Nel contesto della mancata divinazione degli Dei Marini, Colapesce
De Natura Piscium
Variarum lectionum sive de Venatione Heroum
Liber secundus
De venatione
Caput nonum
Piscatorum vita, acta, moresque expedentur
[...]
Oppianus vero lib. 3. describit Piscatoris vitam, mores, habitus, & acta, ut ob oculos verset.
Principio Piscatori çorpus, et membra adsint,
Iuxta, et velocia, et robusta neque nimis
Obesa, neque etiam carne destituta, namque necesse est
Saepe ipsum validis protractis decertare
Piscibus, quibus immane in est robur.
Necesse enim est petra desilire, et petram infilire
Facile, necesse item est LABORE MARINO vigente
Celeriter per-meare longam viam, inque profundissima,
Subire, et manentem in fluctibus tamquam in terra
Morari laboribus occupatum, quibus in mari
Viri certant tollerantem animum habentes.
Animo auter Piscator experientissimo, et consilio
Sit, quoniam valde multa, et varia machinantur
Pisces cum inciderint in irrimediabiles dolos.
Audax vero maxime, et imperterritus, atque temperans
Sit, neque somnians satietatem, acute vero videat
Vigilans, et corde, et oculis apertis,
Bene autem ferat, et hyemem Ionis, et siticulosum tempus
Sirij, desideret vero labores, ametque mare
Sic enim felix in captura, et Mercurio carus erit;
hactenus ille, experimento, ac rei veritate sapiens.
Inter plura, maris profundum ut petat emergatque Oppianus Piscatorem monet, quod
immortalitatis plausum Glauco Anthedonio tribuit, et testatur Palaephatus de Fabulis, ubi ait,
Glaucus Piscator vir erat genere quidem Anthedonius, UTINATORQUE preceteris eximius, qui vel cunctos sui
temporis natatores in undis exuperabat; contigit autem, quodo cum hic prope
portum ante omnium conspectu, qui in Civitate erant nataret ab omnibusque
videretur in locum quem ei natare contigit, ut mox per aliquos dies visus ab
amicis non fuerit, natansque mox ab eis visus est. quaerentibus ergo domesticis
eius ubi nam locorum per ea tempora, quibus visus non fuerat habitasset, in mari
se se fuisse falso respondebat. Glaucus ob id marinus vocabatur, qui mox cum in
marinam feram incidisset ab ea consumptus est, quo e mari nusquam redeunt
Glaucum in mari vivere, atque ibi considere fabulati sunt; usque modo Palephatus Fabulam apprime interpretatur; at Glauci piscatoris commendat solertiam, dum sub
maris gurgite, talumque petens tanto tempore morabatur; nam inquit Plinius lib 31 c. 3
In natando quidem spiritum continentibus rigidior sentitur aqua;
Cola Pesce
De quodam catinense, qui Messanae commorabatur, ac
vulgus Cola Pesce nuncupabat, fertur ad instar piscium abruptis maxillis aquas
tranare, tandemque inter Charibdis vortices fato cessisse; portentum
existimabant populi, hominem ad profunda demersum,
unde Aristides in Themistocle scribit,
Nec uti per omne tempus in mari habitet quemadmodum aiunt Glaucum
Anthedonium, et Saronem mari cognominem eius.
Aeschylus hinc totius fabulae argumentum prodidit, et tamquam maris Numen
Glaucum multa divinasse denarrat, quod Pausanias in Boeoticis firmat, ubi Nautas
illius divinare oraculo praestat: idque ob erbam, siue
gramen, (uti apud Ovidium ad Galateam idem Glaucus fabulatur) gustatum refert;
cui adstipulatur Ausonius in Musella; Nicander in primo Aetolicorum
Apollinem a Glauco divinandi peritiam accepisse
accinit; ob quod Nicanor Glaucum cum Melicerta confundit, de qua vide Ciprianum
del Idol. vanitate, et Arnobium.
