Gli atti del convegno
internazionale su lingua, letteratura e civiltà marina a Spalato
La leggenda di Colapesce dalla
Sicilia alla Croazia
Colapesce, il fantastico uomo-anfibio su cui si è
andata via via costruendo la più grande leggenda del mare, continua
a essere oggetto di interesse da parte degli studiosi che tentano di
spiegarne il senso e le origini.
La leggenda colaiana è registrata, sia pure con
moltissime varianti e citazioni più o meno palesi tanto nella
letteratura dotta quanto nelle tradìzionì popolari, in tutto il
bacino del Mediterraneo, soprattutto lungo le zone rivierasche e
insulari di Italia, Spagna, Francia e Grecia. Diverse regioni e più
di una città italiana si contendono i natali di Colapesce, c'è chi
lo dice pugliese o siciliano, chi lo fa originario di Catania, Bari,
Napoli e Messina. Ma il suo costante o perlomeno più frequente campo
d'azione è tuttavia l'insidioso tratto di mare che divide Sicilia e
Calabria, lo Stretto di Messina appunto, le cui acque sono un
palcoscenico ideale per il meraviglioso.
Sul fantasioso personaggio di Colapesce, in questi
ultimi anni, Sergio Palumbo ha compiuto approfonditi studi, specie
sulle più antiche fonti medievali, allargando nel contempo gli
orizzonti della ricerca alle ambientazioni o ai riferimenti
internazionali anche in rapporto alla più recente narrativa (da
Raffaele La Capria alla spagnola Carmen Riera) proprio per
dimostrare la sorprendente notorietà storico-letteraria e la vasta
diffusione geografica della leggenda e come la facoltà mitopoietica
del prodigioso palombaro continua a produrre i suoi effetti sul
piano creativo andando a incrementare una letteratura già
particolarmente consistente.
Ora il saggio di Palumbo Colapesce: la più grande
leggenda del mare è inserito nel volume «... E c'è di mezzo il mare:
lingua, letteratura e civiltà marina» a cura di Bart Van den Bossche,
Michel Bastiaensen e Corinna Salvatori Lonergan. Si tratta una cospicua opera, anche per mole, in due
tomi, con un intervento introduttivo dello scrittore Claudio Magris,
recentemente pubblicata dall'editore Franco Cesati, che raccoglie
gli atti dell'omonimo convegno scientifico svoltosi a Spalato, in
Croazia, nell'agosto di quattro anni fa per iniziativa dell'Aipi
(Associazione internazìonale professori di italiano).
L'autore in
quest'ultimo saggio dedicato a Colapesce riprende suoi precedenti
lavori sul medesimo tema e ribadisce un'ipotesi suggestiva, vale a
dire che sulla base di segnalazioni documentarie anteriori al
periodo normanno, come per esempio un bestiario bizantino, nella
figura di Colapesce confluiscono diversi elementi culturali tali da
aver reso nel tempo assai composita questa materia e non esclude che
l'origine dell'uomo-anfibio si possa associare al delfino, positivo
simbolo equòreo nella classicità e attributo del dio del mare
Poseidone, e che a monte della leggenda possa esserci un mito.
«Più che a quello sirenaico - scrive Palumbo -, il
mito di Colapesce si aggancia a quello poseìdonìco-nettunìano, su
cui poi furono modellate le novelle religiose cristiàne e su cui si
sviluppò la leggenda siciliana dell'uomo-pesce narrata da Salimbene
da Parma. I marinai sostituirono gli dèi pagani e i mitici numi
marini con i santi cristiani. San Nicola da Bari, che spiegherebbe
il nome dell'anfibio siciliano, era ritenuto nel medioevo un Nettuno
cristiano, un vero e proprio successore di Poseidone».
Alle spalle di Colapesce, dunque, potrebbe esserci,
per quanto concerne l'elemento «mìtologico» della leggenda, Glauco,
un nume marino che prese le sembianze del «Vecchio del mare» e il
cui culto dalla Grecia si sarebbe poi irradiato nel resto del
Mediterraneo. E che il mito di Glauco, o almeno una sua derivazione,
si possa inglobare, a buon diritto, tra quelli dello Stretto di
Messina, è confermato dall'infelice storia d'amore del nume marino
con Scilla, narrata da Ovidio, che culmina con la metamorfosi della
ninfa nel mostro a guardia dei due mari.
«Il mito colaiano - sostiene Palumbo -, anche se
ridotto nel tempo a semplice favola popolare, ha continuato a
simboleggiare l'universale sfida tra l'uomo e il mare. Superare un
limite considerato invalicabile può far mutare l'aspetto di un uomo
in un mostro o portento.
Colapesce, leggendario modello di lunga permanenza in
mare o di resistenza umana sott'acqua in apnea, una sorta di Peter
Pan sommozzatore, rappresenta il tuffatore par excellence».
Romano Belladonna
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