|
Leggenda popolare trascritta da Nino Muccioli Cola Pesce
Era un mattino di maggio, il giorno delle rose, dell'anno 1140 d.c. Re Ruggero II, fermo sul suo cavallo, contemplava la città di Messina e tutto lo stretto dallalto della punta del Faro. Era la seconda volta che visitava la città, già l'anno precedente, aveva assistito alle sue magie. Non dimenticava la sua meraviglia quando dallaltra sponda dello stretto la Fata Morgana aveva espresso il suo potere usando il cielo come specchio che rifletteva la città, coi suoi palazzi, le sue piazze, i suoi giardini, le sue chiese e le sue genti... Era un incanto? Era stregoneria? Era certamente una malia, che aveva lasciato un impronta indelebile nel suo cuore, cui si era aggiunta la meraviglia il giorno dopo nel vedere disegnarsi un arco in cielo rifulgente di sette colori che attraversava le due sponde dello stretto in un arcobaleno splendido. Sembrava che il vento intonasse musiche segrete al tripudio dei colori che si slanciavano in unalta curva fra le due sponde. Messina magica!
Era tornato adesso, per motivi politici ma soprattutto perché attratto dalla fama di un giovane pescatore, chiamato Cola Pesce, cui la fantasia popolare attribuiva pinne al posto delle braccia e branchie al posto dei polmoni, per la sua fama di nuotatore e di scrutatore degli abissi marini, dei quali Cola raccontava storie meravigliose. Re Ruggero, circondato dalla sua corte di cavalieri e di principesse (una in particolare giovane e bionda colpiva lattenzione del popolo tutto intorno, per la sua bellezza chiara dagli occhi azzurri), interrogava Cola sulle sue esperienze nel mare. E Cola gli raccontava come lì sotto vivevano strane creature, e che un altro mondo, sottomarino, viveva a suo modo sotto il mare. E descriveva la vegetazione, le grotte strane e profonde, le rocce e i fiori e gli alberi del mare, dalle straordinarie e strane forme assieme alle creature che si muovevano, non meno meravigliose. .............. A quel punto il re prese una coppa doro, la gettò nelle acque e disse a Cola Pesce di ripescarla. Il giovane non ci pensò su molto, si tuffò e la leggenda narra che per ore ed ore non riemerse, tanto che si temeva per la sua vita; ma infine venne su il sole, era al suo culmine, e la coppa brillò rifulgente tenuta in alto dal braccio del giovane sorridente. - Raccontami Cola, che hai visto stavolta - chiese il re. ...............
E ancora Cola si tuffò. E le ore trascorsero lente, il sole tramontò e
giunse la notte, una notte chiara, come spesso se ne vedono a Messina, le stelle nel cielo
brillavano, era luna piena, il gran carro percorreva la sua strada, nel mezzo della via
lattea e la stella Diana cantava alle sorelle i misteriosi racconti del cielo.
............
Cola fissò negli occhi azzurri come il mare sereno la principessa e poi
disse al re: Disse, e, dato un ultimo sguardo attorno spiccò un tuffo sino dentro il vortice di cui era emerso e disparve nellacqua. I giorni e le notti si alternarono in una vana attesa. Le folle si diradarono impegnate dalle loro faccende, anche il re atteso dai suoi importanti affari di governo doveva andare e non si decideva. Quando, ecco, un mattino apparvero vicino alla nave un pugno di lenticchie che galleggiavano su unonda e la ferula che bruciava come una torcia ardente. Le genti di Messina, quando la terra è scossa dai terremoti, dicono che Cola Pesce, è ancora lì nel fondo delle acque a sorreggere la colonna, a fare da guardia perché la Sicilia non sprofondi nelle acque, trastullandosi, nei momenti di riposo, coi suoi amici delfini, e col canto dolcissimo delle sirene.
leggi per intero in
|