Nihilominus quid divinare inter piscatores denotet inquirendum; enimuero
praeter Glaucum, Higynus Proteum divinantem facit; et a Menelao catenis
alligatus de Hecatombe, quo scilicet ad aras centum armenta occiduntur,
Troiaque Deorum ira deuicta monuit; unde Proclus in Platone de legibus
adversus Socratem Homeri irrisorem, Angelicum Proteum nuncupat, et
demone praeditum,forsan ex eo Virgilij,
Este enim in Carpathio Neptuni gurgite vates
Coeruleus Proteus, magnum qui piscibus aequor
Et iuncto bipedem curru metitur equorum.
Hic nunc Aemathiae portus, patriamque reuisit
Pallenen; hunc et Nymphae venerantur, et ipse
Grandaenus Nereus: nouit namque omnia VATES
QUAE SUNT, QUAE FUERUNT; quae mox VENTURA trabuntur.
de Nereo, etiam, & Tritone haec feruntur, quem in Saturni Templorum fastijs
positum recenset Macrobius; & tamen perditos hos fere omnes Lactantius homines
irridet, simulque Arnobius, & Lucianus; unde divinitas inter scopulos? quid cum
mare divinationum oracula? abscedat haec ratio.
Appollodorus rem aperit; dicens.
Proteus Piscator tempora
capturae noverat, & loca ubi pisces occulebantur; ideo a cunctis divinationis
gloria ferabatur;
Docet haec Palephatus ubi Glauco similia versat.
Pisces in unum locum plures
concludens, et occultans asservabat, ut hyemali tempore, quando reliqui
piscatores nullos capere pisces poterant solus ipse haberet, civibus ob
id quoscumque pisces exoptassent se se protinus allaturum esse
pollicebatur, sicque, et quos utique voluissent eis statim afferebat;
ideo Nereum, Tritones, Portunum, Saronemque inter
Maris Numina nequaquam numeravimus, fuerunt etenim Piscatores, et nautae.
[...]
Andreae Cirino
Panornum
1653
Sulla natura dei pesci
Libro secondo
Sulla caccia
Capitolo nono
Vengono trattate la vita, le attività e le usanze dei pescatori
Libera traduzione
Oppiano, in verità, nel libro 3
descrive la vita, i modi, le abitudini e le azioni di un Pescatore
(subacqueo), come si può vedere:
Inizialmente il corpo del
Pescatore ha tutte le membra
è ben conformato, rapido, non troppo massiccio,
grasso quanto necessita, ma non é privo di muscoli,
Spesso è molto forte e proteso a lottare
con pesci di grandi dimensioni.
Ha necessità di saltare dagli scogli e penetrare negli anfratti
con facilità, ma anche di lavorare in mare con energia
per passare velocemente per vie lunghe e molto profonde,
di immergersi e nuotare tra le onde come se fosse in terra,
di attardarsi nei lavori in mare, che gli uomini
si forzano ad affrontare con spirito sofferente.
Anche il pescatore più esperto ha coraggio e prudenza,
perché ci sono moltissimi e vari marchingegni
con cui far cadere, senza scampo, i pesci in trappola.
In verità, é molto audace, imperterrito e temperante
non cerca l'abbondanza, ma sa vedere bene,
guardando con il cuore e gli occhi aperti.
Ma gli andrà tutto bene; l'inverno Ionico e la stagione secca di Sirio
gli faranno desiderare di lavorare e di amare il mare,
così che sarà fortunato nella pesca e sarà caro a Mercurio.
Finora lui è stato
saggio per esperienza e per verità dei fatti.
Tra l'altro, Oppiano esorta il Pescatore a cercare le profondità del mare e ad
emergere, perché dà il plauso dell'immortalità a Glauco Antedonio, come è
testimoniato in Palepatus de Fabulis, in cui si dice:
Glauco Pescatore era un
uomo della famiglia Antedonio, precedentemente un valente subacqueo, che aveva
superato tra le onde tutti i nuotatori del suo tempo; ed è successo
che si mise a nuotare in prossimità del porto, e fu visto, da tutti
quelli che erano in città, in qualsiasi posto gli capitasse di nuotare; i suoi
amici lo videro nuotare velocemente per poi sparire dalla loro vista per alcuni
giorni. Quando la sua famiglia gli chiese dove avesse vissuto per quel tempo, in
cui non era stato visto, rispose falsamente che era stato in mare.
