Libri de Piscibus Marinis
Libro XVI
Capitolo XX
Monaco marino
(Pesce con aspetto di monaco)
Tra i mostri marini che racconteremo
c'é quello che fu catturato nel mare tempestoso della
Norvegia e a cui é stato dato il nome di Monaco marino.
Questo mostro aveva un volto umano, rozzo e sgraziato, la testa rasata e liscia.
Sulle spalle aveva una sorta di cappuccio, come hanno i monaci. Aveva due lunghe
pinne al posto delle braccia, mentre l'estremità del corpo finiva con una ampia
coda.
La parte centrale del corpo era molto più corpulenta, e aveva le forme di una
casacca di tipo militare.
Questo ritratto mi fu dato in dono dall'illustrissima Margherita, regina
di Navarra, di splendida stirpe, ricca di intelligenza,
dottrina, virtù e pia pietà, che superò tutte le donne rispettabili e illustri
del suo tempo. Aveva ricevuto questa immagine da un nobile uomo,
che ne aveva portata una simile a Carlo V imperatore, che allora si trovava in
Spagna: disse alla regina di aver visto questo mostro catturato in Norvegia,
nella città di Diez vicino alla città di Denelopoch, dopo che era stato spinto a
riva dalle di una violenta tempesta.
Anche il medico Gisbert mi mostrò un'immagine dello stesso mostro che gli era stata
mandata dalla Norvegia romana, ma che differiva di poco dalla mia.
Per dirla come la penso, credo che alcuni particolari non veritieri siano stati
aggiunti dai pittori, in modo che la creatura potesse destare più meraviglia.
Propenderei, quindi, a considerare questo mostro con un volto umano
somigliante, in qualche modo, a quello di
una rana. Infatti, dietro la testa ci sono parti larghe su entrambi i
lati, corrispondenti alle scapole degli uomini, che vengono mosse da muscoli
simili alla forma di un cappuccio, come accade a noi quando vogliamo muovere le
scapole, vale a dire, in parte contraendoli, in parte sollevandoli, facendoli
somigliare, appunto, a dei cappucci dei monaci.
Mi viene da pensare, come già detto per le otarie, che non fosse ricoperto da squame, ma di una pelle dura e rugosa simile ad una corteccia.
Tra gli esseri del mare ci sono uomini marini e tritoni. Quale di questi sia la
bestia non sono in grado di affermarlo.
Dell'uomo marino Plinio ne parla nel libro
trentaduesimo e libro nono.
Autori dell'ordine equestre, affermano aver visto
nel mare di Cadice, un uomo marino, del tutto simile ad un uomo, aggrapparsi di
notte al bordo delle barche, facendole inclinare a causa della sua mole e se
restava aggrappato più a lungo le faceva affondare.
La stessa cosa vale per i tritoni. Il principe
Tiberio riferì che la delegazione olimpionica, inviata per appurare la loro
esistenza, aveva visto in una grotta un tritone, di cui si conosce l'aspetto,
che produceva una suono soffiando in una conchiglia.
Di questo essere ne parla Virgilio:
- La parte alta ha l'aspetto di un uomo, ma la parte inferiore è quello di un pesce.
Pausania ricorda d'aver visto nelle paludi romane un tritone con la testa,
specialmente il muso, a forma di rana, con peli e capelli dello stesso colore
che non si distinguevano fra loro; il corpo era squamoso, simile alla forma di
una squatina, con le branchie sotto le orecchie, il naso di un uomo,
la bocca grande con denti
acuminati, occhi grigio-azzurri, mani e dita con artigli simili a quelli delle
conchiglie. Al posto dei piedi aveva una coda, come
quella di un delfino.
Ma penso che tutto ciò sia fantasioso.
Ricordo che, quando ho parlato dei tonni, c'é anche un tritone pelamide.
Gulielmi Rondoletii
1554
Libri de Piscibus Marinis,
quibus verar Piscium effigies expresse sunt Liber XVI
Caput XX
De pisce monachi habitu
INTER marina mostra referemus & illud quod nostra state in Nortvegia captum est mari
procelloso, id quotquot viderut, statim monachi nome imposuerut: humana
facie esse videbatur, sed rustica & agresti, capite raso & levi, humeros
cotegebat veluti monachorum nostrorum cuculus. Pinnas duas longas pro
brachiis habebat. Pars infima in caudam latam definebat, media multo
erat latior, fagi militaris figura.
Hanc effigiem mihi dono dedit illustrissima
Margareta Navarre Regina, generis splendore, ingenij, doctrinae, virtutis,
fummae pietatis laudibus ita cumulata, ut omnes eius aetatis spectatas
illustres foeminas superarit. Ea à viro nobili effigiem hanc acceperat,
qui similem ad Carolum quintum Imperatorem in Hispania tum agentem
deferebat: ille reginae aftirmavit se monftrum hoc in Nortvegia captum
vidisse post gravissimas tempestates undis & fluctibus in litus eiectum,
locumque designabat Diezum iuxta oppidum Denelopoch. Eiusdem monstri picturam mihi ostendit
Gisbertus medicus ex eadem Nortvegia Roman ad se missam, quae pictura
nonnihil a mea differebat.
Quare, ut dicam, quod sentio, quaedam praeter
rei veritatem a pictoribus addita fuisse puto, ut res mirabiJior haberetur.
Crediderim igitur monstrum hoc humanam formam eo modo referre, quo pars
capitis ranarum: tum quia post caput partes erant utrinque latae,
hominum omoplatis respondentes, musculis movebantur, qui cuculli monachorum
figuram repraesentant , qualis in nobis spectatur secundus musculus
omoplatas movens, scilicet eas partim ad sese attrahens, partim
attollens, cuculli monachorum formam aptissime referens. Adhaec non squamis, sed cute dura & rugosa veluti
cortice contectum putarim quemadmodum de leone marino iam diximus.
Est inter belvas marinas homo marinus, est & triton. Harum
utravis belva sit quam proponimus, non affirmo.
De homine marino
Plinius libro trigesimo secundo, & libro IX.
Autores habeo
in equestri
ordine splendentes, visum ab his in Gaditano Oceano marinum hominem,
toto corpore absoluta similitudine, ascendere navigia nocturnis temporibus,
statimque degravari quas infederit partes, etsi diutius permaneat etiam
mergi. De tritone ibidem.
Tiberio Principi nuntiavit Olympponensium
legatio ob id missa visum, auditumque in quodam specu concha canentem
tritonem, qua noscitur forma. Dequo & Vergilius:
Frons hominem praefert, jn piscem definit alvus
Pausanias vero tritonem vidisse meminit Romae, capite specie co mofo, ut
ranis palustribus, etiam colore, ne discerni tamen capillus a capillo queat,
sed corpore squamoso, forma veluti squatinae, branchiis sub aures, nado
hominis, ore ampliore, dentibus ferinis, oculis glaucis, manibus, digitis,&
unguibus conchularum testis similibus, cauda subtus aluum vice pedum, ut
dclphini.
Quae fabulosa esse puto.
Est triton pelamydum generis magni,
cuius meminimus, quum de thunnis ageremus.
Gulielmi Rondoletii
1554
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