L'HOGGIDI'
overo
Il mondo non peggiore, né più Calamitoso del passato
Parte Prima
DISINGANNO XLIX
Che diversi spaventevoli Avvenimenti, Prodigij, Portenti, Mostri, e miracoli di natura,
in ognitempo si viddero, ò intesero, ne HOGGIDI, ò più spesso, ò più grandi
de'nostri Progenitori vediamo, ò intendiamo.
Non hà dubbio alcuno, che si come la rarità, o novità delle cose, le quali o dopo
grand'intervallo di tempo, ò in molta distanza di luogo da chi le vede, o
se ne, avvengono, cagiona ne' mortali per lo più la maraviglia, cosi è
certo, che la maraviglia, e particolarmente smoderata origina
dall'Ignoranza; e che da questa poi, se non m'inganno, quasi da Madre
fecondissima sono conceputi, e partoriti tanti HOGGIDI, che s'odono per
tutto 'l Mondo.
Racconta Seneca, che pregato una volta Socrate dal Re Archelao, che andasse
da lui, Socrate gli mandò per risposta, che non voleva andare a ricevere
beneficìj da uno, al quale non poteva poi rendere la pariglia. Hor viene
biasimato da Seneca questo Filosofo, posciache se questi non haveva forze da
mostrarsi grato al Re con altri presenti, e donativi quali, e quanti da
questo riceverne credeva, era però atto, e bastevole contracambiarlo con
insegnarli la Filosofia, od altro, essendo il Re per molto grossolano, e
goffo si faceva conoscere.
Laonde occorrendo una volta l'Ecclisse del Sole non sapendo da che
procedesséro quelle ténebre all'improviso, fece tutto attonito serrare
subito le porte del Palazzo, e tosare, e radere il figliuolo, anche fare
soleva venirsi nel tempo di pianto, e d'avversità grandissima. Parcua, dice
Seneca, per avventura poco Socrate, quando havesse dato a conoscere a quel
Re, quanto fosse irragionevole il timor di lui, stando, che quell'oscuratezza
del Sole non era mancamento, o svenimento alcuno nel corpo del medesimo
Sole, ne punto contr'al corso, & ordine della Natura, & in somma avvenimento
non insolito; ma supposto il moto di quelle sfere, i siti, o luoghi di que'
Pianeti, & altre tali particolarità a i mezanamente dotti huomini
manifeste, quelle tenebre venivano ad essere cagioni necessarie, necessario
effetto.
Simigliante o timore, o gridore si vede, o sente tutto dì al Mondo, quando
la Natura adopera quello, che suole, benché di rado, e deve; ma molto più
quando anch'ella vuole tal'hora prendersi un poco di ricreatione, e di
sollazzo, uscendo fuori del consueto suo a farsi vedere da chi non apre mai
gli occhi per considerare quanto ella di continuo fà in servigio di ciò,
che vive, e che non vive, e facendo mille giuochi, e scherzi mostra, che in
lei vanno di pari il sapere, & il potere.
Quando dunque appresentansi cose tali, che più rade volte occorrono, agli
occhi, o all'orechìe della maggior parte de gli huomini. Eccotegli o
spaventati dire.
Mai più succedettero, ò s'udirono si gran cose, che HOGGIDI succedono, e si
sentono: Overo, che sono impossibili, contrarie alla ragione, al senso, a
che non deve loro prestar fede.
Mercé, non so qual più o l'ignoranza di non penetrare quanta sia la potenza
della Natura, o l'esser poco versati ne' libri, che raccontano infinite cose
dell'istessa sorte, o maggior accadute ne gli andati tempi, che quelle, che
HOGGlDI accadono, Noi dunque tralasciando a i Filosofi la carica di rendere
la ragione a chi la desidera, come mai con le forze della Natura si formi
questo o quell'altro Prodigio, o Mostro, o che sia, c'habbia dello strano,
passeremo a raccontarne con brevità di questi rimescolatamente anzi, che no,
altr'ordine osservando, che del tempo usato.
Affine, che scorrendo questa farraggine, o miscuglio, d'avvenimenti non
ordinari tanto o quanto scemino pure gli HOGGIDIani lo stupore, o 'l dolore
d'esser nati al Mondo in un'Età, nella quale si veggono, o s'odono tante
cose stravaganti apparse, o colà sù nell'aria, o qua giù nella terra, o
nell'acqua, o negli huomini stessi, riputate comunemente segni delle
calamità presenti, o d'avvenire, de' peccati enormi di questo secolo sopra
quelli del passato, e in somma inditij, e argomenti certissimi del
soprastante fine al Mondo, e cominciò a credere un poco, che non ci é
occasione di conturbarli tanto, essendo, che non HOGGIDI solamente, ma
sempre si viddero, e si udirono cose tali.
[...]
Nella Germania sù la meza notte nel mese di Luglio sì levò un turbine, o
temporale si fìero, che sradicò gli alberi, e gettò di lontano le case
intere.
Verso la Germania fu veduto da molti un'huomo marino, e vi si trattenne da
due anni. Era muto, e già cominciava a parlare, quando due volte tocco dalla
peste tornò ad habitare il Mare.
Vicino al Castello Munckperge piovvero pietre grosse come uova di gallina,
vedendosi in esse volti d'huomini (Linthur)
Intorno al medesimo tempo fu detto, che nella Puglia i Corvi e gli Avoltoi havevano
combattuto nell'aria con tanta contentione, e moltitudine di loro, che de'
caduti, e morti se n'erano dodici carra empiute.
Pesce Colano
Nelle riviere della Sicilia era un'huomo, c'hebbe nome
Pesce Colano sino dalla
fanciullezza sì inclinato a star fra l'onde marine, che vi dimorava giorno,
e notte allegramente, sarebbe durato nuotando 50 stadii facendosi incontro
amorevolmente a' naviganti, e vivendo con grand'ansietà fuori dal mare.
Proposto il premio dal Re Alfonso a molti nuotatori, saltando anch'egli in
mare, non si vidde più.
Una fanciulla ita alle nozze diventò huomo, e per ordine del Papa fu sciolto
il matrimonio.
Una donna congiungendosi carnalmente con un cane, partorì un cane. Rafaello
Volterrano rende testimonianza di veduta.
Alle rive del Reno appresso il Castello Ensherim adì 26 novembre cadde dal
Cielo un sasso triangolare di 300 libre.
Nacque in Padova un bambino con due teste, e visse alquante hore; l'una e
l'altra di quelle teste co'l suo collo dalla parte superiore del petto si
sospendeano di maniera, che ciascheduna di loro a tutto il corpo parea
bastante, e propria, et era l'un volto, e l'altro della medesima forma.
Due giovanette Francesca, e Carla figliuole di Lodovico Guarna Salernitano
di 15 anni date a marito, mandarono fuori i membri come huomini, e huomini
poi, chiamati Francesco, e Carlo furono tenuti sempre. Ad un'altra fanciulla
avvenne il medesimo in Eubolo.
[...]
D. Secondo
Lancellotto da Perugia
1680
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