BENVENUTI A CATANIA
LUOGHI E MONUMENTI DI CATANIA
I lampioni
di Piazza Università
AI
4 LATI DELLA PIAZZA SI TROVANO 4 LAMPIONI CHE RAPPRESENTANO
LE LEGGENDE DI CATANIA, UNA E' QUELLA DI COLAPESCE
Colapesce
Ci fu una volta a Messina un giovane pescatore bello e forte, chiamato
Cola. Nessuno meglio di lui sapeva maneggiare il remo, e la sua barca
volava sulle onde come un uccello, vincendo al corso gli stessi
delfini. Il mare era la sua casa e la sua piazza; vi passava i giorni e
le notti, avendo per amici i pesci che gli guizzavano intorno e per
compagne le stelle che gli rinfrescavano gli occhi ansiosi e gli
insegnavano la via.
A lungo andare questa amicizia del mare gli tolse
dal cuore ogni altro affetto, sicché non cercò più né uomo né donna, e dimenticò madre e fratelli.
Nelle
notti silenziose, piene soltanto delle risa e dei sospiri dei flutti,
egli conobbe le ninfe marine dagli occhi come le stelle, e le sirene
dal corpo di serpente. I loro canti e i loro vezzi lo incantavano, ma
com'egli cercava di afferrarle esse sempre gli sfuggivano, sparendo con
un trillo nel mare.
Ammaliato egli ficcava giù gli occhi, e alla vista
gli si paravano meravigliosi spettacoli che più lo turbavano e lo
attiravano: giardini di corallo, palazzi di cristallo, saloni tutti
scintillanti d'oro dove donne bellissime dolcemente danzavano.
Questa
febbre continua gli tolse la pace e il sonno, e lo fece diventare più
solitario e più triste di prima. Restava lungamente fiso con gli occhi
incantati, e non sapeva più dove volgere la sua barca. Sentiva nelle
pause delle onde musiche che salivano dagli abissi del mare, e le
sirene affacciandosi lo chiamavano ripetutamente:
- Cola! Cola! perché non vieni a trovarci?
Non
potendo più resistere, egli si gettò nell'acqua, e nuotando
disperatamente scandagliò tutte le profondità del mare. Ciò che egli
vide nessuno lo seppe mai; ma quando ritornò a galla il suo viso era
pallido come quello dei morti e nei suoi occhi c'era il ricordo delle
cose spaventevoli e meravigliose viste dove nessuno era mai stato.
Da
quel giorno i suoi occhi ebbero un inusitato splendore, e il suo viso
una nuova bellezza: ma egli non parlò più e come vedeva da lungi un
essere umano via fuggiva con la sua barca, e a un tratto spariva nei
frutti. Per questo lo chiamarono Cola Pesce, e la sua fama si sparse
per tutta l'isola.
Ora un giorno capitò a Messina
il Re Federico.
Aveva con sé la figliola bella come un raggio di sole,
e gran seguito di baroni e cavalieri tutti lucenti d'oro e d'argento.
Egli viaggiava la Sicilia per cercare alla sua figliola un marito degno
di lei, bello e prode, e bandiva giostre e tornei.
Ma nessuno ancora
era piaciuto alla superba fanciulla, e molti erano morti per lei in
avventure e imprese impossibili.
- lo mi darò
Sentito di Cola Pesce, ella volle conoscerlo e per ordine del Re barche e
navigli corsero per ogni dove il mare a cercare l'uomo meraviglioso.
Finalmente egli fu trovato, e condotto alla presenza della fanciulla.
Guardando il viso bello del pescatore ella ebbe un fremito, e gli occhi
di lui a vederla si accesero.
- È vero - chiese le Reginetta con la voce tremante -
che tu vivi negli abissi del mare, amando le sirene e cavalcando i tritoni?
Cola sorrise e la fissò senza rispondere.
- Ebbene - chiese ancora la fanciulla -
che faresti tu per me?
- Tutto - rispose Cola.
Ella tolse dalle mani del Re la coppa d'oro e la buttò nel mare, e le onde si torsero per lasciarla affondare.
- Se tu me la riporti - disse -
ti darò la mia bocca a baciare.
Cola
gettò un salto e sparì nei flutti.
Un grande silenzio si fece a riva, e
tutti attesero frementi. Finalmente le onde si mossero, si gonfiarono e
Cola apparì levando alto nel sole la coppa d'oro.
Un clamore lo salutò;
ma la fanciulla tutta pallida rise, prendendo la coppa dalle mani del
pescatore:
- Come vuoi, o Cola, ch'io possa amarti?
E
Cola sorrise, guardandola fiso negli occhi. La fanciulla si sganciò dai
fianchi la cintura d'oro e di diamanti e la buttò nel mare, e le onde
gorgogliarono per lasciarla passare.
- Se tu me la riporti - disse - io mi farò da te abbracciare.
Senza
nulla dire, Cola si slanciò e sparì. Un lungo fremito corse la folla, e
la superba fanciulla sentì tremare il suo cuore.
Dopo lunga attesa le
onde si agitarono nuovamente e Cola riapparve, tenendo nella mano la
preziosa cintura. Un urlo di gioia lo salutò, e tutti gli occhi si
volsero alla superba fanciulla. Ma ella tutta pallida rise, prendendo
la cintura dalle mani del pescatore:
- Come vuoi, o Cola, ch'io possa amarti?
E
Cola nulla rispose, guardandola triste negli occhi.
Ella si tolse dal
dito il piccolo anello e lo buttò nel mare, e nessuno s'accorse dove
mai cadesse.
- Se tu me lo riporti - disse, con negli occhi un meraviglioso splendore -
io sarò tua sposa.
Un mormorio minaccioso s'udì dalla folla, e gli stessi baroni gridarono a Cola che non più s'arrischiasse:
- O temerario, non cercare la morte!
Ma Cola s'era slanciato, e lungamente si videro, dov'egli era sparito, fremere e spumeggiare le onde.
Molto tempo passò e Cola non ritornò più. Invano la folla attese, invano gli
occhi della superba fanciulla interrogarono ansiosi il mare; e molto
ella pianse, perché molto amava il pescatore meraviglioso ch'era perito
per lei.
E ancor oggi in fondo allo stretto di
Messina, Cola Pesce vaga disperato cercando l'anello della principessa;
ma l'anello è troppo piccolo, e troppo grande è il mare.
- ella diceva - a chi non avrà più niente da negarmi.
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