dom 24 ottobre 2010
Cola Pesce
Giovanissimo divenne un nuotatore
provetto e trascorreva ore ed ore a nuotare, preferendo il mare alla
terra.
Aiutava poco il padre ed i fratelli nell’attività di pesca e questo
atteggiamento veniva ovviamente mal sopportato, ma era pur sempre un
figlio ed un fratello e la grande povertà invece di dividerli, li
univa sempre più.
Un giorno però, Cola fu sorpreso dalla madre mentre prendeva dei
grossi pesci pescati dal padre e li gettava in mare a ridare loro la
libertà.
A quel vedere la povera donna, non riuscì più a mantenere la calma:
“Che tu possa
diventare un pesce”! urlò.
Se ne pentì subito, come fanno le mamme con i loro figli discoli, ma
era troppo tardi, Cola si tuffò fra le onde e non tornò mai più dai
suoi cari.
Da quel giorno Cola iniziò ad immergersi sempre più in profondità,
giungendo persino dove non penetrava neppure la luce solare e, con
meraviglia si accorse che non aveva più bisogno di “assommare”
per respirare, la trasformazione che lo aveva reso mezzo uomo e
mezzo pesce (ricordò l’anatema di sua madre, ma non con risentimento
anzi, con gratitudine) aveva raggiunto la perfezione, la metamorfosi
che fin dalla nascita, aveva agognato.
Cola vagabondava perennemente a scrutare, con sempre rinnovata
meraviglia, il fondo marino e dalle sue scorribande portava storie
meravigliose ed a conferma monete d’oro, perle, vasellame d’argento
finemente cesellato, gemme di ogni tipo e colore, tutti oggetti
recuperati da navi naufragate, puniche, greche, romane ed altre di
tutte le epoche e nazioni.
Quei fatti straordinari non potevano non giungere all’orecchio del
re di Sicilia che, all’epoca di questo racconto era il grande
Federico II di Svevia.
Prontamente informato dai suoi ministri sparsi per tutta l’isola
quel grande re che era uomo di cultura raffinata ed amava la natura
e le sue meraviglie, decise di recarsi con gran seguito sulla costa
bagnata dallo Ionio, dove era solito girovagare l’uomo pesce.
Quivi giunto chiese che Colapesce si recasse al suo cospetto, il
ragazzo non si fece attendere e, giunto davanti al sovrano si
genuflesse rispettoso, aspettando di udire i desideri di Federico.
Il “Magnifico” re Svevo toltosi un
prezioso anello, lo gettò nel mare perché Cola pesce lo recuperasse,
cosa che fece in brevissimo tempo, ma Federico voleva vedere sino a
che punto giungessero i poteri di quella creatura fantastica, e
continuò nelle sue richieste.
Dapprima gettò una coppa d’oro, poi la pesante corona e monete
d’oro, piccoli monili, Cola pesce gli riportò tutto.
Era maturato, a giudizio dello Svevo, il momento di chiedere la
prova più difficile e così fece; chiese che gli riferisse su cosa
poggiava la sua isola, l’uomo pesce non si perse d’animo e presto
s’immerse.
Questa volta non tornò a galla rapidamente come le altre volte ed il
re ed i numerosi cortigiani cominciarono a dubitare dell’esito
dell’impresa, ma anche questa volta Cola pesce balzò fuori
dall’acqua e disse al re:
"Maestà, la Sicilia poggia su tre colonne,
due di solida pietra ed una di fuoco".
Federico, sbalordito, da quanto aveva visto ed udito, volle che il
ragazzo andasse a vivere nella sua reggia.
Claudio Alessandri
equilibriarte.net
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