Staff Sicilia Creativa
Martedì 05 Aprile 2011 21:23
Tradizioni
- Miti e Leggende
Il mito di Colapesce
l
giovane Cola, Nicola per sua madre, di origini catanesi ed emigrato
a Messina, amava il mare e passava le sue giornate nuotando, tantè che "doveva
avere i polmoni molto fungosi e grandemente concavi, che potessero
conservare in essi gran quantità d'aria", afferma Tommaso Fazello famoso storico siciliano del passato.
Passava
tanto tempo in acqua che il suo corpo si adattò a quella passione: i
suoi piedi diventarono palmati. Così infatti lo descrive Italo Calvino:
“(…) Cola diventò mezzo uomo mezzo pesce, con le dita palmate come un’anatra e la gola da rana.”
Il ragazzo, che cambia il suo nome in Colapesce, vive sempre di più in
mare e le rare volte che ritorna in terra racconta le meraviglie che
vede. Diventa un bravo informatore per i marinai che gli chiedono
notizie per evitare le burrasche ed anche un buon corriere visto che
riesce a nuotare molto bene. La sua fama aumenta di giorno in giorno ed
anche il Re di Sicilia Federico II lo vuole conoscere. Il re e la sua
corte si recano pertanto al largo a bordo di un'imbarcazione per
sperimentare le capacità di Colapesce. Per prima cosa il re butta in
acqua una coppa, che Colapesce recupera con facilità.
Al ritorno
Colapesce gli racconta il paesaggio marino che ha visto ed il Re gli
regala la coppa. Non avendo ancora saziato la propria curiosità il re
getta la sua corona in un luogo più profondo. Colapesce riesce
nuovamente nell'impresa impiegando due giorni e due notti per trovarla.
Al suo ritorno egli racconta al Re d’aver visto che la Sicilia “è fabbricata su uno scoglio,e questo scoglio poggia su tre colonne: una sana, una scheggiata e una rotta (Italo Calvino)”
a
causa di un fuoco magico che non si spegneva. La curiosità del Re
aumenta ancora e decide di buttare in acqua un anello per poi chiedere
al ragazzo di riportarglielo.
Colapesce è titubante, confessa al re la
sua paura di non riemergere più: “Se voi così volete, Maestà, – disse
Cola - scenderò. Ma il cuore mi dice che non tornerò più su. Datemi una
manciata di lenticchie. Se scampo, tornerò su io; ma se vedete venire a
galla le lenticchie, è segno che io non torno più” (tratto dal racconto
di Italo Calvino). Dopo diversi giorni le lenticchie e l’anello che
bruciava risalirono a galla ma non il ragazzo, ed il Re capì che il
fuoco magico esisteva davvero e che Colapesce era rimasto in fondo al
mare per sostenere la colonna corrosa. Si narra che quando Colapesce si
stanca cambia posizione e ciò provoca terremoti nell’isola:
"Colapesce
poverino, stanco di sorreggere sempre sulla stessa spalla la colonna di
Capo Pelòro la passa sull'altra spalla causando movimento...", come
dice una leggenda popolare.
Sempre secondo la leggenda, quando Cola
pesce non potrà più sopportare lo sforzo, l’isola sprofonderà.
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