Leggenda
di Colapesce in Francia
La
Leggenda di Cola Pesce
o dell'Uomo-pesce
Homme poisson - analoguali
Siamo a Messina ai tempi dei Normanni..
La storia, a dir la verità è antecedente, ma la tradizione ha preso
l'abitudine di collocare attribuire fatti e personaggi durante la
mitica conquista della Sicilia da parte dei Normanni, venuti dalla
Puglia quando questa era ancora sotto il regno di Ruggero II di
Altavilla, re degno di elogi e malauguratamente misconosciuto dalla
cultura francese.
A bordo della sua nave ammiraglia, Ruggero si intratteneva con Giorgio
d'Antioca, l'Ammiraglio degli Ammiragli. Il titolo tradotto dall'arabo
non ha subito modifiche, malgrado la dominazione cristiana su queste
terre segnate per tre secoli di splendore musulmano. Anche il Primo
ministro era chiamato vizir.
All'improvviso, da sotto la coperta giungono clamori di voce, risate e
hurrà.
- Che succede là, Ammiraglio
- Vado ad informarmi mestà.
Qualche rapido scambio urlato di informazioni tra la nave e le persone a
terra in lingua siciliana, nata per la poesia e per l'amore ma capace di
accenti rudi come le terre esposte al sole impietoso dell'estate.
- Sire la popolazione di Messina festeggia il ritorno del suo eroe. Lui si chiama
Nicola, ma tutti lo conoscono come Cola Pesce, l'uomo pesce
- Ma cosa ha di così straordinario questo Cola Pesce?
- Pretendono che sappia nuotare bene come i pesci e che sia in grado di
restare sotto acqua come se potesse respirare e tante altre cose,
Maestà.
- Non è cosa di tutti giorni simile prodigio. Mandatelo a chiamare, poiché sono
curioso di conoscerlo.
Nicola intimidito è introdotto a bordo della nave reale e si inchina con
rispetto davanti al re
- La tua reputazione è grande Nicola, per quello che ne so. Ma parlami senza
paura e senza remore: Cosa c'è di vero nelle cose eccezionali che tu
fai? Nuoti veramente come i pesci?
- Avranno esagerato maestà, ma è vero che la Provvidenza mi ha donato
talenti particolari
Ruggero di Altavilla a queste parole sfila dal suo anulare un anello e,
guardando Nicola come se lo sfidasse, lo getta in mare:
- Vai e, quando mi restituirai l'anello, voglio che tu mi racconta
tutto quello che avrai visto
Cola si tuffa e l'attesa comincia. Il re resta sorpreso di vedere il sole
tramontare senza che Nicola sia rientrato a bordo. Ma in questa
circostanza i Messinesi non sarebbero meravigliati del fatto.
All'indomani, quando le onde sono ancora grigie e sembrano assumere una
delicata tinta dorata, Nicola si issa a bordo della nave ammiraglia. Il
Re, molto incuriosito, decide di vederlo all'istante e va
personalmente a farsi raccontare tutto.
- Gli venga
dato da mangiare - ordina il Re, allorché vede Nicola stanco, grondante
d'acqua e con addosso un coperta data da un marinaio -
Andiamo, dunque, raccontami, sei rimasto assente per molto tempo?
E Cola Pesce comincia a raccontare della ricerca
dell'anello reale nell'acqua del magnifico stretto di Messina. Racconta
di come sia sfuggito alle insidie di Cariddi, di come l'anello reale sia
stato messo in salvo da un gruppo di delfini e di come quest'ultimi,
dopo averci giocato per qualche ora, l'abbiano lasciato cadere in un
immenso campo di alghe, dove, appena avvistato, un gigantesco polpo,
attirato dai bagliori delle pietre preziose, se ne sia impossessato.
Nicola,
vedendo il buon Ruggero II estasiato dal racconto e desideroso di sapere
altro, continua a raccontare dei banchi di tonni e di pescespada, di altri
stupendi o spaventosi abitatori delle profondità, dei granchi giocarelloni
sotto le pietre. Cola racconta finché il
sole ha il tempo di raggiungere il vertice della sua corsa celeste.
