postato da
fiore
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Martedi
27 Settembre 2005 ore 15:04:11
La leggenda
di Colapesce
Il re della Sicilia in quel tempo era
Federico II, cultore delle arti e delle scienze, e lui stesso
letterato umanista e poeta. Si era dunque verso l'anno
1230, nel giorno di San Nicola, e Federico, poiché alcuni
cortigiani gli avevano parlato di Cola e delle sue
straordinarie capacità di nuotatore aggiunte ad immersioni
senza tempo, volle vederlo all'opera e perciò lo convocò a
bordo della sua nave, ancorata al porto. Egli, a quel
tempo, viaggiava per cercare uno sposo degno della propria
figlia che, come da lei richiesto, alla bellezza della persona
unisse anche la gentilezza del costume e il coraggio dei
prodi, ma, sino ad allora, nonostante avesse ricevuto principi
e nobili da molte parti del regno, nessuno aveva soddisfatto e
accontentato le esigenti pretese della principessina.
- Io
mi darò - diceva - solo a chi mai niente potrà negarmi, solo a
chi per me oserà affrontare i pericoli più terribili e, se
occorre, anche la morte, per farmi felice!...
Quando Cola
fu davanti al Re e alla sua Corte, e s'inchinò ossequioso e
timido, un mormorio di sorpresa si alzò dagli astanti che
rimasero meravigliati della sua bellezza e della sua
prestanza. Il viso di Cola, chiaro e ancora giovanile, non
recava traccia alcuna della salsedine e, anzi, pareva che
l'acqua del mare, lungi dal solcargli la pelle, gliel'avesse
levigata e resa ancora più liscia e morbida.
- Mi hanno
detto - disse il re Federico -
che nuoti come un pesce, che
parli con le ninfe dell'Oceano e che nuoti con le sirene del
mare; è vero?
- O Re! - rispose Cola - Io sto in mare
come tu stai nel tuo letto... Io passeggio sul fondo del mare,
come tu e la tua Corte passeggiate nei giardini dei tuoi
palazzi... Io parlo con le oceanine come fa la Principessa con
le sue dame... Ti hanno detto il vero!
Un mormorio di lieta
impressione si alzò dalla Corte, tutta schierata alle spalle
del Re. Solo la Principessina se ne restava muta e
pensierosa a contemplare quel volto dolce ed ispirato che le
dava sensazioni nuove e misteriose.
- Orbene! - disse
affine il Re - Voglio metterti alla prova... Ora io getterò in
mare questa coppa d'oro massiccio tempestata di pietre
preziose, in cui ho bevuto... Se tu la troverai e me la
riconsegnerai... se farai questo, allora io ti farò
ricco!
E la Principessina, aggiunse:
- O Cola! Anch'io
voglio metterti alla prova... Getterò in mare questa cintura e
se me la riporterai... io ti darò la mia mano da
baciare!
E, detto ciò, il Re buttò in mare la coppa e la
Principessina la cintura. Cola non rispose. Con lo sguardo
seguì il volo dei due oggetti, e com'essi scomparvero in mare,
egli si tuffò. Sulla spiaggia non molto lontana si era
intanto adunata una gran folla e tutti stavano in ansia e in
silenzio, aspettando il suo riemergere. Poco dopo, nel punto
in cui Cola era sparito, l'acqua tornò ad incresparsi e Cola
riapparve con nella destra la coppa del Re e nella sinistra la
cintura della Principessina.
Un urlo si levò allora dalla
folla ed anche la Corte ne fu contagiata ed applaudì. La
Principessina, pallida e tremante, raccolse la coppa dalle
mani di Cola e la porse al Re, suo padre, poi dalle mani di
Cola prese la cintura e la rimise attorno al suo corpo. Per
un attimo i due giovani rimasero a fissarsi negli occhi, in
silenzio, e la folla tornò ad applaudire di gioia. Ma
Federico non si appagò. Egli voleva vedere fino a che punto il
prodigioso nuotatore potesse immergersi, perciò ordinò al
nocchiero di condurre la nave più a largo, dove le acque erano
più profonde. Giunti in quel punto, il Re tornò a dire:
- O Cola! Mi hanno detto che il giorno gareggi con i
delfini e che quando giochi con i tritoni ti nascondi tra i
coralli. Io ora getterò qui la mia coppa e, se tu me la
riporterai, ti farò cavaliere!... E il Re gettò in mare la
sua coppa.
