La storia di Colapesce
L'epoca è quello del
regno di Federico II di Svevia. Protagonista è Nicola,
detto Cola, ultimo nato di una numerosa schiera di
fratelli in una famiglia di umili pescatori. La
capanna nella quale vivevano era talmente prossima alla
battigia che il piccolo Cola crebbe in simbiosi totale
con l'ambiente marino, tanto da trascorrere buona parte
del suo tempo tra le onde, nuotando per lunghi tratti in
solitudine e immergendosi fino a profondità proibitive.
Il suo fisico, forte e scattante, non conosceva
stanchezza, i suoi polmoni sembravano adattarsi alle
apnee più protratte, ignorava il freddo e i marosi. In
qualunque stagione era in acqua, esplorava le coste
frastagliate della sua terra e gli abissi fin dove la
luce del sole arrivava e, a suo dire, anche dove
l'oscurità era completa. Il ragazzo venne pertanto
denominato "Cola Pesce" dai suoi compaesani prima e da
tutta la popolazione siciliana in seguito, quando la
fama che lo circondava si sparse per tutta l'isola.
La passione di Cola per il mare procurava non pochi
problemi alla sua famiglia, che viveva del pescato. Era
tale e tanto l'amore che il giovane nutriva per il mare
e le sue creature che di nascosto rimetteva in acqua,
per farli vivere, molti dei pesci che i suoi fratelli
catturavano.
Più il tempo passava e più stretto
diventava il suo legame con la dimensione marina. Come
aveva fatto Giona, anche lui si faceva divorare da
grossi pesci che lo depositavano sulle rive di terre
lontane e in paesi misteriosi e sconosciuti, da dove
egli ritornava raccontando le cose meravigliose che
aveva visto e dei tesori immensi che giacevano sul fondo
del mare.
A riprova di ciò mostrava oggetti
preziosi, monete, perle, vasellame finemente cesellato,
che egli aveva raccolto esplorando i relitti di velieri
inabissati.
Finché l'eccezionalità delle sue imprese
non arrivò all'orecchio dell'imperatore, che volle
conoscerlo. Un bel giorno la nave regale gettò l'ancora
al largo del villaggio marinaro dove abitava Cola Pesce
con la famiglia. "Vediamo se riesci a ripescare questa!"
lo sfidò Federico, lanciando in acqua una coppa d'oro.
Senza esitare, il ragazzo si tuffò nelle acque profonde
e di lì a poco riemerse con l'oggetto prezioso. Per
diverse volte esaudì il volere di Federico, riportando a
galla monete e gioielli, anche minutissimi, che
l'imperatore faceva cadere in acqua.
"E ora fammi sapere
- aggiunse il monarca - sopra cosa poggia l'isola di
Sicilia su cui regno".
"Bene, maestà! Lo farò volentieri
per voi".
Ed ecco di nuovo Cola Pesce sparire nelle
acque blu scuro dello Ionio. Questa volta l'immersione
fu molto più lunga, tanto che tutti credettero che il
ragazzo fosse morto. Ma questi all'improvviso sbucò
dall'acqua e annunciò trionfante:
"Ce l'ho fatta,
maestà! L'isola di Sicilia poggia su tre colonne: due
sono di pietra e una è di fuoco".
L'imperatore rimase
talmente colpito dalle prodigiose qualità del giovane
pescatore da volerlo presso di sé a corte. Appena i
molteplici impegni reali glielo consentivano, Federico
si tratteneva a lungo ad ascoltare i favolosi racconti
di Cola. Amante delle scienze naturali e misteriche, si
faceva descrivere nei dettagli le creature che
popolavano gli abissi, le abitudini e i meccanismi delle
loro esistenze in ambienti lontani e diversi da quelli
della terraferma. Quali leggi governavano quel mondo? E
come poteva un uomo carpirne i segreti tanto da
acquisire la capacità di vivere a suo piacimento ora in
forma umana ora assimilato agli abitanti dell'oceano?
Inesauribili erano le meraviglie che il ragazzo
dispiegava all'ascolto e alla fantasia mai appagata del
sovrano.
Di natura ben diversa era l'interesse che
alcuni cortigiani nutrivano per quello strano pescatore
in grado di recuperare dal mare ogni sorta di tesori. Ma
come sottrarlo all'attenzione dell'imperatore? Si pensò
a un infallibile e collaudato espediente: la bella
contessina Irene venne messa alle costole dell'ingenuo
Cola, il quale se ne invaghì.
Con la scusa di uscite
romantiche in barca, Irene costringeva lo spasimante,
con moine e lusinghe, a tirar su dal fondo monete,
gioielli, perle, coralli e antichi reperti di
inestimabile pregio e valore.
Dall'avidità
insaziabile alla sete di potere, il passo fu breve.
Inebriati da tanta ricchezza, quei nobili ordirono una
congiura contro l'imperatore. Scoperti, confessarono le
loro intenzioni, scagionando però il candido Cola Pesce.
Il quale, benché reintegrato nella stima di Federico,
non riuscì più a sentirsi a suo agio in un ambiente in
cui persino l'amore veniva dissacrato dagli intrighi e
dalla cupidigia.
Fu così che il giovane, pur restando in
amicizia con l'imperatore, si isolò gradualmente dalla
corte e dalla fanciulla che tanto lo aveva ingannato. Lo
si vedeva spesso camminare solitario sui moli del porto
o lungo gli arenili, scrutando il mare con ansia. Un
giorno, dalle onde in burrasca emerse un pesce
gigantesco che si portò a pochi metri dalla riva. Qui si
fermò, spalancando la grande bocca. Cola, sfiorando
appena il ribollire dei marosi, entrò fiducioso nella
cavità rutilante e profonda. Rapidamente le fauci si
richiusero e lo strano animale, metà balena e metà
drago, guadagnò il largo inabissandosi. Da allora
nessuno vide più Cola Pesce.
Qualcuno disse che
aveva raggiunto il regno di Oceano, dove aveva sposato
una sirena, o la figlia stessa del re del mare. Altri
affermavano con sicurezza che egli un giorno sarebbe
tornato sulla terraferma a governare il mondo.
Ciò
sarebbe avvenuto, ipotizzavano, quando gli uomini
finalmente avrebbero conosciuto la giustizia e l'amore.
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