Nell'anno 1230 re di
Sicilia era Federico II.
Per la festa di S.
Nicola il re si trovava a bordo della sua nave nel porto di Messina e
poiché aveva sentito parlare tanto del giovane Colapesce, lo volle
conoscere per verificare se veramente sapeva nuotare ed immergersi
nelle acque del mare come un vero pesce.
Il re a quel tempo,
viaggiava per cercare uno sposo degno della propria figlia che, come da
lei richiesto, alla bellezza della persona unisse anche la
gentilezza del costume e il coraggio dei prodi.
Ma, sino ad allora nessuno
aveva soddisfatto e accontentato le esigenti pretese della
principessina.
Colapesce si recò sulla
nave.
Federico II come prima prova lanciò in mare una coppa d'oro e chiese
al giovane di recuperarla in cambio di un cospicuo premio. Anche la
principessa gettò in mare la sua cintura in cambio di una
carezza.
Il bel giovane ubbidì e
superò brillantemente la prova.
Ma il re non si appagò;
voleva vedere fino a che punto il prodigioso nuotatore potesse immergersi,
perciò ordinò al nocchiero di condurre la nave più a largo, dove le
acque erano più profonde e,giunti in quel punto, rigettò in mare la
sua coppa e la Principessina la sua collana.
Cola spiccò un gran
salto, entrò a capofitto nel mare e superò anche questa prova
meritandosi un secondo premio.
Ma il re Federico non
si appagò e ordinò che la nave si spostasse ancora verso il centro dello
Stretto, dove c'è una fossa profonda, quasi una valle, che giunge fino a
Capo Peloro.
Da lì il re gettò la
coppa, la Principessa l'anello e promise in cambio il titolo di barone e
il matrimonio con la figlia.
Cola si tuffò risoluto
e in meno che non si dica disparve tra le onde andando in fondo dritto
come piombo.
Il Re e la
Principessina divennero muti ed ansiosi, scrutando la superficie del mare
appena increspata dal tuffo di Cola. Tutta la Corte venne ad affacciarsi
alla murata della nave.
Il tempo passò in
fretta e subito si fece sera. Cola detto Colapesce, non tornò più a galla:
questa volta il mare volle tenerlo per sé, per non dividerlo mai
più.
E la leggenda volle
colorire la sua scomparsa in modo fantasioso, tramandandoci che Colapesce,
giunto in fondo al mare, vide la colonna Peloro, quella sulla quale poggia
la parte settentrionale della Sicilia, quasi sul punto di
crollare.
Allora, temendo che la
sua Messina potesse sprofondare da un momento all'altro, volle sostituirsi
ad essa e corse a sorreggerla, per non farla spezzare del
tutto.
Colapesce preferì la
sua terra e la sua gente invece di diventare barone e sposo della
Principessa.
Otello Profazio dedicò questi versi
al coraggioso giovane Cola
Maistà… sugnu
ccà |
Maestà... sono qua |
’nta lu funnu di lu mari |
in fondo al mare |
ca nun pozzu chiù turnari |
e non posso più tornare. |
Vui pregati la Madonna |
Voi pregate la Madonna |
staiu riggennu la culonna |
sto reggendo la colonna |
ca sinnò si spezzerà |
perché altrimenti si spezzerà |
e ‘a Sicilia sparirà… |
e la Sicilia sparirà... |
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