Riadattamento basato su diverse
versioni
La leggenda di Colapesce
Era, a quel tempo, re di
Sicilia Federico II, cultore delle arti e delle scienze,
e lui stesso letterato umanista e poeta. Si era dunque
verso l'anno 1230, nel giorno di San Nicola e Federico, poichè
alcuni cortigiani gli avevano parlato di Cola e delle sue
straordinarie capacità di nuotatore aggiunte ad immersioni senza tempo, volle vederlo all'opera e perciò lo
convocò a bordo della sua nave, ancorata al porto.
Egli, a quel
tempo, viaggiava per cercare uno sposo degno della propria
figlia che, aveva richiesto, oltre alla bellezza della
persona, unisse anche la gentilezza del costume e il
coraggio dei prodi. Ma sino ad allora, nonostante avesse
ricevuto principi e nobili da molte parti del regno, nessuno
aveva soddisfatto e accontentato le esigenti pretese della
principessina.
- Io mi
darò - diceva lei - solo a chi mai niente potrà
negarmi, solo a chi per me oserà affrontare i pericoli più
terribili e, se occorre, anche la morte, per farmi felice!...
Quando Cola fu
davanti al Re e alla sua Corte e s'inchinò ossequioso e
timido, un mormorio di sorpresa si alzò dagli astanti che
rimasero meravigliati della sua bellezza e della sua
prestanza. Il viso di Cola, chiaro e ancora giovanile, non
recava traccia alcuna della salsedine e, anzi, pareva che
l'acqua del mare, lungi dal solcargli la pelle, gliel'avesse
levigata e resa ancora più liscia e morbida.
- Mi hanno
detto - disse il re Federico - che nuoti come un pesce,
che parli con le ninfe oceanine e che passeggi con le sirene
del mare. è vero? -
- O Re! -
rispose Cola - Io sto in mare come tu stai nel tuo letto...
Io passeggio sul fondo del mare, come tu e la tua Corte
passeggiate nei giardini dei tuoi palazzi... Io parlo con le
oceanine come fa la Principessa con le sue dame... Ti hanno
detto il vero!
Un mormorio di
lieta impressione si alzò dalla Corte, tutta schierata alle
spalle del Re. Solo la Principessina se ne restava muta e
pensierosa a contemplare quel volto dolce ed ispirato che le
dava sensazioni nuove e misteriose.
- Orbene!
- disse affine il Re - Voglio metterti alla prova... Ora io
getterò in mare questa coppa d'oro massiccio tempestata di
pietre preziose, in cui ho bevuto... Se tu la troverai e me la
riconsegnerai... se farai questo, io allora ti farò
ricco!
E la
Principessina, aggiunse: - O Cola! Anch'io voglio metterti
alla prova... Getterò in mare questa cintura e se me la
riporterai... io ti darò la mia mano da
baciare!
E detto ciò il
Re buttò in mare la coppa e la Principessina la cintura. Cola
non rispose. Con lo sguardo seguì il volo dei due oggetti, e
com'essi scomparvero in mare, egli si tuffò.
Sulla spiaggia
non molto lontana si era intanto adunata una gran folla e
tutti stavano in ansia e in silenzio, aspettando il suo
riemergere. Poco dopo, nel punto in cui Cola era sparito,
l'acqua tornò ad incresparsi e Cola riapparve con nella destra
la coppa del Re e nella sinistra la cintura della
Principessina. Un urlo si levò allora dalla folla ed anche
la Corte ne fu contagiata ed applaudì. La Principessina,
pallida e tremante, raccolse la coppa dalle mani di Cola e la
porse al Re, suo padre. Poi dalle mani di Cola prese la
cintura e la rimise attorno al suo corpo. Per un attimo i
due giovani rimasero a fissarsi negli occhi, in silenzio, e la
folla tornò ad applaudire di gioia.
