Il Nuotatore

"Chi di voi oserà, cavalieri e valletti, di lanciarsi in questo gorgo? Io vi getto una coppa
d'oro".
Già la nera bocca l'ha ingoiata.
"Se qualcuno mi può riportare la coppa, se la tenga: essa è sua".
Così dice il re, e di sull'erta rocca lancia negli urli di Cariddi la coppa. Tre volte:
"Nessuno s'arrischia a scendere?" egli chiede; ed alla terza un ardito e dolce giovinetto
esce di tra gli scudieri, si slancia e scompare sotto il mare, che lo inghiotte.
Dopo lungo aspettare con ansia terribile degli astanti, l'audace nuotatore riviene a galla e inginocchiandosi dinanzi al re gli presenta la coppa.
Il re vi fa versare del vino dalla figliola piena di gioia, ed il nuotatore beve alla salute del re raccontando gli orrori dell'impresa e gli inauditi pericoli corsi.
Dal cavo d'una rocca che incontra, vien su impetuosa una sorgente: l'incontro di due correnti lo rivoltolano come trottola.
Egli, vertiginoso, non può restare; si raccomanda a Dio, e Dio gli mostra un punto dalla rocca elevandosi dal fondo, al quale egli si aggrappa. Là era sospesa, tra acute branche di coralli, la coppa, non colata giù sino allo abisso senza fondo.
Tutto era tenebre ed oscurità porporina. Il vuoto si inabissava ancora, profondo come dall'alto d'un monte, e quantunque l'orecchio non sentisse, l'occhio scopriva con terrore l'acqua formicolante di rettili vischiosi, di salamandre, di draghi in quella bocca terribile d'inferno.
Quivi con orrenda confusione brulicavano ammassati, in ispaventvoli mucchi, la sega annata di punte, il pesce degli scogli, il martello, mostro spaventevole: ed il pescecane pauroso, iena dei mari, furiosamente gli mostrava i denti minacciosi.
Sospeso, egli avea tutta la coscienza dell'orrore in cui si trovava senza speranza d'aiuto o di soccorso, ed ecco una bocca lo afferra, gli lascia la branca del corallo, ed un vortice lo investe violentemente, trascinandolo in alto.
Il re forte maravigliato gli dà la coppa, e gli destina un anello preziosissimo se egli ridiscenderà nell'abisso e lo istruirà di ciò che avrà visto nella più grande profondità.
La figlia inorridisce, e prega il padre che cessi da prove così crudeli; ma il re, imperturbabile, torna a gettare la coppa ed al palombaro dice:
«Io t'avrò pel miglior cavaliere, e vo' che oggi stesso tu sposi costei che prega per te, se tu mi riporterai questa coppa».

Il giovane, come animato da forza celeste, si slancia, ma non ritorna più.



Friedrich Schiller
Traduzione Giuseppe Pitré

 

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