- N. T. - La leggenda si fa realtà di Mimma
Pugliese Alla base dello sperone di Capo Vaticano, attaccato alla roccia antica, sorge Ciaramiti: quattro case ed un forno sospesi tra cielo e mare, con una vista che ti toglie il fiato per la sua bellezza. In ogni stagione, i rossi tramonti illuminano la chiesetta, in prima fila, con il gruppo di casette alle spalle come una chioccia con i suoi pulcini. Paese antico, rimasto sempre uguale, non ce l’ha fatta a crescere per i tanti figli dovuti andare via per un lavoro: in Argentina, in Svizzera a Torino, tutti con la voglia di tornare anche per qualche giorno. Per molti il desiderio rimane inappagato, ma per uno no, uno è ritornato davvero e per sempre. Dopo tanti anni di “esilio” a Torino è scappato con la complicità della moglie, pure lei innamorata di Ciaramiti. “I figli sono grandi, se ne vanno in giro per il mondo e noi che ci facciamo qui in questa nebbia? Fra questi forestieri…..”il richiamo è forte si parte, si ritorna. Nell’antica casetta c’è tutto e se ti affacci alla finestra, lì a due passi c’è il mare col suo azzurro infinito che ti invita, che ti chiama perché è il tuo elemento naturale. Colapesce cosi vogliamo chiamare questo personaggio che sa di mito e di leggenda, ogni giorno da primavera fino in autunno, si immerge con un rito antico, sistematico, perché nel mare trova la sua vera dimensione. D’inverno, lo vedi là, sulla spiaggia con lo sguardo perso nell’orizzonte, ad annusare l’aria e nutrirsi degli aliti delle onde spumose. Da Formicoli a Torre Marino quel mare lo conosce tutto, ogni scoglio, ogni anfratto, ogni fossa, lo ha setacciato palmo a palmo, nelle ore mattutine, quando parte dalla spiaggia deserta, in cerca di polpi con la piccola fiocina e le mani nude. Il suo corpo trasformato dagli anni, nell’acqua diventa leggero, saettante e il mare lo abbraccia e se lo porta. Non c’è una volta che ritorni senza preda, che non è frutto di caccia vorace, ma quasi un tributo che il mare gli vuole rendere. Quando ritorna a riva qualcuno si avvicina curioso per osservare i tentacoli danzanti dei polpi che pendono dalle sue mani, ogni giorno come sempre da sessanta e più anni. Si perché anche quando le difficoltà erano tante Cola ritornava ogni estate da Torino per godersi il suo mare. Ora può farlo tutto l’anno come quando era piccolo e non pensava mai di allontanarsi. Nei suoi occhi rotondi luminosi e profondi si specchia l’azzurro dell’acqua e brillano di gioia ogni volta che traballante col ventre dilatato, emerge come un anfibio nato dall’acqua ed appartenente all’acqua. Luglio 2005 |
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