IL COLA-PESCE IN GRECIA

 

Dopoché l’Ulrich, nel vol. XIV dell’Archiv für Littera lurgeschicbte , 1886, p. 69-102, aveva dato una raccolta di tradizioni orali e letterarie, per quanto fin qui note, intorno alla leggenda di Cola-Pesce, G. Pitrè completò la raccolta in alcuni volumi di questo Archivio (VII, p. 9 e segg., Vili, p. 3 e segg., IX, p. 377 e segg.) con numerose varianti tratte dalla tradizione orale dell’ Italia meridionale, e per la prima volta pubblicate. A questi due ed agli altri che si occuparono della leggenda del Cola-Pesce rimase ignoto che tale leggenda non fosse estranea neppure alla nuova poesia popolare della Grecia. Due canzoni, basate su questa leggenda, esistono nella raccolta poco nota e piuttosto rara di Michail Lelekos , Aijugtixt) 'Anμorixh' Avdodoyiz , Athen, 1868, p. 77 e segg., nel Num. 16 e 17.
Purtroppo l’editore non ha fatto cenno del luogo d’origine delle canzoni che raccolse. E poiché la Raccolta non è facilmente reperibile, pubblico io, con traduzione letterale, queste due canzoni.

 

I

 

 

Giunse la sera e giunse la notte, chi debbo io salutare?
Vorrei salutare i monti, ma non a me essi parlano; vorrei salutare i rami , poiché soffia il vento del nord ed essi si piegano ; vorrei salutare le donzelle, poiché le donne sono in collera.
Una capanna, una vecchia capanna coperta di mais, cinta di mais e di papiro e di giunchi, e framezzo al papiro gorgoglia una fresca sorgente.
Vanno le donzelle per acqua e ritornano baciate. Ecco una ancora andò a bere dell’acqua, a berne ed a farne provvista, e le cadde giù l’anello da sposa, l’anello che le andava largo.
Levò forte la voce per quanto potè, ma nessun giovane rispose, soltanto il figlio della vedova fu che rispose.
- Chi de’ giovani è abile e svelto?
- Son io abile e svelto, vogl’io entrarvi e riprendere l’anello.

(A braccia) tese ei si tuffò e andò per largo; trova serpi incrociate ed aspidi attorcigliate, attorno al collo di un’aspide era l’anello.

- Tira la catena, ragazza mia, tira anche la corda, perchè è ritrovato il tuo anello da sposa, l’anello che ti sta largo.

 

II

 

 

Andai colà sull’orlo della riva, sull’orlo del mare, trovo una donzella color di rosa e di capelli biondi. Ella pettina i biondi capelli e sparge amare lagrime. E le passai dinanzi e la salutai:
- Salute e gioia sia a te, o bella!
- Grazie al signore
- Che hai fanciulla che sei afflitta e spargi lagrime amare?
- Signore, poiché m’ hai interrogata , vo’ darti risposta.
Tu vedi quel salice bruciato dal fulmine; alle sue radici scorre l’acqua attraverso una fonte dove bevono le pecore selvagge dimentiche de’ loro agnellini, e dove pure le mansuete bevono, dimentiche della loro stalla.
E là mi chinai per bere acqua, per berne e farne provvista, e vi cadde il mio anello da sposa, il primo anello, e colui che vi entri e lo ritrovi, io torrò a marito.


Nessun giovane rispose, bensì uno piccolo e bruno.
Egli si sveste, depone gli abiti ed entra, nella fonte. Vede le serpi che s’avviluppano e le aspidi attorcigliate, vede l’anello di lei in testa ad un’aspide.
- Tira la catena, donzella mia, altrimenti le serpi mi divorano.
- Io sono la lamia della riva e la lamia del mare.

 

 

 

Gustav Meyer
ARCHIVIO PER LO STUDIO DELLE TRADIZIONI POPOLARI
RIVISTA TRIMESTRALE DIRETTADA G.PITRE' e S.SALOMONE-MARINO
VOLUMEQUATTORDICESIMO

1895

 

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