Historia Longabardorum
Libro I -Capo VI
Dell ombilico del mare
Non molto lontano dal litorale, di cui abbiamo
parlato, contro la parte occidentale, dove il mare Oceano stendesi
all'infinito, trovasi quella profondissima voragine di acque, che con
usitato vocabolo chiamiamo ombilico del mare, di cui si parla
che due volte al giorno inghiotta e vomiti i flutti, siccome se n'ha la
prova in tutti quei lidi ove massimo è il flusso e riflusso dell'onde.
Una simile voragine, ossia vertigine, dal Poeta Virgilio è chiamata Cariddi,
e da lui si asserisce ne' suoi versi esser dessa nello stretto della
Sicilia.
Il vortice, di cui parlammo, spesso attrae le navi nella sua rapina con
tanta velocità che imitano il cader delle saette per l'aere,
talchè in quell'orrendo baratro fatalmente periscono.
Ma non di rado nell'atto di sominergersi, rimbalzate con repentino slancio
dalla mole delle onde, son respinte da lungi con la stessa rapidità, colla
quale da principio furono attratte.
Dicesi pure, esservi un'altra voragine a questa simigliante, fra l'Isola di
Bretagna e la Provincia Gallica; al che aggiungon fede i lidi dei Borgognoni
e degli Aquitani, i quali due volte al giorno di subitanee inondazioni si
coprono in guisa, che se taluno trovisi più che non
convenga prossimo alla riva difficilmente si salya. Onde si vedono i fiumi
di quelle regioni con velocissimo corso rifluire verso le proprie sorgenti,
e perciò le loro dolci acque cangiarsi in amare.
L'isola Evodia è distante circa trenta miglia dal lido dei Borgognoni; e in
questa per testimonianza degli abitatori odesi il mormorio delle acque che
scorrono verso la detta Cariddi.
Ed io ho udito un certo nobilissimo Gallo raccontare, che alquante
navi, già dalla tempesta malconcie, un momento dopo furono da quella Cariddi
inghiottite.
Un solo di coloro che erano in quelle navi (morti tutti gli altri compagni)
mentre ancor vivo galleggiava sulle onde dall'impeto della loro correntia fu
trasportato fino all'orlo di quell' orribile abisso; sicchè mirando
spalancato quel profondissimo immenso caos, nell'atto che quasi morto dalla
paura s'aspettava di precipitare là dentro, in un subito, fuori d'ogni
speranza trovossi seduto sopra uno scoglio; poichè trascorse tutte le acque
che doveano essere assorbite, rimasero scoperti i
margini di quel baratro.
E mentre quivi stavasi ansioso fra tante angustie, appena pel terror
palpitante, e aspettando ancora la morte prolungata per pochi istanti, ecco
repente dal profondo rimbalzare quasi smisurate montagne di acque, e le navi
che erano state ingojate nuovamente apparire; laonde passandogli presso una
di quelle, con quanto maggiore sforzo ei potè ad essa
appiccossi, e in un attimo, quasi volando, trasferito in vicinanza del lido
scampò dalla morte; e fu egli medesimo poco dopo il narratore del proprio pericolo.
Anche il nostro mare, cioè l'Adriatico, il quale benchè in minor copia,
"pure si spande egualmente sulle spiaggie delle Venezie e dell'Istria, è da
credersi che abbia somiglianti piccoli e riposti meati, dai quali le acque
nel ritirarsi sono assorbite, e poi nuovamente rigettate a inondare la
spiaggia".
Ora, tali cose accennate, torniamo al cominciato ordine della narrazione.
Paolo di Vernefrido,
noto come Paolo Diacono
786-787
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