Quando il racconto si interrompe, al re sembra uscire da un sogno:
- Incredibile!! Per san Michele, Ammiraglio, vi rendete conto che questo
umile pescatore ne sa più di me sulla parte più estesa del mio regno?
Tutto ciò mi commuove e mi incanta.
Poi, facendo scivolare un nuovo anello dal suo dito:
- Vai buon Nicola, e raccontami ancora del mio regno sotto il mare
E lancia con un ampio gesto l'anello reale nel mare. E Nicola si immerge a sua volta per la seconda
volta.
L'attesa sembra più lunga a Ruggero, ora che è
interamente convinto dei talenti straordinari dell'uomo pesce.
Passano le ore, il tramonto consuma il cielo e sulle
ceneri della sua corsa fioriscono le prime stelle,
come in mezzo alle lave dell'Etna spunta l'astragalo ostinato.
La luna è alta quando Ruggero si decide, infine, di lasciare il ponte e raggiungere la sua
cabina.
L'alba spunta, invecchia e cede il passo
ad un nuovo giorno chiaro e pieno di sole.
Mezzogiorno passa e durante
il pranzo il re non indirizza la parola a persona, contratto in
un'attesa sempre più ansiosa ed agitata al passare
delle ore.
Il cielo imbrunisce per la seconda volta senza che Nicola abbia dato segno di vita. E la
notte viene che trova il re corroso dalla preoccupazione,
al punto da rifiutare il suo pranzo.
Stanco per la tensione e consumato dall'attesa,
Ruggero si sente svuotato di qualsiasi
energia e si abbatte.
È soltanto alla fine della mattina seguente che una
sentinella scorge Nicola ed il suo segnale suona come una
liberazione generale. Il re che ascolta soltanto il suo cuore si
precipita al parapetto, dando ai suoi marinai una
nuova prova della sua natura generosa e benevola in relazione ai suoi
aspetti più umili.
Si issa Nicolas a bordo. Ha un filo di fiato ed è
molto provato dalla sua avventura.
Viene coperto e, su un segno del re,
gli è servito un pasto. Ruggero
nonostante la sua grande curiosità morde il freno
e lascia che Cola Pesce si recuperi dalla stanchezza.
E giudicando il momento infine opportuno, lo interroga:
- Cosa è dunque avvenuto, Nicola?
Eravamo pazzi di preoccupazione?
Prendendo una grande boccata d'aria, Nicola si lancia in un resoconto
pieno di sorprese.
- Maestà, là pensavo di non arrivare mai. Il vostro anello è
caduto in una corrente violenta che passa sotto la Sicilia e
i suoi meandri scorrono attorno ai tre pilastri che sostengono l'isola.
A queste parole, Ruggero volge lo sguardo verso Giorgio di Antiochia come
per chiedergli conferma di questi notizie
straordinarie. Ma l'ammiraglio degli ammiragli replica con un
gesto significativo della sua ignoranza in
materia. Nicola tuttavia prosegue il suo resoconto.
- La corrente è potente e molte volte ho creduto
di non uscire più. Le ore passano e la
distanza percorsa sembra non avere termine. Ed
ecco che, dopo essere passata
nei pressi dei primi due
pilastri, la corrente mi trascina verso il terzo.
Più avanzo e più si fa viva una luce
stupefacente. Non ho mai visto ciò a tale profondità. Avvicinandosi
la paura mi prende al ventre, poiché sono
inesorabilmente aspirato verso questa luce che filtra con numerose
fenditure al piede della colonna. E comprendo allora che si tratta della
lava, quella che a volte giunge anche al vertice
della nostra montagna facendo paura a tutti.
