12 maggio 2012
Mi
chiamo Colapesce
“Picciotti e carusi di Sicilia",
se non vi disturbo, e se questo mio
messaggio non vi trova mal disposti, vogliate accettare l’umile
appello di un giovane siciliano come voi, che da troppo tempo ormai
si trova sotto la Sicilia.
Sebbene, forse la mia storia sia a molti conosciuta, è probabile
invece che molti di voi non ne hanno mai sentito parlare.
Permettetemi che mi presenti.
Il mio nome è Nicola, ma tutti mi
chiamano Cola, Colapesce.
Cantastorie, cuntisti, novellieri hanno fatto di me o un eroe
popolare e leggendario o il personaggio di una favola comune e
proprio per questo penso che pure voi abbiate un’idea poca chiara di
quello che sono.
Se mi darete la possibilità di venirvi a trovare potrò raccontarvi
tutta la mia storia. Ma se intanto mi permettete vi accennerò in
breve qualcosa.
Da giovane dopo che il mio nome ormai nella maggior parte delle
città siciliane si era diffuso, per le mie qualità straordinarie di
nuotatore che avevo acquisito col tempo a forza di stare sempre a
mare, ebbi la disavventura di imbattermi in una specie di sfida col
Re che a quel tempo c’era in Sicilia. Ma alla fine, questa sfida mi
è costata cara, perchè lontano e quasi latitante , mi restò solo il
mio attaccamento alla mia terra siciliana.
Ora, voi potreste, a ragione, chiedere qual è il motivo che mi
spinge a dirvi queste cose? Ed inoltre perché vi voglio fare
conoscere la mia storia e quella della Sicilia?
E allora vi rispondo dicendovi che: da troppo tempo, ormai, noi
siciliani non siamo più alla conoscenza di quello che eravamo, di
quello che possedevamo.
Di quello che un tempo abbiamo avuto e che
ora avremmo potuto avere. Se solo avessimo la consapevolezza e la
conoscenza di quello che siamo, forse oggi riusciremmo a risollevare
le nostre sorti e ad essere padroni dei nostri destini.
Per troppo tempo sono rimasto sott’acqua, in fondo al mare, a tenere
sta colonna per evitare che la Sicilia sprofondasse, ma ora sono
convinto che c’è bisogno di stare con voi e raccontarvi tutta la
storia per diventare tutti insieme tanti Colapesce, pronti, non a
sostenere una colonna già smanciata, ma a fare della Sicilia un
terra fiorita e profumata.
La cosa più importante di cui ho bisogno é il vostro orgoglioso e
rispettoso appoggio.
Voi, che siete già liberi dovete ricordarvi che tanti altri
colapesce siciliani aspettano di essere liberati. Pesanti e
vergognose catene da troppo tempo cingono i siciliani.
Vi ossequia il vostro umilissimo amico Colapesce.
Nicola Pesce
12 Maggio 2912
Caro Colapese,
mi dispiace tanto che da secoli sei costretto a
stare sott’acqua, come mi dispiace che tanti altri siciliani
stanno si all’asciutto, ma sono prigionieri di catene che loro
stessi vogliono, si cercano… fidandosi e circondandosi delle
false promesse di tanti infami, che regolarmente, prendono
quello che vogliono e poi ci vendono “comu tanti mazzi di cavuli”!
Io ci avevo provato, mi sono data anima e cuore per a dare una
mano a tirare te fuori dall’acqua mio povero amico Colapesce, a
sciogliere catene ai disperati, ai traditi, a chi ancora vive
nella speranza di riconquistare la propria terra, la propria
libertà… per dare anche la possibilità a chi vive in gelidi
paesi lontani, disprezzato e calpestato da ingrati padroni come
i miei tre fratelli, a tornare, a fare rifiorire quel giardino
di pesche e ciliegi in fiori… meraviglia del mondo intero!
Ma troppa falsità ho incontrato, troppi zucconi che non hanno
capito la fragilità della mia anima, già ferita da tutta una
vita, ma che voleva illudersi, stringersi, dopo tante delusione
pensando di aver scoperto un mondo nuovo, che credevo più vero
più sincero!
Invece sono stata ancora ferità, tradita, offesa e
umiliata… così perdendo ogni illusione ho capito che il mondo,
l’umanità… non è mai cambiata: ci sono i deboli, i poveri, i
miserabili, gli illusi… Ma ci sono anche le jene, gli sciacalli,
i gattopardi sempre in agguato a ghermire piccole prede… ed
infine ci sono i leoni quelli che combattono sempre a viso
aperto, che non si nascondono nell’ombra… i combattenti veri che
non si arrenderanno mai, come me… ma che non si lasciano
abbagliare da false prede, nè amano mangiare carne rubata ad
altri con l’inganno…
Ma siamo pochi… e finchè la gente non
capisce che l’inganno e l’ipocrisia non paga…(sono 150 anni che
lo sperimentano, ma ricascano sempre nella rete
dei predatori)…
Tu mio caro Colapesce sei destinato a marcire nell’acqua… a vivere
nel ricordo delle tue belle nuotate in libertà, e nel rimpianto
di esserti fidato del tuo re… oppure sottrarti al supplizio
liberandoti di questa condanna a cui sei stato sottoposto
mandando tutto all’aria, perchè forse in fondo in fondo la
stragrande maggioranza dei siciliani, non merita il tuo
sacrificio!
Ti saluto caro Colapesce, sono addolorata per te, ma da sola non
posso far nulla!
Michela Rinaudo La Mattina
|