E la Principessina aggiunse: - O Cola! Dal
mio collo io sciolgo questa collana che è fatta d'oro e di
diamanti, e la getterò in mare. Se tu me la riporterai, io mi
farò da te abbracciare... E la Principessina gettò in mare
la sua collana.
Cola non rispose. Salì sul bordo della
murata e spiccò un gran salto, entrando a capofitto nel mare.
La folla, dopo un urlo d'incoraggiamento, ristette in
silenzio, in attesa e in ansia, pregando per la riuscita di
quella prova quasi impossibile. I secondi trascorrevano
lunghi, interminabili...finalmente, in quel punto, le acque
tornarono ad agitarsi e Cola riapparve tra il bianco
spumeggiare delle onde increspate, tenendo in una mano la
coppa del Re e nell'altra la collana della
Principessina. La folla, a quella vista, esplose in un
hurrà di gioia, e tutti gli occhi si volsero al Re e alla
pallida Principessina che, secondo loro, si divertivano a far
rischiare la vita al giovane Cola. Ma il re Federico non si
appagò e ordinò che la nave si spostasse ancora verso il
centro dello Stretto, dove c'è una fossa profonda, quasi una
valle, che giunge fino a Capo Peloro.
- O Cola! - tornò a
dire solenne e imperioso per la terza volta - Va'!... Corri
nell'abisso che ti è più familiare d'ogni cosa... Ora io
getterò qui la mia coppa, e se tu me la riporterai io ti farò
barone e ti innalzerò al mio fianco!...
E la Principessina
aggiunse: - O Cola! Anch'io getterò qui il mio anello di
zaffiri e brillanti, e se tu me lo riporterai - e la sua
faccia arrossì di pudore - io sarò tua sposa!...
Un urlo di
terrore si levò dalla folla. - O temerario! - si udì
gridare ad una sola voce - Non cercare la morte!... Tu non
puoi superare le forti correnti dello Stretto! Non puoi
superare questa prova che è al di sopra di ogni possibilità
umana... Rinuncia, rinuncia! La Principessina è perfida e il
Re è crudele...
Ma la coppa e l'anello, intanto, erano già
volati via, verso il profondo mare. Cola guardò
intensamente il luogo in cui erano affondati e poi, con un
gran salto, si tuffò risoluto e in meno che non si dica
disparve tra le onde andando in fondo dritto come
piombo. Il silenzio sulla nave e sulla vicina spiaggia si
fece fitto. Anche il Re e la Principessina divennero muti ed
ansiosi, scrutando la superficie del mare appena increspata
dal tuffo di Cola. Tutta la Corte venne ad affacciarsi alla
murata della nave. L'acqua, nel punto in cui era sparito
Cola, già da qualche tempo era tornata liscia come prima e
trasparente come vetro azzurrino.
L'ansia e il timore, allora,
cominciarono a dipingersi sul volto di tutti gli
astanti.
Il tempo passò in fretta e subito si fece sera.
Cola, detto Colapesce, non tornò più a galla: questa volta il
mare volle tenerlo per sé, per non dividerlo mai più.
E la
leggenda volle colorire la sua scomparsa in modo fantasioso,
tramandandoci che Colapesce, giunto in fondo al mare, vide la
colonna Peloro, quella sulla quale poggia la cuspide
settentrionale della Sicilia, quasi sul punto di
crollare. Allora, temendo che la sua Messina potesse
sprofondare da un momento all'altro, volle sostituirsi ad essa
e corse a sorreggerla, per non farla spezzare del
tutto.
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