Ed ecco che il vostro anello maestà scivola in una fenditura del
pilastro e si insinua verso le profondità del fuoco eterno. Riesco a
fermarmi alla meno peggio ed evito così di essere
aspirato. Ma sento la pietra del pilastro che cede sotto i miei piedi.
Poroso come è, è miracolo bello e buono che riesca ancora a sostenere
qualcosa. Poiché, per ciò che ne ho visto, è
pronto a crollare.
Nuovo scambio di sguardo inteso tra il re ed il suo ammiraglio.
- Ho potuto recuperare il vostro anello, maestà,
soltanto grazie ad un arpione provvidenziale. Altrimenti la lava lo avrebbe assorbito. Ed è,
scivolando lungo il pilastro fino non a sentire più alla pressione della
corrente, che sono riuscito infine a sfuggire all'inferno che mi era promesso
Un silenzio pesante si fa mentre Ruggero si alza con suo
viso grave.
Dopo alcuni passi, si avvicina a Nicola e di Giorgio
di Antiochia che non hanno osato modificare la loro posizione per non
disturbare la riflessione del loro sovrano.
- Nicola, ciò che mi dici
è terrificante. La Sicilia sarebbe dunque minacciata di colare da un
momento all'altro? Ingoiata da un mare di lava
e quindi sommersa dalle inondazioni?
Si allontana un momento per ritornare immediatamente
- Io non posso restare senza far nulla, la vita dei miei sudditi è
in pericolo. Occorre riandare laggiù e vedere ciò che si può fare. Ci
sarà certamente un mezzo per prevenire la catastrofe. Non oso pensare
che abbiamo potuto offendere Dio a tale punto
per meritare questa punizione. In ogni caso, però, non prima di avere provato a
fare ciò che umanamente è possibile.
E Rugggero di Altavilla, primo re normanno di Sicilia, figlio
del Gran conte Ruggero I, artefice della prima fase della
riconquista cristiana della Sicilia musulmana, toglie
dalla nobile testa la sua corona e si prepara a gettarla nei flutti.
- No maestà, non lo fate vi scongiuro!
- esclamò Nicola - con vostro rispetto,
ho passato troppo tempo sotto l'acqua e le forze
mi hanno abbandonato.
Il gesto resta così sospeso, il re abbassa, infine,
il suo braccio ed dice:
- Nicola, mi hai dato la prova dei tuoi talenti, e della tua onestà,
nessuno può dubitare. Può essere che hai ricevuto il
dono divino di nuotare come un pesce soltanto per
scoprire un giorno ciò che il mare nasconde ai
comuni mortali. Ed al vostro sovrano ahimè! Sei il solo che può
sfidare questo mondo, tutto altro che ostile
a te, il solo da cui possa dipendere la salvezza
di tutti.
Il re si interrompe un momento. Il momento è di una solennità
impressionante, che gela tutti i presenti,
dell'ammiraglio alla semplice ciurma.
Ogni attività è interrotta, l'equipaggio
pende dalle labbra del re.
- Non sarò ingrato con te e quando ritornerai
con la mia corona, farò la tua fortuna e
ti darò una principessa come
moglie. Ma ora vai, Nicola, vai, apri
bene gli occhi e vedi come puoi
salvarci da un così grande pericolo
E come se seminasse alle creste delle onde come
al cuore di un solco, Ruggero
affidò la sua corona nel mare.
Nicola è in piedi, lascia cadere
la coperta sul ponte, sale
sulla piattaforma e, dopo un ultimo sguardo per
il suo re, si tuffa in questo mondo familiare
solo a lui fra tutti gli umani.
Passano i giorni. Quindi le settimane, i mesi.
Ruggero di Altavilla muore senza avere rivisto l'uomo pesce.
Non si evocherà più ufficialmente il nome di Cola Pesce. Ma tutti i
Siciliani sanno e si trasmettono di generazione
in generazione la loro verità.
La Sicilia non è mai sprofondata perché un
piccolo pescatore di Messina l'ha salvata,
andando a sostituire il pilastro difettoso, da qualche parte sotto l'Etna.
