Canti popolari del Piemonte

LA PESCA DELL'ANELLO

 

 

A

Al lung de la riviera
duva si leva 'l sul
A  i sun tre giuvinote
ch'a l'àn el mal dl'amur.
Süzana la pi bela
l'è anda\ita a navighè;
Trament ch'a navigava
a l'à  perdù l'anel.
- O pescadur de l'unda,
l'anel vurie péscà?
- L'anel sarà  pescato,
ma vöi ésser  pagà.
Darò duzento scudi,
la borsa ricamà.
Vöi nen duzento scudi,
nè bursa ricamà;
Vöi ün bazin d'amure.
'L bazin sarà donà
(Villa-Castelnuo, Canavese. Cantata da contadine)

Traduzione.
Lungo la riviera dove si leva il sole, ci sono tre giovinette che hanno il mal dell'amore. Susanna, la più bella, è andata a navigare; mentre navigava ha perduto l'anello. - O pescator dell'onda, l'anello vorreste pescare? - L'anello sarà pescato, ma voglio esser pagato. - Darò duecento scudi, la borsa ricamata. - Non voglio duecento scudi nè borsa ricamata; voglio un bacio d'amore. - Il bacio sarà dato.

 

 

B
S'a j'ero dui fanci'illle,
tüte dui d'amur;
Una s' ciama Süzana
e l'altra Rozafiur.
Süzana, la più bela,
la sa tanto navighè;
"S'a l'à navigato tanto,
ch'a l'à perdù l'anel.
L'alza gli ochi dal mare,
la ved un pescatur.
- O pescatur del mare,
vrissi peschè-m l'anel?
- L'anel sarà pescato,
ma vöi ésser pagà.
- Vi darò ducento scudi,
e la bursa ricamà.
- Vöi pa li vostri scudi
nè la bursa ricamà;
Ma vöi un bazin d'amure,
un bazin mi srà donà.
- Un bazin mi pöss pa dè lo
quaicadün ci vederà.
- Ci bazerem di notte,
nessün ci vederà
- Di notte a i lüs la lüna,
la renderà splendur
(Graglia, Biella. Trasmessa da Bernardo Buscaglione)

C - (Ritornello: O mari bugiarì gniri li tum la la)
- O pescatur de l'unda,
vurì pescà·m l'anè?
- Sì, sì, v'lo pescheruma,
voruma esse pagà.
- Si, sì, vi pagheruma,
na bursa di danè.
- Noi non vogliamo tanto,
sul che un bazin d'amur.
(Frassineto-Po, Monferrato. Trasmessa da E. CASSONE)

D - (Ritornello: O Fedelin!)
Andand giù da quei munti,
'ndua tramunta 'l sul,
S'a sun tre bele fie,
tüte faite per l'amur.
Una si ciama Roza,
e l'autra Rozafiur.
La bela sü la barca,
la bela se ne va.
Vira j'ochi 'nvers lo mare,
l'à vist fin pescadur.
- O  pèscadur de l'onde,
peschè-m-je 'l me anelino
- L'anelin l'ài già  pěscato
voria esse ben pagà.
- Coz' vŏle mai ch'i paga,
che j'ŏ nè or nà argent
Lo che mi n'a voria,
l'è pa  nè or nè argento?
- Ma lo che mi voria,
l'è sul ch'un bazin d'amur.
(La Morra, Alba. Trasmessa da Tommaso Borgono)

