Colapesce
La Sicilia è la regione d'Europa che possiede il più antico e ricco patrimonio mitologico e Messina, adagiata lungo il corso dell'
omonimo stretto, è situata all'estremità Nord-Est della Sicilia, "Antica Trinacria", ne rappresenta
una delle tre punte.
Numerose sono le leggende di e su Messina, ma
la più radicata nella memoria e nell'anima del popolo è senz'altro quella di Colapesce.
Le fonti scritte ricordano 18 varianti della legenda di Colapesce e numerosissime altre sono quelle orali.
Narra la tradizione popolare che nella
città di Messina viveva un giovane bello e forte di nome Cola, abilissimo pescatore che aveva gran fama per le sue imprese marine; egli aveva la
capacità di nuotare come un delfino e rimanere sott'acqua per molto tempo, ed erano talmente grandi la sua abilità e la dimestichezza con il mare che la
gente gli attribuì il nomignolo di Pesce, divenendo il simbolo delle profondità marine.
La fama di Colapesce giunse fino all'imperatore Federico II.
La versione più affascinante è più bella delle numerose leggende ci
narra che un giorno Federico II navigando per lo stretto di Messina perse in mare la corona.
Gli abitanti della città chiamarono subito Colapesce, che
tuffatosi negli abissi ripescarono la corona e la restituì all'imperatore.
Impressionato dall'abilità del ragazzo è grato per il suo gesto, Federico II offrì
a Cola la possibilità di una nuova vita al suo palazzo tra agi e ricchezze,
ma anziché accettare e ringraziare Cola piangeva.
L'imperatore
sbigottito gliene chiese il motivo ed egli raccontò che mentre risaliva dagli abissi,
aveva visto che delle tre colonne che reggeva la Sicilia una era rotta,
un'intatta e la terza - sotto la cuspide settentrionale- stava per rompersi.
Federico II continuava a non credere il motivo del pianto ed allora Cola
spiegò:
- Maestà non avrei mai voluto disubbidire al mio Imperatore, ma non vi posso seguire. Nessuno è ricco e più ricco del mare, e nulla è più bello
della mia terra - detto ciò si rituffò.
L'Imperatore lo aspettò, ma Cola non saliva e non salì mai più; da allora rimase negli abissi a reggere la
colonna che si stava rompendo.
Di Stefano
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