elettrici che si chiudevano progressivamente
per un breve tratto, di una moneta di 10 lire
inserita in una feritoia e lasciata avanzare per
gravità.
Per me quelle luci multicolori che si accendevano
e spegnevano era magia pura e mi rendeva fiero di avere un
fratello così ingegnoso.
Il terzo ricordo risale al 1951, Nino era stato chiamato al servizio di
leva (le cose a volte si incrociano), io frequentavo la seconda
elementare, nella scuola delle Suore Cappuccine del Sacro cuore di
Galati. Si trovava all’inizio del Paese e noi abitavamo,
invece, alla fine ad una distanza di circa 1 km. A quell’età andavo e tornavo da
scuola a piedi e da solo. Raramente accompagnato.
Una mattina Suor Vittoria venne in classe e mi disse di prendere le mie
cose e di andare all’ingresso. Pensando che forse era successo qualcosa
di particolare, mi avviai di corsa verso la saletta d’attesa.…
Sorpresa, c’era Nino che venne a prendermi…
Ci avviammo verso Casa. Per strada mi disse di allungare una mano aperta
verso di lui.
Dalla tasca tirò fuori una spilla del distintivo dell’appartenenza
all’aeronautica militare e me la mise nel cavo della mano.
Nel guardare quell’aquila dorata mi sentii orgoglioso di ricevere quell’oggetto,
che tenni con me per moltissimo tempo.
Nino si chinò verso di me e mi diede un bacio. Poi prese la mia
cartellina e con l’altra mano afferrò la mia mano e ci incamminammo…
Non ci parlammo fino a casa, ma in quella mano che mi stringeva e che
non ha mai abbandonato la mia, sentivo la realizzazione di una
fratellanza profonda che non si è mai più sopita.
In quell’occasione sentii un amore fraterno così forte, che la lontananza
fisica venuta in seguito non ha sminuito, mi è bastato per tutta la vita
e ha riempito per sempre il mio cuore...
Ecco, Nino, tenetelo forte nel cuore…
Vi sarà sempre vicino nei momenti difficili e non meravigliatevi se vi
scoprite a parlare con lui.
Nino sa ascoltarvi e darvi risposte in silenzio...