Il mistero di Colapesce
Sullo stretto di Messina lo Scirocco tirava in modo impetuoso. Le
onde battevano con forza contro il traghetto e io affrontavo la tempesta che
imperversava fra Scilla e Cariddi.
La mia mente ancora ripensava alle parole di
quella lettera scritta in greco antico senza firma. Ormai ero arrivato, mancava
poco alla riva ma… d’un tratto le acque si aprirono e Scilla e Cariddi uscirono
portando con loro onde alte dieci metri: quella era la fine! Cariddi mi strappò
dalla barca e Scilla mi rinchiuse nelle tenebre di una delle sue bocche.
Era
molto strano, perché ero l’unico prigioniero e il terrore di essere digerito era
sempre più forte. Ed ecco che il mostro aprì nuovamente la bocca e l’acqua mi
centrò in pieno viso. Respiravo ancora, mi risollevai dal colpo.
Con sorpresa mi
ritrovai davanti Colapesce.
Ormai coralli e scaglie avevano quasi del tutto
preso possesso del suo corpo, vista la sua lunga permanenza nei fondali marini.
Dovete sapere che la leggenda narra che re Federico II volle mettere alla prova
le sue abilità di marinaio; e allora gli diede delle missioni da svolgere.
La
prima volta gettò una coppa nel mare e Colapesce tornò poco dopo a galla
trionfante.
La seconda gettò la sua corona e Colapesce tornò dopo una giornata e
gliela riportò, ma la terza gettò il suo anello e lui, tuffandosi, si accorse
che una delle tre colonne che sorreggono la Sicilia, più precisamente quella
sotto l’Etna, stava bruciando e allora tolse le macerie e si mise al posto della
colonna e da quel momento non tornò più.
Questa era la prima volta che lasciava
la sua posizione per andare a cercare aiuto. Quindi spalancò la sua enorme bocca
e incominciò a parlare:
- Oh tu mortale, potresti farmi un favore?
E io:
- Che
cosa?”
- Dovresti ritrovare l’anello che un tempo re Federico II mi mandò a
cercare nel mare. Se tu lo ritroverai finalmente la mia anima potrà riposare in
eterno - disse.
- Non posso. Una persona misteriosa mi
ha mandato un invito e devo subito recarmi sull’Etna -
ribattei presuntuosamente.
- Era mio quell’invito, ma
adesso tocca a te decidere. Sappi, però, che se ci aiuterai ti premieremo con la
spada di Perseo che stavi cercando
- Va bene. Ti aiuterò.
Mi incamminai alla
ricerca, ma Colapesce riprese:
- Aspetta! Devi stare attento a Medusa, perché se
lo prenderà lei ritornerà al potere come una volta; per combatterla usa il
martello di Efesto che comparirà solo quando ne avrai bisogno, ma non guardare
mai Medusa negli occhi altrimenti ti pietrificherà.
- Andrò lo stesso.
Dopo ben
quattro giorni di cammino, trovai l’anello incastrato in mezzo a delle rocce, ma
comparve improvvisamente il martello di Efesto, come aveva detto Colapesce:
voleva dire solo una cosa, cioè che Medusa era lì e dopo un lungo combattimento
agguerrito l’anello fu mio.
Lo portai a Colapesce e lui mi diede come promesso
la spada di Perseo e il suo corpo scomparve in una magica combinazione di luci e
ombre.
Al suo posto comparve una colonna intatta e tutto ritornò alla normalità.
Ancora oggi racconto ai miei figli, sottoforma di mito questa incredibile
avventura…
Alberto Moschella
Scuola Dante
a.s. 2008/2009 - I A
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