IL VICO METTE IN SCENA COLAPESCE
Trasposizione scenografica di “Colapesce”, favola
non favola di Guastella e Puccio Una favola. Una favola non favola, tenendo presente che “non
tutte le favole sono solamente favole” come suggerisce La Fontaine.
Una leggenda
antica come il mare, elemento primordiale foriero di vita, eppure
incredibilmente attuale. Una favola delicata che dura nel tempo e che lascia
tracce indelebili nel cuore di ciascuno. Auditorium di San Vincenzo Ferreri, nel
cuore di Ragusa Ibla.
Sul palcoscenico il potere, collocato in alto e
contrapposto alla normale quotidianità del popolino, rappresentato da due troni
regali dalle dimensioni gigantesche e sproporzionate su cui fanno fatica a
salire un re e una regina non all’altezza, metaforicamente parlando, del loro
compito. Disegni di spumeggianti onde lambiscono il palcoscenico
frapponendosi tra il pubblico e lo spazio scenico. Una figura esile, ma decisa,
nuota da una punta all’altra.
Voci che gridano, che si sovrappongono, riempiono
la scena iniziale. Le luci diventano più forti e la musica incalzante riempie
l’azione scenica.
E’ di scena la narrazione fantastica. Il velo del mito si
squarcia ed entra in scena Colapesce mezzo uomo e mezzo pesce. Quella di
Colapesce è una storia lontana, che affonda le sue radici nella tradizione
popolare siciliana e racconta di un certo Cola soprannominato Colapesce per la
sua abilità di muoversi in mare. Parte da qui il “Colapesce” mirabilmente
rivisitato dalla coreografia del Teatro Danza della Ludens, sotto l’egida della
professoressa Claudia Gafà (già docente di attività motoria presso scuole medie
superiori), su ispirazione del volume fresco di stampa di Federico Guastella e
Raffaele Puccio, con le illustrazioni di Giuseppe Bertucci, dal titolo appunto
“Colapesce” (edito dal Centro Studi Feliciano Rossitto, Ragusa 2012, pp. 62).
L’evento culturale, che segue di pochi giorni quello tenutosi presso i
locali del Centro Studi Feliciano Rossitto di Ragusa in occasione della
presentazione del libro, è stato promosso ed organizzato dall’Assessorato alla
Cultura del Comune di Ragusa unitamente all’Istituto “G. B. Vico, con la
partecipazione di non pochi alunni delle classi seconda AL e quarta BL e del
bravissimo gruppo Teatro Danza Ludens.
Musica, danza, espressività dei corpi, il tutto
caratterizzato come maschere. Maschere di amara ingenuità, quelle del popolino,
che si alternano ai movimenti goffi e senza senso della famiglia reale. Il
lavoro, ispirato alla leggenda mediterranea di Colapesce, fa rivivere,
attraverso un suggestivo percorso - a metà tra l’affabulazione, danza e
interpretazione dialogata - la tradizione del teatro favolistico popolare,
fortemente ancorata alla suggestione del mare, che assurge a vero e proprio
protagonista. In tale cornice ben si inserisce lo spirito libero di Colapesce,
sempre pronto a donare se stesso per la salvezza della sua Trinacria,
contrapposto alla miopia del potere gretto e concentrato solo sulle ricchezze da
moltiplicare e monopolizzare (suggestiva e appropriata, a tale riguardo, la
performance del gruppo Teatro Danza Ludens).
L’antico e il moderno si
confondono, quindi, in una atemporalità favolistica in cui i personaggi
potrebbero essere considerati “metafore” del nostro tempo. L’evento teatrale,
presentato dalla giornalista Isabella Papiro, è stato introdotto dalle note
critiche del professore Salvatore Stella, curatore della prefazione al libro
“Colapesce”, e accompagnato dalle riflessioni degli autori, Guastella e Puccio.
Presenti numerosi docenti dell’Istituto G. B. Vico di Ragusa a cui ha rivolto un
affettuoso saluto l’assessore alla Cultura, Sonia Migliore. A fine serata, per i
lettori di Ondaiblea, abbiamo avuto modo di raggiungere nella sua piccola
postazione di regia la professoressa Claudia Gafà.