La légende de Colà-pesce
ou Nicolas l’homme poisson
Nous
sommes à Messina au temps des Normands… L’histoire à dire la
vérité est antérieure mais la tradition a pris l’habitude de camper
décor et personnages durant la mythique conquête de la Sicile par les
Normands venus de la Puglia ou encore sous le règne de Roger II de
Hauteville, roi digne d’éloges et malheureusement méconnu de la
culture française.
A
bord de son navire amiral, Roger s’entretient avec Georges d’Antioche,
l’Amiral des Amiraux. Le titre traduit de l’arabe n’a pas subi de
modification malgré la domination chrétienne sur ces terres marquées
par trois siècles de splendeurs musulmanes. Ainsi le Premier ministre s’appelle-t-il
«vizir».
Voilà
que des éclats de voix, des rires et des «hourra» montent de la
grève voisine.
«Qu’est-ce donc là Monsieur l’Amiral ?»
«Je m’informe Majesté»
Quelques
échanges criés du navire à la terre en cette langue sicilienne née
pour l’amour et la poésie mais capable d’accents rudes comme les
terres à blé au soleil impitoyable de l’été.
«Sire, il s’agit de la population de Messina qui fête le retour de son
héros. Il s’appelle Nicolas mais tout le monde le connaît comme Colà
pesce, l’homme poisson.»
«Et qu’a-t-il donc de si extraordinaire ce Colà pesce ?»
«On prétend qu’il nage aussi bien que les poissons, qu’il reste sous l’eau
comme s’il la pouvait respirer et tant d’autres choses encore Majesté
»
«Par exemple, ce n’est point tous les jours que l’on me décrit un tel
prodige. Mander le quérir sur l’heure car je suis aise de le connaître
»
Nicolas
intimidé est introduit à bord du navire royal et se prosterne avec
empressement devant son Roi.
«Ta réputation est grande Nicolas pour qu’elle me soit parvenue. Mais
parles moi sans peur et sans détour : qu’y a-t-il de vrai dans ces
exploits que l’on te prête ? Nages-tu vraiment à l’égal des
poissons ?»
«On aura exagéré Votre Majesté, mais il est vrai que la Providence m’a
donné ce talent particulier»
Roger
de Hauteville à ces paroles ôte un anneau de son annulaire et regardant
Nicolas comme s’il le défiait, il le jette par-dessus bord:
«Vas et quand tu me restitueras l’anneau, je veux que tu me racontes tout
de ce que tu auras vu»
Colà
plonge et l’attente commence. Le roi est surpris de voir le soleil se
coucher sans que Nicolas soit remonté à bord.
Cela ne saurait surprendre
en revanche les Messinais coutumiers du fait. Le lendemain à l’heure
où les flots encore gris semblent se teindre d’une délicate teinte
orail, Nicolas se hisse à bord du navire amiral. Le Roi tout à sa
curiosité décide de le voir à l’instant et va lui-même à sa
rencontre.
«Q’on lui donne à manger ! » ordonne-t-il alors que Nicolas ne sait
trop quelle contenance adopter, dégoulinant encore de sa baignade, et
recouvert à la diable d’une couverture prêtée par quelque marin.
«Allons racontes moi donc, tu es resté absent bien longtemps dis-moi ?»
Et
Colà pesce de raconter sa poursuite de l’anneau royal dans les eaux du
magnifique détroit de Messina. Comment il faillit se faire prendre par l’invisible
chevelure tentaculaire de Charybde, comment l’anneau en a été sauvé
par un groupe de dauphins qui en firent leur jouet pour quelques heures,
comment par la suite ils s’en désintéressèrent et le laissèrent
choir dans un immense champ d’algues, comment l’ayant enfin aperçu il
eut la mauvaise surprise de se le voir ravir par un poulpe géant attiré
par le feu de ses pierres. Et, comme le bon
Roger II ne cache pas son extase et s’abîme en une écoute ravie,
Nicolas raconte encore les bancs de thons et d’espadons, les hôtes
beaux ou affreux des profondeurs, les crabes joueurs dessous les pierres
et tant et tant que le soleil a le temps d’atteindre le sommet de sa
course céleste.