E
In sima di quei munti,
duva ch'u s'leva 'l sul,
S'u'n gh'era tre bel fie,
j'era tüt tre d'amur.
J'una l'à nom Giülieta,
l'altra Rozin d'amur,
L'altra l'à nom Richeta,
ch'a l'à lo suo amur.
Giülieta ch'l'è pü brava,
i l'àn mandà a lavè.
Talment che l’è lavava,
l'anel u gh'à caschè.
Alsa gli oci al cielo,
no vede mai nissün;
Bassa gli oci al mare,
vede d'ün pescatur.
- O pescatur, ch'i pesca,
peschè 'n po' 'l mio anel.
- Mi sì ch'al pescheriva,
voriva vess  paghè.
- Vi  duno cento scüdi,
la bursa ricamè.
- Non voglio tanta roba,
gnianca tanti dinè;
- 'N bazin dla vostra buca,
e poi sarò paghè.
- Mi no, ch'a 'n voi chi 'm baza,
perchè u gh'è tropa gent.
- Vi bazerò di notte,
che insün u viderà.
- Coza dirà mia mama
ch'a m' sun lassè bazè?
- La mama a 'n dirà gnienta,
ch'i l'zn bazà anca lè.
- Fia d'ün molinaro,
mòglie d'om pescatur!
Ohimè, mi povra fia,
che j'ò perdù l'onur!
(Carbonara, Tortona. Trasmessa da Domenico Carbone)

F
La bela la va al fosso,
la va al fosso a lavà.
Intratant che la lava,
l'anello gh'è cascà.
Lè l'alza gli ochi al cielo,
la vede mai nissün;
La bassa gli ochi al mare,
la vede un pescadur.
- Pescadur, che peschi in mare,
lo mio anello voi pescar?
- O sì, sì, che lo pescaria,
ma voria vess pagà.
- Io vi dono cento scudi
e la bursa ricamà.
- No, danaro io non voria
nè la bursa ricamà.
Ün sul bacio brameria
e saria ben pagà.
- Ma coz' dirà la mama,
se mi sun stai bazà?
- Coz'  l'à da dir la mama?
Lè pür l'è stai bazà.
- Ma coz' dirà la gente,
se mi sun  stai bazà?
- Si  bazerem di notte,
nè alcün ci vederà.
- Ma la lüna l'è troppo chiara,
e qualcün ci vederà.
- Anderem fra mezzo un bosco
e nissün ci vederà.
- Ma la roza ch'i gh'ò in testa
di colur la cambierà,
Ed i miei capelli biundi,
ogni spino straccierà.
(Novara. Trasmessa da Gudenzio Caire)

G
- O pescator che peschi,
vieni a pescar di qua,
E pesca lo mio anello,
che m'è cascato in mar.
- Quando te l'ho pescato,
quanto tu mi vuoi dar?
- Cento zecchini d'oro,
na borsa di denaro
- Non vuo' zecchini d'oro,
nè borsa di denaro
Voglio un bacin d'amore,
se tu me lo vuoi dar.
Nel mentre che baciàvan,
gli apparve lo su pà
- Va a casa, bricconcella,
tu ma' te le vuo' dar
- O babbo mio, son morta,
 chi mi sotterrerà
- La compagnia de' gobbi
farà la carità.
(Ripafratta, Pisa. Trasmessa da Alessandro D'Ancona)

H - (Ritornello: Dimmelo, dammelo, caro mio ben)
Vi sono tre sorelle,
tutte tre d'amor
Rosina, la più bella,
si prese a navigar.
Nel navigar che fece,
le cadde l'anello in mar.
- O pescator dell'onda,
pesca l'anello in mar.
- Quando l'avrò pescato,
cosa m'avrai da dar?
- Cento zecchini d'oro
e la borsa ricamà.
- Non vuo' cento zecchini
nè  borsa ricamà;
Solo un bacin d'amore,
e tu me l'hai da dar.
- Cosa dirà lo mondo,
se ci vedran baciar)
Lo mondo non dirà niente;
amor ce lo fa far.
(Montagne di Lucca. Dettata da una cameriera)

 

 

Costantino Nigra
Torino
E. Loescher
1888

 

 


 

 

La pesca dell'anello caduto in acqua (per lo più nel mare) dalla mano d'una ragazza, è un tema che ha dato luogo, in Italia e fuori, a molti canti d'indole diversa. La congerie considerevole di questi canti si lascia però dividere in due serie distinte, cioè, la serie lieta delle barcarole Italiane, e la serie dolente delle canzoni Francesi.

