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Versione catanese Cola Pesce Di Cola Pesce narrano gli antichi che era un catanese il quale, da fanciullo, tanto si compiaceva di guizzare nel mare e frugare nelle alghe sottacqua, in cerca di pesci e conchiglie, come i suoi compagni cercavano nidi sugli alberi, che la madre se ne angustiava sommamente e un giorno, esasperata, gli augurò imprecando che mai fuori dellacqua potesse più vivere. Non passò molto, infatti, che egli, trasferitosi a Messina, non potendo più senza pena dimorare a lungo in terra ferma, si mettesse a fare il palombaro e più che lungo il mirabile litorale di questa città, si dice godeva di vere e proprie passeggiate in fondo al mare, asserendo di essere costretto da istintivo e imperioso bisogno a tuffarsi almeno una volta al giorno e correre a nuoto fra le onde, anche durante linfuriare delle procelle, per miglia e miglia come fosse un delfino. Da qui il soprannome di Pesce, aggiunto al suo nome di battesimo, e talora premesso così da formare l’appellativo più curioso di Pescecola. Ai marinai in navigazione capitava, quindi, frequentemente dincontrarlo in pieno mare aperto e, quando ciò accadeva, di tirarlo a bordo e ristorarlo; ascoltare le storie meravigliose delle singolari esperienze sottomarine era per loro una, festa. Poi gli davano mille commissioni e lo vedevano rituffarsi con lieta impazienza diretto ora verso Gaeta ora verso le coste lucane o siciliane secondo il recapito dei messaggi a Lui affidati. La fama di questuomo più simile a un anfibio che a umana creatura giunse alle orecchie dellimperatore Federico, iI quale incuriositosene se lo fece venire dinanzi e gli propose di andare ad esplorare le profondità dellantro di Cariddi contro il premio di una coppa di oro massiccio che, però, Cola avrebbe dovuto raccogliere dal fondo del mare dove lImperatore lavrebbe gettata. Cola accettò e, gettata che fu la coppa, si lanciò nei gorghi lasciando il sovrano e il seguito in ansiosa aspettazione. Dopo circa tre quarti dora riemerse trionfante, con la coppa in mano, e fu ricevuto a corte per essere ammesso alla presenza di Federico. Questi, però, aveva disposto che egli fosse prima rifocillato e fatto riposare, si che a Cola non parve vero di trovarsi, quando fu introdotto, dinanzi a splendida mensa a cui fece il massimo onore.
Rifattosi, in seguito, anche con un provvidenziale sonnellino, venne alla
presenza del sovrano e così gli parlò: E spiegò che aveva visto quattro cose le quali rendevano quel luogo impenetrabile, non che ai palombari come lui, agli stessi pesci.
La corte ascoltava piena dansia, mentre Cola, attentamente seguito
dal Sovrano, si accingeva ad enumerare le cose tremende che aveva vedute: le impetuose
scaturigini di un fiume bollente venir fuori dalle voragini del mare obbligandolo a
deviare ben al largo per raggiungere la meta profonda; una selva minacciosa di scogli
aguzzi che a stento egli attraversò incolume; un ribollimento pauroso di acque
sotterranee e vorticose tanto rabbiosamente agitate da far morire di terrore.
Come, dunque, aveva potuto chiese a Cola il Sovrano ritrovare tanto presto la coppa?
E Cola spiegò che il costante fluire e rifluire delle onde, impedendogli
di raggiungere il fondo, laveva ridotto nel cavo duno scoglio presso cui egli
stesso era stato sospinto e donde pertanto aveva potuto estrarla.
Federico che avrebbe voluto aver visto egli stesso quanto gli occhi di
Cola avevano osservato, ancora voleva che questi parlasse dellabisso impenetrabile,
e con nuove domande lo sollecitava:
E Cola rispondeva:
A questo punto lImperatore comprese che il povero palombaro non
osava più sentirsi di casa nel mare e volle aiutarlo a ritrovar la fiducia perduta
incitandolo ad un nuovo ardimento.
L'Imperatore getta la coppa e borsa legate insieme e Cola di nuovo
s'inabissa.
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