Come nasce la
drammatizzazione?
“E’ il prodotto finale del laboratorio di
teatro danza che si è svolto presso l’Istituto G. B. Vico (ex magistrale, il mio
istituto!). Debbo ringraziare il capo d’istituto che, molto sensibilmente, ha
accolto il progetto. Sono stata chiamata a svolgere questo laboratorio dalla
professoressa Celestina Rimoldi (funzione strumentale della scuola) per un tempo
relativo a non più di otto ore, ma subito si è formato un campo magnetico molto
favorevole per restarci per tutto l’anno scolastico ma pur sempre per un totale
di 20 ore”.
Quale la motivazione e come si è trovata con gli
studenti?
“Fattore non trascurabile è stato non solo
l’interesse mostrato dai ragazzi per il teatro danza, ma anche la simpatia e
stima professionale reciproca delle insegnanti delle due classi, Carla Gennaro,
Rita Mazzotta e Laura Distefano.
Un plauso va alla professoressa Carla Gennaro
che rappresenta senz’altro l’anima di questo progetto dall’inizio alla fine”.
Perché la scelta del personaggio e, quindi, del mito di
Colapesce?
“II tema del laboratorio teatrale è venuto fuori dal
rapporto amichevole con Federico Guastella, coautore, insieme a Raffaele Puccio
del libro “Colapesce” con le illustrazioni di Giuseppe Bertucci. Le bellissime e
convincenti illustrazioni di Bertucci hanno fatto, secondo me, sia il libro che
lo spettacolo... lo stimolo della fantasia, lo stimolo all’immaginazione dei
luoghi e dei personaggi”.
Ci può fornire brevi notizie sulla
drammaturgia della mise en space coreografica?
“Relativamente
alla leggenda di Colapesce esistono moltissime varianti.. Lo storico di
tradizioni popolari Giuseppe Pitrè ne ha raccolte diciotto, ma molte altre ne
esistono in molti paesi del mediterraneo... compresa adesso quella inserita nel
libro di Guastella e Puccio.
La drammaturgia della nostra coreografia è tratta
da tutte queste varianti, ma anche e soprattutto dalla variante arrivata a me,
quando ero piccola da mia zia Maria a Chiaramonte Gulfi dove sono nata”.
Qual è stato l’approccio dei ragazzi del
G. B. Vico con la figura di Colapesce?
“La storia di Colapesce
è arrivata alle classi 2 AL e 4 BL senza alcuna difficoltà, anzi è stata subito
accolta con molto interesse. Infatti il personaggio di Colapesce è risultato
molto simpatico ai ragazzi. Ho avuto modo di raccoglierne i sentori: per alcuni
è uno “scavezzacuollu” che non vuole studiare né lavorare ma seguire solo il suo
amore per il mare; per altri è determinato, altruista, idealista, emarginato,
anticonformista, curioso, strutturalmente diverso, troppo sentimentale, eroe;
per altri ancora si tratta di uno spirito libero, sognatore, esploratore, amante
della natura, testardo, indipendente, determinato, diverso”.
Chi
è Colapesce?
“Abita in un paese della Sicilia vicino Messina, un
paese laborioso che gli vuole bene ed è orgoglioso di lui. Messina è “u paisi ri
mari”, dove scorre una quotidianità che sembra non accettare subalternità,
subisce però un potere degradato, prepotente e debole fino al punto da temere un
innocuo ma scomodo Colapesce portatore di valori quali l’indipendenza e l’amore
verso gli altri.
A Colapesce viene chiesto, da parte del re, l’impossibile. E
questo fa Colapesce: l’impossibile. Infatti sacrifica la sua vita per quella di
tutti i “picciriddi “siciliani! Un particolare: i testi sono stati ideati
interamente dai ragazzi.
E’ questo il senso del teatro danza ovvero la
creatività espressiva gestuale e verbale”.
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