Franca Sinagra  il 04/03/2010 alle ore 23.15   (Adattato graficamente)


Se Colapesce si fosse disamorato?

 


Capo d'Orlando. E' finita a... il gioco delle figurine.
Quanto al prosieguo dello sport orlandino “giochiamo a figurine di eventi storici”, non è concesso che nella storia tutto fa brodo e che una figurina può sostituirne un’altra o valere più o meno di un’altra, a seconda della necessità: questo lo si poteva fare ai tempi della schiavitù e dell’ analfabetismo, eppure c’era sempre il grosso rischio che “ai posteri l’ardua sentenza” e “la verità viene sempre a galla” e via dicendo.
Meglio rimettere tutto a posto com’era, prima che i morti si ribellino dalle tombe, che è sempre possibile, infatti se Colapesce si stancasse, si salvi chi può!
Sarebbe più onesto giocare a figurine di calciatori o di ciclisti lasciando al loro posto stradario e bandiere.
- Gramsci, nei Quaderni dal carcere, diceva che i nomi dei grandi uomini servivano ai popoli del sud a fantasticare per non affondare nell’incapacità di reagire concretamente, visto che si scoprivano incapaci di superare con le proprie forze la situazione di decadenza in cui si trovavano da tempo.
Dunque ci volete togliere un eroe concreto come Garibaldi che ha riunito l’Italia, per rimpiazzarci l’appiglio del sogno con un altro non migliore, un re come Federico III, tutto siciliano perché impossibilitato a ripristinare il suo diritto?
Ma di quale complesso psichiatrico siamo affetti?
A questo punto è più conveniente fare quella scelta dei veri pazzi quando soddisfano la propria debolezza a reagire dichiarandosi tout court “Napoleone”, uno che almeno di vittorie e di territori ne aveva raccolti un bel po’ (dal Manzanarre al Reno al Volga…), o “ Giulio Cesare” o “Stalin” e simili personaggi di garantita gloria.
- Perché la bandiera italiana è scomparsa dal pennone del Municipio?
Si dice che l’idea di Stato si accoppi a quella di urbanistica. Si tratta di una chiave di lettura interpretativa ad hoc.
Vale a dire che quanto più sono stati interiorizzati il concetto di nazione, quello di società e di regole/leggi e di riti organizzativi, tanto più si sa comprendere e gestire l’organizzazione della città, dell’area comunale e dello stanziamento abitativo, della bandiera e anche dello stradario. Cioè non si gioca a figurine. Cioè chi si disinteressa dello Stato ha dei comportamenti conseguenti di disinteressamento anche nei confronti dei concittadini e del loro legame con i nomi del territorio e con l’intreccio che essi hanno con le loro storie sociali e personali. Cioè chi si fa i fatti suoi e scompiglia le menti scompigliando l’ambiente sociologico.
C’è un altro motivo per cui Federico III non è sbandierabile da un sindaco che ha giurato lealtà alla Costituzione, ed è il fatto che questa è notoriamente repubblicana e non ammette regressioni verso la monarchia, a meno che non si voglia mirare nella realtà a una situazione fotografata da Fellini nella Gradisca, che prese il nome dalla sua(di se stessa) offerta al re.
E’ tradimento sia riportare in auge un re della fine del 1200 (sono passati ben 800 anni ed è sepolto nella storia senza ripescabilità) che è impossibile reinsediare e non ha nulla in comune con i Savoia, che inneggiare a un regno separato che non vide mai la luce.
Dunque si vuole con un re normanno/tedesco rimettere in scena una scaltrezza simile alla trovata mussoliniana della Lupa con tutta la retorica della grandezza, mentre la Sicilia si dibatte da secoli nel malgoverno, nella disoccupazione, nella malasanità, nella burocrazia corrotta, negli abusivismi, nella mafiosità, nel disfacimento delle infrastrutture e forse pure nello sbriciolamento del territorio geologicamente inteso?
E’ il ritorno a un fascismo vietato dalla Costituzione?
Come per la corruzione, il tradimento avviene sempre nella mente prima che nel portafogli e nel comportamento. Siamo seri e responsabili:
Che ci azzecca questo perdente Federico III al posto di Garibaldi? La sindacatura dà diritto di saccheggiare la storia comune per i propri arzigogoli?
Dobbiamo a tutti i costi riuscire a raccontarci ancora la favola bella di Colapesce, il giovinetto tuffatore che raggiunge per amore le profondità minacciose dello stretto per sorreggere la Sicilia e sta nel buio acquoso come seconda colonna mediterranea dirimpetto ad Ercole; dobbiamo ricondurre alla nostra responsabilità la fragilità di questo territorio e riconoscere la bontà di qualche divinità che infonde la forza alla cariatide Colapesce.
Non dimentichiamo la non sfidabilità degli antichi dei e dei principi comuni alle religioni monoteiste mediterranee.
Contro ogni lupa e lupacchiotti, per risentire questo afflato di bellezza e di dedizione incantata basta riguardare il Colapesce dipinto da Guttuso sulla volta centrale del teatro Vittorio Emanuele di Messina.


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