Leggenda
popolare trascritta da Benedetto Croce, simile a quella
riportata in Storie e leggende Napoletane e da quella riportata da Pitré (XVIII)
Niccolò Pesce
Homme poisson - Allan Carrasco
Niccolò Pesce
Pesce era un fanciullo che amava starsene sempre in mare, facendo gridare sua madre, la
quale, un giorno, nel calore dello sdegno gli gettò la maledizione, che potesse
diventar pesce, e da pesce o quasi pesce egli visse da allora, capace di
trattenersi ore e giorni immerso nelle acque, come nel suo proprio elemento, senza bisogno
di risalire a galla per respirare.
E a percorrere in mare lunghe distanze rapidamente Niccolò Pesce usava
lastuzia di lasciarsi ingoiare da taluno degli enormi pesci che gli erano familiari
e viaggiare nel loro corpo finché, giunto dove bramava, con un coltellaccio che aveva sempre seco,
tagliava il ventre del pesce e usciva libero nelle acque, a compiere le sue indagini.
Una volta il re fu preso da desiderio di sapere come fosse fatto il fondo
del mare; e Niccolò Pesce, dopo lunga dimora, tornò a dirgli che era tutto formato di
giardini di corallo, che larena era cosparsa di pietre preziose, che qua e là
sincontravano mucchi di tesori, di armi, di scheletri umani, di navi sommerse.
Unaltra volta
discese nelle misteriose grotte di Castel dellOvo, e ne riportò manate di gemme.
Ancora il re gli commise dindagare come lisola di Sicilia si regga sul mare, e
Niccolò Pesce gli riferì che poggiava sopra tre enormi colonne, luna delle quali
era spezzata. Ma, finalmente, un giorno venne al re voglia di conoscere a che punto
veramente colui potesse giungere della profondità del mare, e gli ordinò di andare a
ripigliare una palla di cannone, che sarebbe stata scagliata nel faro di Messina. Niccolò Pesce protestò che avrebbe obbedito, se il re insistesse, ma che
sentiva che non sarebbe mai più tornato a terra. Il re insistette.
Niccolò saltò subito nelle onde; corse corse senza posa dietro la palla che saffondava veloce; la
raggiunse in quella furia dinseguimento e la raccolse nelle sue mani. Ma ecco che,
alzando il capo, vide sopra se le acque tese e ferme. Lo coprivano come un marmo sepolcrale. Saccorse di trovarsi in uno
spazio senzacqua, vuoto, silenzioso. Impossibile riafferrare le onde, impossibile
riattaccare il nuoto.
Colà restò chiuso, colà terminò la sua vita.
Leggenda riassunta
da Benedetto Croce
Storie e leggende
Napoletane
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