Nella prima serie il tema si svolge molto semplicemente.
Una ragazza lascia cadere l'anello nell'onda. Chiede a un pescatore di pescarglielo. Il pescatore consente, ma vuole essere pagato. La ragazza offre denaro e la borsa ricamata. Il pescatore rifiuta denaro e borsa, e domanda come mercede, un bacio.
Secondo le varie lezioni, il bacio è accordato subito, o soltanto dopo risposta a varie obbiezioni, o è rifiutato, ovvero non si sa se sia accordato o rifiutato.
In alcune lezioni sopraggiunge il padre o la madre che manda la figliuola a casa, ove l'attende una correzione. In altre il pescatore promette, fra varie cose, la vesta meravigliosa di trentatre colori, che figura più a proposito nella canzone dei Falciatori. È questa una saldatura fuor di luogo, come quella del finale della Tomba della Rosettina, che si trova appiccicato in fondo alla lezione Istriana pubblicata da Ive.

Nella serie Francese la ragazza lascia cadere nell'acqua l'anello, o le chiavi d'oro, o altro; ma ordinariamente, quando perde o s'accorge d'aver perduto l'oggetto, è già salita sopra una barca dietro invito dei marinari. Chiede che le sia pescato, diremo l'anello, perché è l'oggetto più frequentemente designato. Il più giovane dei marinai, il galante, si getta nell'acqua.
Piomba una e due o tre volte; tocca l'anello, ma si annega. Compianto della madre, o del padre dell'annegato, e della bella.  Anche qui ci sono i soliti saldamenti nel finale con altre canzoni, dei quali è superfluo l'occuparsi.
Alcune lezioni si scostano nel finale da questo tema, per riavvicinarsi al tema Italiano. Altre poi hanno un finale del tutto diverso. La barcarola Italiana e la canzone Francese hanno esse la medesima origine? E nel caso affermativo, la redazione originaria à Italiana o Francese? E in ogni caso a qual fonte si deve far risalire questa prima redazione.

Lo studio intorno alla canzone Francese Le plongeur e alle leggende che vi si possono riferire fu iniziato nel giornale Parigino Melusine, che pubblicò già sull'argomento quattordici lezioni e commenti, e continuerà ad accumulare i materiali per un giudizio competente e finale. La questione è dunque aperta nelle colonne di quel periodico specialmente destinato agli studii di letteratura popolare, dove sarà senza dubbio trattata coll'attenzione che merita. Qui ci limitiamo ad apportare, colle lezioni Italiane ora pubblicate, alcuni nuovi elementi di studio. La prima cosa da farsi sarà di sfrondare con cura tutti i germogli illegittimi, che crebbero intorno al ceppo genuino del canto. Così, per esempio, una parte considerevole delle lezioni Francesi comincia coll'introduzione nella barca della fanciulla, ivi attratta dal canto dei marinai. Ora questo è il tema d'un'altra canzone ben nota in Francia e in Italia, della quale pubblicai una lezione Piemontese fin dal 1861 nella Rivista contemporanea col titolo Il Corsaro , riprodotta nella presente raccolta sotto il n° 14.

Spogliato cosi di ciò che non gli appartiene, il tema si semplifica assai.
Una donna, nubile o maritata, lascia cadere un anello in mare. Un pescatore, o marinaio, per mercede d'un bacio, o per amore, si getta nell'onde.  Secondo la versione Italiana, egli pesca l'anello, e ne ha, o non ne ha il compenso. Secondo la versione Francese, si annega.
In quest'ultima forma, il tema parve a taluni avere qualche lontana relazione colla leggenda dell'uomo-pesce, incarnata nel Pugliese, Messinese, o Catanese Nicola-Pesce, detto C
ola-Pesce, la quale, per suggerimento di Goethe, fornì a Schiller l'argomento d'una delle sue celebri ballate.
Questo
Nicola-Pesce, narrano le leggende, fu condannato per maledizione della madre a vivere nell'acqua. Secondo una di queste leggende il re Federico II di Sicilia gettò nel golfo di Cariddi una coppa d'oro e ordinò a Cola-Pesce d'andare a prenderla. Cola-Pesce piombò nell'abisso e tornò a galla colla coppa.
Una seconda volta il re gettò un'altra coppa con una borsa piena d'oro. Cola Pesce disse al re che questa volta, se gli si ordinava di gettarsi di nuovo al fondo del mare, non potrebbe più ritornare.
Ma il re avendo insistito, Cola-Pesce piombò, e non tornò più.
Nella tradizione popolare tuttora vivente a Napoli, la coppa d'oro à sostituita da una palla di cannone.


