Colapesce
Il primo ad oocuparsi di
Colapescefu un poeta provenzale vissuto nella seconda metà del
secolo XII, Raimon Jordan, per il quale Nichola de Bar è un
uomo che vive da pesce (particolari della leggenda di Colapesce
rimandano ad alcuni fatti miracolosi operati da S. Nicola di Bari
che, durante le tempeste, lascia il porto e, scrive Giuseppe Pitré,
cammina sulle onde con iscarpe d'erbe di mare, e col braccio
invisibile conduce a luogo di sicurezza i piloti che l'hanno
invocato).
Non è un caso, quindi, che Colapesce faccia la sua prima apparizione
nella tradizione scritta come Nichola e che col nome di
Nicola (o
Cola) sia indicato poi nella tradizione scritta e orale.
I pescatori messinesi, ad esempio,venerano S. Nicola nella chiesa di
Ganzirri a lui dedicata.
Tra il XII e il XIII secolo, per il monaco inglese Walter Mapes,
Nicolaus è un uomo che rimane a lungo
immerso nel mare senza bisogno di respirare, intento ad esplorare il
fondo marino alla ricerca di oggetti da riportare alla luce.
Nel 1210, per l'inglese Gervasius da Tilbury
Nicolaus è
soprannominato Papa era un abile marinaio, pugliese di
nascita, che il re Ruggero II costringe a scendere nel mare del
Faro per esplorarne gli abissi (particolare interessante e unico, ai
naviganti di passaggio Nicolaus chiede dell'olio per poter osservare
meglio il fondo marino. In passato, i pescatori messinesi versavano
in mare dell'olio, detto chjarìa, per
rendere visibile il fondo marino durante la pesca dei polpi).
Nel resoconto tramandatoci da fra Salimbene de Adam da Parma,
Cola (Nicola) è un pescatore messinese vissuto nel sec. XIII.
Il re della Sicilia Federico Il, che nel 1233 si trovava con la sua
nave alla fonda nello Stretto di Messina, volendo mettere alla prova
la sua valentia, lo costringe a scendere più volte nel fondo del
Faro per portare alla luce una coppa d'oro lanciata in un luogo dove
i gorghi risucchiano le navi, Nicola scende e pesca la coppa.
Il re,
sbalordito, rilancia la coppa in un tratto di mare più profondo e
ordina al nuotatore di andar giù per la seconda volta. Cola
riemerge nuovamente con la coppa che viene ancora lanciata da
Federico, in una zona ancora più profonda. Colapesce si immerge per
la terza volta ma non torna più alla superficie.
Più tardi, qualcuno
narrò che durante la ricerca della coppa si era accorto che una
delle tre colonne che reggono la Sicilia stava cedendo.
Ancora oggi
egli è là, sotto Capo Peloro, a fare da colonna per salvare l'isola
dallo sprofondamento in mare.
Francesco Pipino, un frate viaggiatore bolognese, nel suo
Chronicon del 1239 parla di un giovane che fa vita da pesce da
quando un giorno la madre, vedendolo sempre
in mare, lo maledisse con stizza.
L'umanista Gioviano Pontano (1513) si occupa di Colapesce in un suo
trattato dal titolo De Immanitate e in una sorta di poema
astronomico-astrologico, Urania, dove all'avventura di
Colas sono dedicati un centinaio di esametri.
Nel seoolo XVI la leggendadi Colapesce fa la sua apparizione anche
in Spagna.
Pedro Mexia (1542), riferisce di aver sentito raccontare, durante la
sua infanzia,di un Pesce-Cola simile al nuotatore di cui
inseguito avrebbe letto la vicenda nell'opera degli scrittori
italiani.
In un libretto di storia popolare pubblicato a Barcellona nel 1608,
sono narrate le avventure di Pece Nicolao localizzate nel
piccolo borgo di Rota. Un riferimento su Colapesce si trova anche
nel Don Chisciotte di Miguel Saavedra de Cervantes che
partecipò alla battaglia di Lepanto e soggiornò nell'Ospedale
Maggiore di Messina per 6 mesi. Il Cavaliere della triste figura,
deve anche saper nuotare, scrive Cervantes,
como dicen che nadaba el peje Nicolas o Nicolao
Nel 1678 il fisico tedesco, Alhanasius Kircher, definisce Nicola Pescecola e per la sua abilita nel
nuoto, da bambino rimane fino a cinque giorni in mare nuotando tra la Sicilia, la Calabria e le isole Eolie.
Ancora la leggenda di Colapesce è citata dall'inglese Patrik Brydone
(1870), dal francese Richard de Saint Non (1875), da Lazzaro
Spallanzani, dai poeti Domenico Miciu Tempio (1848) e
Giovanni Meli (sec.XIX).
Una curiosità: il 7 agosto del 1797 Guglielmo Federico Schiller
chiese in una lettera a Goethe chi fosse Nicola Pesce (il grande
drammaturgo credeva che fosse un poeta).
Tre mesi più tardi usciva Der Taucher, una
ballata in cui la vicenda di Colapesce diviene un dramma pieno
di slancio e di passiene, scrive Giuseppe Pitré.
Nino Principato
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