Quand
le récit s’interrompt, le Roi semble sortir d’un songe
«Incroyable ! Par St Michel, Amiral, vous rendez-vous compte que cet humble
pêcheur en sait plus long que moi sur la partie la plus étendue de mon
royaume ? Tout cela m’émeut et m’enchante».
Puis
faisant glisser un nouvel anneau de son doigt,
«Vas mon bon Nicolas, et racontes moi encore de mon royaume sous la mer»
Et
de lancer d’un geste ample l’anneau royal par-dessus bord. Et Nicolas
de plonger à son tour pour la seconde fois.
L’attente
semble plus longue à Roger à présent qu’il est pleinement convaincu
des talents prodigieux de l’homme poisson. Passent les heures, le
couchant consume le ciel et sur les cendres de sa course fleurissent les
premières étoiles comme au milieu des laves de l’Etna pointe l’astragale
obstinée. La lune est haute quand Roger se décide enfin à quitter le
pont et rejoindre sa cabine. L’aube point, vieillit et cède le pas à
une nouvelle journée claire et ensoleillée.
Midi passe et durant le déjeuner le Roi n’adresse la parole à personne,
crispé dans une attente de plus en plus inquiète et agitée au fur des
heures.
Le
ciel brunit pour la seconde fois sans que Nicolas n’ait donné signe de
vie. Et la nuit vient qui trouve le Roi rongé par l’inquiétude au
point de repousser son dîner. De guerre lasse et comme consumé par cette
attente qui le vide de toute énergie, Roger s’endort lourdement.
Ce
n’est qu’à la fin de la matinée suivante qu’une vigie aperçoit
Nicolas et son signal sonne comme une libération générale. Le Roi n’écoutant
que son coeur se précipite au bastingage, donnant à ses marins une
nouvelle preuve de sa nature généreuse et bienveillante à l’égard de
ses sujets les plus humbles. On hisse Nicolas à bord. Il est à bout de
souffle et visiblement très arqué par son aventure. On le couvre et, sur
un signe du Roi, un repas lui est servi. Roger malgré
sa grande curiosité ronge son frein et laisse Colà pesce récupérer de
sa fatigue. Et jugeant le moment enfin opportun, il l’interroge :
«Que s’est-il donc passé, Nicolas, nous étions fous d’inquiétude ?»
Prenant
une grande goulée d’air, Nicolas se lance dans un récit plein de
surprises.
«Majesté, j’ai bien cru moi non plus ne jamais arriver. Votre anneau est
tombé dans un courant violent qui passe sous la Sicile et enroule ses
méandres autour des trois piliers qui la soutiennent.»
A
ces mots, Roger lève le regard vers Georges d’Antioche comme pour lui
demander confirmation de cette extraordinaire nouvelle. Mais l’Amiral
des Amiraux réplique par une mimique significative de sa propre ignorance
en la matière. Nicolas cependant poursuit son récit.
«
Le courant est puissant et plusieurs fois j’ai bien cru n’en jamais
plus sortir. Les heures passent et la distance parcourue semble ne pas
avoir de terme. Et voilà qu’après avoir passé les deux premiers
piliers, le courant m’entraîne vers le troisième. Plus j’avance et
plus se fait vive une lumière étonnante. Je n’ai jamais vu cela à une
telle profondeur. En approchant la peur me noue le ventre car je suis
inexorablement aspiré vers cette lumière qui filtre par de nombreuses
fissures au pied de la colonne. Et je comprends alors qu’il s’agit de
la lave, celle-là même qui parfois parvient au sommet de notre montagne
et porte alors l’effroi parmi vos sujets. Et voilà que votre anneau
Majesté glisse dans une fissure du pilier et s’insinue vers les
profondeurs du feu éternel. Je parviens à me caler tant bien que mal et
j’évite ainsi d’ être aspiré. Mais je sens la pierre du pilier qui
cède sous mes pieds. Poreux comme il est, c’est miracle bel et bon qu’il
réussisse encore à soutenir quelque chose. Car pour ce que j’en ai vu,
il est
prêt à s’écrouler » Nouvel échange de regard entendu entre le Roi
et son Amiral.
