Il racconto
di Lanza, riproposto
Colapesce
Ci fu una volta a Messina un giovane pescatore bello e forte,
chiamato Cola. Nessuno meglio di lui sapeva maneggiare il remo, e la sua barca
volava sulle onde come un uccello, vincendo al corso gli stessi delfini. Il mare
era la sua casa e la sua piazza; vi passava i giorni e le notti, avendo per
amici i pesci che gli guizzavano intorno e per compagne le stelle che gli
rinfrescavano gli occhi ansiosi e gli insegnavano la via. A lungo andare questa
amicizia del mare gli tolse dal cuore ogni altro affetto, sicché non cercò
più né uomo né donna, e dimenticò madre e fratelli.
Nelle notti silenziose, piene soltanto delle risa e dei sospiri
dei flutti, egli conobbe le ninfe marine dagli occhi come le stelle, e le sirene
dal corpo di serpente. I loro canti e i loro vezzi lo incantavano, ma com'egli
cercava di afferrarle esse sempre gli sfuggivano, sparendo con un trillo nel
mare. Ammaliato egli ficcava giù gli occhi, e alla vista gli si paravano
meravigliosi spettacoli che più lo turbavano e lo attiravano: giardini di
corallo, palazzi di cristallo, saloni tutti scintillanti d'oro dove donne
bellissime dolcemente danzavano.
Questa febbre continua gli tolse la pace e il sonno, e lo fece
diventare più solitario e più triste di prima. Restava lungamente fiso con gli
occhi incantati, e non sapeva più dove volgere la sua barca. Sentiva nelle pause
delle onde musiche che salivano dagli abissi del mare, e le sirene affacciandosi
lo chiamavano ripetutamente: - Cola! Cola! perché non vieni a
trovarci?
Non potendo più resistere, egli si gettò nell'acqua, e nuotando
disperatamente scandagliò tutte le profondità del mare. Ciò che egli vide
nessuno lo seppe mai; ma quando ritornò a galla il suo viso era pallido come
quello dei morti e nei suoi occhi c'era il ricordo delle cose spaventevoli e
meravigliose viste dove nessuno era mai stato. Da quel giorno i suoi occhi
ebbero un inusitato splendore, e il suo viso una nuova bellezza: ma egli non
parlò più e come vedeva da lungi un essere umano via fuggiva con la sua barca, e
a un tratto spariva nei frutti. Per questo lo chiamarono Cola Pesce, e la sua
fama si sparse per tutta l'isola.
Ora un giorno capitò a Messina il Re Federico. Aveva con sé la
figliola bella come un raggio di sole, e gran seguito di baroni e cavalieri
tutti lucenti d'oro e d'argento. Egli viaggiava la Sicilia per cercare alla sua
figliola un marito degno di lei, bello e prode, e bandiva giostre e tornei. Ma
nessuno ancora era piaciuto alla superba fanciulla, e molti erano morti per lei
in avventure e imprese impossibili.
- lo mi darò
- ella diceva - a chi non avrà più
niente da negarmi.
Sentito di Cola Pesce, ella volle conoscerlo e per ordine del
Re barche e navigli corsero per ogni dove il mare a cercare l'uomo meraviglioso.
Finalmente egli fu trovato, e condotto alla presenza della fanciulla. Guardando
il viso bello del pescatore ella ebbe un fremito, e gli occhi di lui a vederla
si accesero.
- È vero - chiese le Reginetta con la voce
tremante - che tu vivi negli abissi del mare, amando le sirene e
cavalcando i tritoni?
Cola sorrise e la fissò senza rispondere.
- Ebbene - chiese ancora la fanciulla -
che
faresti tu per me?
- Tutto - rispose Cola.
Ella tolse dalle mani del Re la coppa d'oro e la buttò nel
mare, e le onde si torsero per lasciarla affondare.
- Se tu me la riporti - disse -
ti darò la mia
bocca a baciare.
Cola gettò un salto e sparì nei flutti. Un grande silenzio si
fece a riva, e tutti attesero frementi. Finalmente le onde si mossero, si
gonfiarono e Cola apparì levando alto nel sole la coppa d'oro. Un clamore lo
salutò; ma la fanciulla tutta pallida rise, prendendo la coppa dalle mani del
pescatore: - Come vuoi, o Cola, ch'io possa amarti?
E Cola sorrise, guardandola fiso negli occhi. La fanciulla si
sganciò dai fianchi la cintura d'oro e di diamanti e la buttò nel mare, e le
onde gorgogliarono per lasciarla passare.
- Se tu me la riporti
- disse -
io mi farò da te
abbracciare.
Senza nulla dire, Cola si slanciò e sparì. Un lungo fremito
corse la folla, e la superba fanciulla sentì tremare il suo cuore. Dopo lunga
attesa le onde si agitarono nuovamente e Cola riapparve, tenendo nella mano la
preziosa cintura. Un urlo di gioia lo salutò, e tutti gli occhi si volsero alla
superba fanciulla. Ma ella tutta pallida rise, prendendo la cintura dalle mani
del pescatore: - Come vuoi, o Cola, ch'io possa amarti?
E Cola nulla rispose, guardandola triste negli occhi. Ella si
tolse dal dito il piccolo anello e lo buttò nel mare, e nessuno s'accorse dove
mai cadesse.
- Se tu me lo riporti
- disse, con negli occhi un
meraviglioso splendore
- io sarò tua sposa.
Un mormorio minaccioso s'udì dalla folla, e gli stessi baroni
gridarono a Cola che non più s'arrischiasse:
- O temerario, non cercare la
morte!
Ma Cola s'era slanciato, e lungamente si videro, dov'egli era
sparito, fremere e spumeggiare le onde.
Molto tempo passò e Cola non ritornò più. Invano la folla
attese, invano gli occhi della superba fanciulla interrogarono ansiosi il mare;
e molto ella pianse, perché molto amava il pescatore meraviglioso ch'era perito
per lei.
E ancor oggi in fondo allo stretto di Messina, Cola Pesce vaga
disperato cercando l'anello della principessa; ma l'anello è troppo piccolo, e
troppo grande è il mare.
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(Adattato graficamente)
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