Ma Federico non
si appagò. Egli voleva vedere fino a che punto il prodigioso
nuotatore potesse immergersi. Ordinò perciò al nocchiero di
condurre la nave più a largo, dove le acque erano più
profonde. Giunti colà, il Re tornò a dire: - O Cola! Mi
hanno detto che il giorno gareggi con i delfini e che quando
giochi con i tritoni ti nascondi tra i coralli. Io ora getterò
qui la mia coppa e se tu me la riporterai, io ti farò
cavaliere...
E il Re gettò in
mare la sua coppa. E la Principessina aggiunse: - O
Cola! Dal mio collo io sciolgo questa collana che è fatta
d'oro e di diamanti, e la getterò in mare. Se tu me la
riporterai, io mi farò da te abbracciare...
E la
Principessina gettò in mare la sua collana. Cola non rispose.
Salì sul bordo della murata e spiccò un gran salto, entrando a
capofitto nel mare. La folla, dopo un urlo d'incoraggiamento,
ristette in silenzio, in attesa ansiosa e pregando per la
riuscita di quella prova quasi impossibile. I secondi
trascorrevano lunghi, interminabili. Finalmente, in quel
punto, le acque tornarono ad agitarsi e Cola riapparve tra il
bianco spumeggiare delle crestine d'onda, tenendo in una mano
la coppa del Re e nell'altra la collana della Principessina.
La folla, a quella vista, esplose in un hurrà di gioia, e
tutti gli occhi si volsero al Re e alla pallida Principessina
che, secondo loro, si divertivano a far rischiare la vita al
giovane Cola.
Ma il re
Federico non si appagò e ordinò che la nave si spostasse
ancora verso il centro dello Stretto, dove c'è una fossa
profonda, quasi una valle, che giunge fino a Capo Peloro.
- O Cola!
- tornò a dire solenne e imperioso per la terza volta -
Và!... Corri nell'abisso che ti è più familiare d'ogni
cosa... Ora io getterò qui la mia coppa, e se tu me la
riporterai io ti farò barone e ti innalzerò al mio fianco!...
E la
Principessina aggiunse: - O Cola! Anch'io getterò qui il
mio anello di zaffiri e brillanti, e se tu me lo
riporterai - e la sua faccia divenne rossa di pudore -
io sarò tua sposa!...
Un urlo di
terrore si levò dalla folla. - O temerario! - si
udì gridare ad una sola voce - Non cercare la morte!... Tu
non puoi superare le forti correnti dello Stretto! Non puoi
superare questa prova che è al di sopra di ogni possibilità
umana... Rinuncia, rinuncia! La Principessina è perfida e
crudele è il Re...
Ma la coppa e
l'anello, intanto, erano già volati via, verso il profondo
mare. Cola guardò intensamente il luogo in cui
affondarono. Poi, con un gran salto, si tuffò risoluto e in
meno che non si dica disparve tra le onde andando in fondo
dritto come piombo.
Il silenzio
sulla nave e sulla vicina spiaggia si fece fitto. Anche il Re
e la Principessina divennero muti ed ansiosi, scrutando la
superficie del mare appena increspata dal tuffo di Cola. Tutta
la Corte venne ad affacciarsi alla murata della nave.
L'acqua, nel
punto in cui era sparito Cola, già da qualche tempo era
tornata liscia come prima e trasparente come vetro azzurrino.
L'ansia e il timore, allora, cominciarono a dipingersi sul
volto di tutti gli astanti.
Il tempo passò
in fretta e subito si fece sera. Cola detto Colapesce, non
tornò più a galla: questa volta il mare volle tenerlo per sé,
per non dividerlo mai più.
E la leggenda
volle colorire la sua scomparsa in modo fantasioso,
tramandandoci che Colapesce, giunto in fondo al mare, vide la
colonna Peloro, quella sulla quale poggia la cuspide
settentrionale della Sicilia, quasi in punto d'infrangersi.
Allora, temendo che la sua Messina potesse sprofondare da
un momento all'altro, volle sostituirsi ad essa e corse a
sorreggerla, per non farla spezzare del tutto.
Qualche fonte
dice, invece che Cola vaga ancora disperato sul fondo del mare
dello Stretto in cerca dell'anello della Principessa. Ma
l'anello è troppo piccolo e il mare tanto
grande...
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