«
Je ne dois d’avoir pu récupérer votre anneau Majesté qu’à un
providentiel harpon. Sinon la lave l’aurait englouti. Et c’est en
glissant le long du pilier jusqu’à ne plus sentir l’étreinte du
courant que j’ai réussi enfin à échapper à l’enfer qui m’ était
promis»
Un
silence épais s’installe alors que Roger, le visage grave se lève.
Après quelques pas, il s’approche de Nicolas et de Georges d’Antioche
qui n’ont pas osé modifier leur posture pour ne pas troubler la
réflexion de leur souverain.
«
Nicolas, ce que tu m’apprends là est terrifiant. La Sicile serait donc
menacée de couler d’un instant à l’autre ? Engloutie par une mer de
lave ou alors submergée par les flots ?»
Il
s’éloigne un instant pour revenir aussitôt
«
Je ne peux rester sans rien faire, la vie de mes sujets est en péril. Il
te faut repartir là-bas et voir ce que l’on peut entreprendre. Il y
aura certainement un moyen de prévenir la catastrophe. Je n’ose penser
que nous avons pu offenser le Très Haut à un tel point de châtiment.
Pas avant d’avoir entrepris ce qui humainement peut l’être en tous
les cas.»
Et
Roger de Hauteville, premier roi normand de Sicile, fils de ce Grand Comte
Roger Ier,artisan de la première phase de la reconquête chrétienne de
la Sicile musulmane, ôte d’un este noble sa couronne et s’apprête à
la jeter dans les flots.
«Non
Majesté, n’en faîtes rien je vous en conjure, s’écrie Nicolas,
sauf votre respect j’ai passé beaucoup trop de temps sous l’eau et
mes forces m’ont abandonné.»
Le
geste comme suspendu, le Roi baisse enfin son bras et tient alors ce
propos :
«
Nicolas, tu m’as donné la preuve de tes talents, et de ta loyauté nul
ne saurait douter. Peut être n’as-tu reçu le divin présent de nager
comme un poisson que pour t’apercevoir un jour de ce que la mer cache au
regard du commun des mortels. Et à ton souverain hélas ! Tu es le seul
qui peut défier ce monde à tout autre que toi hostile, le seul dont
puisse dépendre le salut de tous.»
Le
Roi s’interrompt un instant, le moment est empreint d’une solennité
qui unit tous les présents, de l’Amiral au simple mousse. Toute
activité interrompue, l’équipage est comme suspendu aux lèvres du
Roi.
«Je ne serai pas ingrat avec toi et quand tu reviendras avec ma couronne,
je ferai ta fortune et te donnerai une princesse comme épouse. Mais pour
l’heure vas, Nicolas, vas, ouvres grand les yeux et vois comment nous
sauver d’un si grand péril »
Et
comme s’il semait au creux des vagues comme au coeur d’un sillon,
Roger confie sa couronne à la mer. Nicolas est debout, il laisse choir la
couverture sur le pont, grimpe sur le plat-bord et, après un dernier
regard pour son Roi, plonge dans ce monde à lui seul familier parmi tous
les humains.
Passent
les jours. Puis les semaines, les mois. Roger de Hauteville se meurt sans
avoir revu l’homme poisson. On n’évoquera plus officiellement le nom
de Colà pesce. Mais tous les Siciliens savent et se transmettent de
génération en génération.
La Sicile n’a jamais sombré car un petit
pêcheur de Messina l’a sauvée en allant remplacer lui-même le pilier
défaillant, quelque part sous l’Etna.
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