Colapesce e la festa dei morti
Alla festa dei
morti è legata la leggenda di Colapesce, mezzo uomo e
mezzo pesce, che viveva in fondo al mare a Messina,
presso Capo Peloro, disincagliando reti di pescatori,
recuperando attrezzi vari e portando da una sponda
all'altra dello Stretto messaggi.
L'imperatore Federico II (ma forse suo nonno Ruggero II) in un viaggio a
Messina (primavera 1221) volle conoscerlo e,
promettendogli la mano della propria figlia, lo sfidò a
recuperare in mezzo allo Stretto, a profondità sempre
più impegnative, anelli gettati dalla principessa e una
tazza d’oro.
Ma Colapesce a un certo punto non riemerse
più.
Si dice che sia vivo e impegnato a sorreggere una
colonna delle tre su cui poggia la Sicilia, erosa dal
fuoco dell’Etna, per impedire l’inabissamento di
Messina.
Alcune leggende raccontano che Colapesce abbia
sentito uscire dall’Etna voci e ululati dei demoni che
si lamentano che le anime dei defunti sono loro
strappate da preghiere ed elemosine.
Pertanto Colapesce
mandò a dire all’imperatore da un pescespada di
passaggio, o forse da una sirena, o da un tonno, che lui
deve restare a sostenere la colonna pericolante e che
bisogna pregare per i morti al fine di strapparli ai
demoni.
Fu così che l’imperatore stabilì che, nei
monasteri siciliani, dopo la festa di Ognissanti si
celebrassero “i morti”, festa che più tardi fu assunta
da tutta la Chiesa.
Nunzio Primavera
Da "Spiriti dal cuore
d’oro"
www.colapisci.it
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