Chi voglia studiare le fonti e le trasformazioni di questa leggenda troverà una guida istrutta nell'ULLRICH, che pubblicò sulla materia un lavoro interessante, riprodotto in sostanza nel  N° lO del II  volume di Melusine (5 gennaio 1885)  e in BENEDETTO CROCE, che' se ne occupò in un articolo inserito nel Giambattista Basile del 15 giugno 1885 (Anno III, nO 70), riprodotto egualmente in traduzione Francese, nella Melusine del 5 febbraio 1886 (T. III, n° 2).
Se fosse provato che la canzone della Pesca dell’anello ha veramente una relazione d'origine colla leggenda di Cola-Pesce, noi potremmo con qualche ragione rivendicarne l'origine all'Italia, alla quale appartiene senza dubbio la leggenda.

La canzone in Italia ha preso due forme, a vero dire poco dissimili l'una dall'altra. Nell'una si pesca l'anello, nell'altra si pescano gli orecchini.
Le lezioni Italiane a me note, sono per ordine di data:
Una, d'origine probabilmente Veneziana, pubblicata negli Altdeutsche Wälder, due Veneziane (benchè una sia stata raccolta a Roma),  inserite nell'Egeria; una Veronese pubblicata da Righi; due Venete (la seconda con un finale spurio) da WIDTER-WOLF; una dell'alto Monferrato (pesca degli orecchini) da FERRARO; una Sannita, una Romanesca, una Napoletana, una Veneziana, una Pistoiese e una Avellinese (le due prime col tratto, in fine, della vesta dai trentatre colori) daImbriani; una Veneziana, da Bernoni; una Marchigiana da GIANANDREA (col tratto finale della vesta di trentasei colori); una Fiorentina e una Beneyentana da CORAZZINI; due Emiliane da Ferraro,  una Istriana da IVE; un frammento Umbro da MAZZATINTI; una del basso Monferrato da Ferraro. Alle quali si devono aggiungere ora quelle pubblicate in questa raccolta. Tralascio i fogli volanti, che molto tempo prima delle edizioni dei raccoglitori, giravano, come girano ancora, sulle piazze di tutta Italia. La canzone è specialmente popolare a Venezia, e da Venezia sembrano essere passate nelle altre parti d'Italia le lezioni che si cantano col ritornello Fedelin.

Delle lezioni Francesi posso ricordare le seguenti: Una Normanna pubblicata da BEAUREPAIRE, nella quale c'è la confusione colla canzone del Corsaro (la ragazza che salita in barca si uccide per conservarsi intatta); una della Sciampagna da Champefleury; una Messina da Puymaigre; una del Poitou e una dell'Angoumois da BUJEAUD (nella prima delle quali invece dell'anello si pescano le chiavi d'oro); una del Velay e Forez da SMITh; una dell'Angoumois rmagnac da Bhjeaud; una Normanna da LEGRAND; una Franco-brettona da TAUSSERAT; una Normanna da FLEURY; una Franco-brettona da DECOMBE; due inserite nella Revue des traditions poprilaires; e quattordici, di differenti luoghi, pubblicate nella Melusine.
Non ho sotto gli occhi le due lezioni pubblicate da GAGNON coi titoli Isabeau s'y proméne, e C’etait une fregate. La  Revue  des traditions populaires (I, 176) dà il sunto d'una lezione raccolta in Havatan nell'Asia minore.
Nelle lezioni Piemontesi più conservate il metro è il doppio settenario piano-tronco, coll'assonanza nei tronchi. Nella canzone della Pesca degli orecchini, il settenario cede all'ottonario.

 

Costantino Nigra
1888

 

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