Colapesce

 

 

Simbolo della lotta dell'uomo per la sopravvivenza, della spinta a penetrare gli abissi marini, e a cogliere ciò che i sensi non possono capire, quella di Colapesce è tutt'altro che una semplice storia di coraggio e di passione, quanto piuttosto la raffigurazione di un mito comosgonico, quello di un eroe che soccombe e sacrifica una parte di sè per la difesa di un ideale.

La leggenda racconta di un abile pescatore dello Stretto che trascorreva molto tempo in mare. La madre gli rimproverava di restare in acqua e un giorno lo imprecò che diventasse un pesce. Cola da quel giorno si tramutò in una creatura mezzo uomo e mezzo pesce e cominciò a raccontare le meraviglie di quel mare di Cariddi.
La sua fama crebbe e Federico II decise di conoscerlo. Col suo seguito si recò sulla spiaggia ed ebbe un colloquio con questo fantastico personaggio marino.
Allora Federico II che stentava a credere, decise di provare la sincerità del suo interlocutore. Toltasi la spada dal fianco la gettò in mare.
Colapesce scese in fondo al mare e raccolta la spada la riconsegnò al suo padrone.

Allora l'imperatore, non contento, gli disse che avrebbe buttato un anello e gli promise in premio la figlia in sposa.
Ma Colapesce non tornò più in superficie, perché, secondo una versione della leggenda, preferì rimanere in mare e sposare una sirena.

Il primo a raccontare di Cola é un poeta provenzale del XII secolo, tale Raimon Jordan, ma il soprannome Pesce appare per la prima volta nel 1239 nei fatti riferiti dal viaggiatore parmense Francesco Pipino.
Nel XVI secolo Colapesce approda in Spagna e nella seconda metà del Seicento scrivono di lui Tommaso Fazello, Giulio degli Omodei, Francesco Maurolico e Don Cervantes Saavedra nel Don Quuijte

 

 

 

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