Come è risaputo esistono tante versioni della leggenda di Colapesce
(Nicola che era mezzo uomo e mezzo pesce e viveva lungo le rive dello stretto di Messina). E la leggenda
di Colapesce da secoli è stata raccontata in tante versioni sia in Sicilia sia in Europa. Su iniziativa
del Museo di cultura e musica popolare dei Peloritani di Gesso e dell’Associazione
culturale “Kiklos” in collaborazione con l’Associazione culturale italo-tedesca di Messina,
è stata presentata al Palacultura “Antonello”, sabato 24 novembre, una vera e propria rivisitazione della mitica leggenda di Colapesce.
L’iniziativa fortemente voluta dal console generale di Germania Christian Much e con il coordinamento e
la supervisione dell’etnomusicologo Mario Sarica, ha visto impegnato il gruppo musicale “Kàlamos Ensemble”,
composto da sei musicisti di Galati Mamertino in provincia di Messina, che ormai da diversi anni è impegnato
nella ricerca sui canti popolari e nella contaminazione tra musica popolare e musica colta e nella valorizzazione
e riscoperta degli strumenti musicali siciliani di tradizione con particolare riferimento ai fiati pastorali.
Ma torniamo a Colapesce. Leggiamo nell’opuscolo preparato per lo spettacolo che il console Much ha suggerito “
di affidare ai talentuosi musicisti di Galati Mamertino la ‘missione speciale’ di rivisitare la leggenda di Colapesce,
secondo un inedito e felice approccio sulle fonti storico-letterarie, dalla Sicilia alla Germania, a lui note attraverso
una ricerca del prof. Nino Campagna” di origini messinesi.
Lo studioso ha condotto una ricerca sulle riscritture della leggenda con particolare riferimento a Friedrich Schiller
con la sua ballata “Il tuffatore” e al poeta dello Sturm und Drang Franz von Kleist che, nel 1792, pubblicò a Berlino il
poemetto in versi “Nikolaus der Taucher”.
Possiamo dire, dopo aver visto lo spettacolo, che la “missione speciale” affidata ai musicisti di Galati Mamertino è
perfettamente riuscita ed è stata apprezzata dal pubblico.
Il gruppo di Galati è entrato, anche da un punto di vista linguistico, all’interno dei testi di Calvino, Schiller e
von Kleist creando un vero e proprio intreccio linguistico che di fatto è stato sempre presente nella cultura europea
e in quella siciliana. Un intreccio anche tra la tradizione orale popolare e la scrittura colta degli autori tedeschi
e di Italo Calvino.
Per quanto riguarda la narrazione e la musica, il gruppo si è affidato alla forma usata in Sicilia dai cantastorie e
non poteva quindi mancare un telone con 10 riquadri con le immagini della leggenda con bellissime illustrazioni
pittoriche di Cristina Ipsaro Passione.
Il suono della brogna (la conchiglia che suona) abilmente suonata da Salvo Anastasi, ha dato il via allo spettacolo.
La storia dell’uomo-pesce (Cola) è stata riscritta da Pinello Drago, in dialetto siciliano di Galati Mamertino:
“ ‘Na vota a Missina c’era ‘na mamma ch’aveva un figghiu chi si chiamava Cola…vuleva rrivari sempri cchiu luntanu…
puteva natari chi pisci di lu mari…incredulo u Suvranu lu faci circari…chi u Re cci vuleva parrari”.
E Pinello Drago, leader del gruppo, è anche l’autore delle musiche originali nonché costruttore di molti strumenti
dalla zampogna a paro alla cornamusa ai vari flauti di canna.
Abbiamo potuto apprezzare Pinello Drago come voce narrante e in vari canti e le bravissime Francesca Anastasi nel
canto e Andreina Drago nel canto ma anche nel suono della cornamusa.
Di grande impatto l’intreccio vocale dei canti in dialetto siciliano, in italiano e in tedesco.
Bravissimi tutti i componenti del gruppo: i già citati Pinello Drago, Francesca Anastasi, Andreina Drago e i
polistrumentisti Salvo Anastasi al flauto diritto, di canna semplice, doppio e triplo, zampogna a paro, mandolino,
canto, bifira ad ancia semplice e Giuseppe Baglio al flauto diritto, alla zampogna a paro e al tamburello.
Molto bello il decimo canto finale:
“Menzu a lu mari c’eni Cola Pisci
chi teni supra i spaddi tutta quanta la
città (Messina)
Cola, Cola figghiu di lu mari
lassasti a terraferma pi ti mettiri a natari.
Salvasti la to
genti Cola Pisci
sacrificannu la to vita sutta ‘nfunnu u mari”.
Una grande immersione nella natura buona
e selvaggia ad un tempo, una bella riflessione anche di carattere ecologico sulle bellezze dello stretto da tutelare
e salvaguardare. E la bella considerazione finale da von Kleist e da Calvino:
“Proviamo compassione per i mortali
e rendiamo omaggio al fatto che spesso l’individuo muore per il bene comune…Oh Messina, Messina! Un dì sarai regina!”.
Bella considerazione particolarmente attuale per la nostra città in cui i beni comuni non sono certo tutelati.
Uno spettacolo di grande livello, una vera e propria chicca, che meriterebbe essere presentato non solo in Sicilia
ma anche in altre parti d’Italia e in Germania perché di cultura europea si tratta.
Il gruppo “Kàlamos Ensemble” va sempre più affermandosi come un
gruppo di eccellenza nel panorama musicale siciliano