Per questo Glauco fu chiamato marino, ma appena incappò in una bestia marina fu
divorato da essa. Non essendo mai tornato, Glauco venne immaginato, da chi narra
di lui, che vivesse nel mare.
In questo modo viene interpretata principalmente in Palephatus Fabulam; ma
l'abilità del pescatore Glauco si fa apprezzare quando, sotto i gorghi del mare,
resta così tanto a lungo per cacciare.
Cola Pesce
Di un certo Catanese, che stava a Messina e
che veniva chiamato dal popolo Cola Pesce, si dice che nuotasse in acqua come un
pesce dalle mascelle forti e che alla fine ebbe il destino di morire tra i
vortici di Cariddi; era stimato dal popolo come un portento capace di immergersi
negli abissi marini.
Onde Aristide
scrive in Themistocle:
Comunque non dovrebbero
stare in mare per tutto il tempo, come per esempio Glauco, Antenodio e Sarone,
per cui viene dato il cognome di marino.
Eschilo qui
tradisce il tema di tutta la narrazione e accusa Glauco, in qualità di dio del
mare di aver indovinato molte cose, il che è confermato da Pausania nei Beoti,
nelle occasione in cui i marinai si erano impegnati a consultare l'oracolo e
che ci fosse riuscito grazie all'erba o alla gramigna che aveva mangiato (come
in Ovidio, Glauco racconta la stessa storia a Galatea); di ciò Ausonia conferma
nella Musella.
Nicandro nel primo degli Etolici afferma che Apollo ricevette l'abilità
della divinazione da Glauco, per la qual ragione Nicanore confonde Glauco con
Malicerta, del quale si veda Cipriano, in Idol vanitate, e Arnobio.
Tuttavia, ciò che indica la divinazione tra i pescatori è da indagare. Oltre a
Glauco, Igino rende divino Proteo, il quale legato in catene da Menelao, in
de Hecatombe, scongiura l'ira dei troiani grazie alla trucidazione di cento
armenti sugli altari; onde Proclo, nelle Leggi di Platone contro Socrate, chiama
lo sbeffeggiatore di Omero l'Angelico Proteo,
Posseduto da un
demone,
forse dallo stesso Virgilio,
Perché sei in Carpazia
vate nei gorghi di Nettuno
Ceruleo Proteo, che assomigli ad un grosso pesce
E nel contempo ad un uomo meteora del carro di Pegaso.
Ora hai visitato il porto di Emazia e la patria
Pallene; e sarai adorato dalle Ninfe, e dallo stesso
gran dio Nereo: poiché conosce ogni cosa
COSA SONO, COSA ERANO; che presto saranno cose future.
Queste cose sono
anche legate a Nereo e Tritone, che Macrobio elenca come posti sui frontoni dei
Templi di Saturno.
Eppure Lattanzio prende in giro quasi tutti questi uomini del passato, e nello
stesso tempo Arnobio e Luciano; dov'è la divinità tra le rocce? E cosa ne è
delle profezie degli oracoli? lascia andare via questi ragionamenti.
Apollodoro apre la questione dicendo:
Proteo il pescatore
conosceva i tempi della pesca e i luoghi dove si nascondevano i pesci; per
questo motivo ogni previsione è stata azzeccata con successo.
Palephatus insegna
queste cose, in cui similmente si impegnava Glauco.
Raccogliendo molti pesci in un posto, tenuto segreto, nella stagione invernale,
quando tutti gli altri pescatori non potevano catturare alcun pesce, lui solo
poteva pescare. Quindi promise ai cittadini che avrebbe pescato subito tutto il
pesce che avrebbero voluto. E naturalmente così fece.
Quindi non abbiamo affatto annoverato tra gli dei del mare Nereo, Tritorne,
Portunus e Sarone, perché erano infatti solo pescatori e marinai.
Andrea Cirino
1653
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