In questa nuova proposta di mostra,
si parlerà dell’uomo e del mare, di questo favoloso connubio, per certi versi inscindibile, dove le numerose trame tra questi due elementi si sono intrecciate nei secoli
dando vita a leggende e storie di Dei, pescatori, sirene, viaggiatori, eroi e marinai.
Si percorreranno le trame della bella leggenda siciliana che forse ancora non tutti conoscono, quella di Colapesce, un antico racconto dalla notevole notorietà storico-letteraria, e a vasta diffusione geografica,
della quale vi sono numerose versioni e di cui si sono occupati numerosi scrittori sin dall’antichità.
La leggenda racconta di un giovane siciliano (natator incredibilis, nella versione del XVI di Francesco Maurolico) che
amava a tal punto il mare da passarvi la maggior parte della sua
giornata. Si dice inoltre che, nelle sue immersioni, aiutasse i marinai
a disincagliare le reti e che intervenisse nei momenti di difficoltà.
La madre, irata dalla continua assenza del figlio, gli scagliò la
maledizione di divenire egli stesso un pesce. La sua capacità di poter
stare molto tempo sott’acqua, giunse un giorno alle orecchie del Re
(che nella maggior parte delle versioni pare essere Re Federico II di
Svevia, presente nello stretto di Messina nel 1221, mentre
nelle più antiche versioni, come quelle di Walter Mapes e di Gervasius
de Tilbury, è un Re normanno come Guglielmo o Ruggero.
In realtà il Re della leggenda dovrebbe essere
Ruggero II; infatti, come scrive Salvo Di Matteo, nella sua ultima stesura di Historia Siciliana, la prima comparsa della leggenda di Colapesce si ritrova nell’inglese Gualtiero Map, che verso la fine del 1100 per primo la raccolse nelle sue
Nugae curialum;
ed è pertanto evidente che il Re citato doveva essere precedente a
quest’epoca.
False quindi le attribuzioni successive a Federico II e
perfino a Carlo V, datando nella tradizione l’epoca della leggenda al
’200 al ’300 o al ’500).
Quest’ultimo lo mette dunque alla prova,
facendogli recuperare sotto il mare profondo degli oggetti preziosi
(coppa d’oro, anello, corona o tazza d’oro come si narra Negli Annali di Caio Domenico Gallo nel sec. XVIII), ecc. a seconda delle varie versioni, sino allo stremare.
In altre versioni si narra invece che Colapesce (uomo–anfibio) sia tutt’ora sotto il mare a sorreggere una delle tre colonne, oramai obsolete, che sorreggono l’isola.
Il
tema trattato nella sua apparente semplicità, è ricco di antecedenti
classici la cui presenza è da ricondurre ad una migrazione di temi
analoghi dall’Ellade e dal mondo egeo-minoico alla Magna Grecia, ma
anche ad archetipi mitologici che risalgono fino al mito poseidonico e
del Dio del mare Nettuno.
Ciò che rende la leggenda di Colapesce
importante dal punto di vista antropologico, oltre che simboleggiare
l’universale sfida tra l’uomo e il mare, è il tema della “prova di
coraggio “ voluta dal Re, con la quale il protagonista potrebbe
riscattare la sua posizione di subalterno uomo che viene dal popolo,
sposandone la figlia.
Sono
numerose, nelle varie stesure della leggenda, le conclusioni e le
morali, ma la cosa straordinaria è che la storia di Nicola cosiddetto Colapesce ha entusiasmato e incuriosito adulti e bambini sino ad oggi.
Per
ciò che concerne la mostra, sono rimasugli di latta e legni, ferraglie
accostate raccolte negli attuali fondali marini dalle reti dei
pescatori quelli che utilizza Giusto Sucato per realizzare i suoi
singolari pesci, quasi un SOS, una denuncia ad avere più cura dei
nostri mari quello che lancia l’artista siciliano.
I lavori realizzati
da Nicasio Pizzolato sono invece realizzati con gretti di sabbia e
parti essiccate di veri pesci, pannelli stretti e lunghi che alloggiano
i risultati di una pesca miracolosa.
Storie di fondali marini e uomini
antichi, sono garbatamente raccontati con colori tenui e giochi di
trasparenze nelle tele di Giuliana Guarrata, mentre grovigli di pesci e
alghe marine scandiscono l’incisione di Maria Grazia Carollo.
Naire
Feo, abbraccia la versione fatta da Italo Calvino per la quale Colapesce
regge ancora l’isola siciliana con tenacia, “poiché Messina è
fabbricata su uno scoglio, e questo scoglio poggia su tre colonne una
sana, una scheggiata e una rotta”. Forse nei fondali marini Colapesce
illumina le tre colonne da sorreggere con una lampada fioca ad essa
infatti si è ispirata l’artista Simona Cusenza, intrecciando reti
metalliche, fili e pesci appesi all’amo.
Ancora
pesci, questa volta proposti in cassetta e realizzati con materiale di
riciclo, quelli proposti da Umberto Benanti. Sono storie di uomini e di
pesci nelle scritte realizzate con i colori del mare nella tela di
Agostino Tulumello.
Troviamo invece brevi dialoghi sulla storia di Colapesce
nei quattro piccoli deliziosi libri realizzati a mano da Martha
Nieuwenhuijs.
E’ la passione del cantastorie quella che ci propone
Nicola Figlia: il racconto dell’uomo –pesce suddiviso in fotogrammi illustrati.
Totò Mineo dà una versione di Colapesce
quasi aliena e senza colori, una sagoma ricucita sulla tavola, assorta
nella contemplazione, direi un’opera quasi autobiografica.
Valeria Troja espone due pesci scultura in tessuto con squame realizzate con
bottoni colorati. Sempre sul tema dell’uomo e il mare, in questo caso,
come ultima sponda contro i mali dell’amore, il cortometraggio
realizzato con la regia di Claudia La Bianca, soggetto e sceneggiatura
di Paolo Pintacuda: ” Il cuore dentro al mare”.
Sono inoltre inserite
in questo percorso, alla scoperta di cosa avrebbe potuto ispirare
questo tema, le fotografie del Gruppo Sinestetico e di Gianluca Scordo
egli stesso Sinesteta; ma anche le tele di Antonina D’amato, la borsa
di Caterina Guttuso e le sirene dell’ illustratrice Barbara Sirtoli .
E per chi fosse entusiasmato e incuriosito dall’argomento, segnalo il sito molto interessante
www.colapisci.it realizzato dal prof. Alberto Biondi.
Arch. Filli Cusenza