La leggenda di Nicola pesce
(una libera interpretazione)
Ieri sera abbiamo
avuto a cena i nostri amici vicini di casa di Palermo.
Chiacchierando io ho attaccato, come il mio solito da qualche mese,
il trombone sulla geotermia profonda del Tirreno.
Una delle mie ospiti, agrigentina, dopo essersi sorbito il
mio solito comizio geologico-industrial-politico se n'è uscita, un
po' inaspettatamente, con un'antica leggenda siciliana (del 1200 o
forse pure prima).
Questa di Colapisci, o di Nicola, l'amico dei pesci. Il difensore
delle creature marine, il difensore del fuoco subacqueo...
Lei è insegnante, e quest'anno, ai suoi allievi, l'ha fatta
rappresentare.
Antica, ma mai dimenticata dai siciliani, la leggenda di Colapisci
può apparire come uno strano aneddoto sull'ecologia di otto secoli
fa. Sul rapporto tra il potere e l'uomo, sull'oro e il suo
significato (l'economia al servizio dell'uomo e non viceversa), sul
pericolo in cui versa la Sicilia e il mondo, sullo spirito umano,
sulla gioventù e il coraggio, sui simboli del comando, sul fuoco
della Madre Terra, la sua conoscenza, la sua custodia e il suo
futuro.
Correntemente viene interpretata come una storia simbolica centrata
sul rapporto tra un potere cieco e crudele verso il popolo, invece
creativo, coraggioso e paziente.
Però, in questa leggenda, almeno
per me, c'è anche altro. C'è tutto il sistema simbolico
recentemente apparso su questo blog. E nato dai fatti.
E c'è di anche più, forse. Molto di più. Un sentiero previsivo e
spirituale. Scritto dentro, e nemmeno tanto cripticamente, nella
leggenda popolare. Forse da intelligenze antiche e profonde.
C'è sì il potere assoluto e crudele, la povertà, la morte e il
pericolo. Ma c'è anche una strana speranza profonda per superarli.
"Colapesce è l'archetipo di tutti i siciliani umili che reggono la
baracca - diceva ieri sera la mia ospite - Colapesce regge il
pilastro franante dei tre di Sicilia. E' Falcone e Borsellino".
Sono venuto a Favignana, in vacanza tra i tufi pieni di conchiglie
datate due milioni di anni, e incessantemente lavorati dai cavatori,
per ascoltare proprio storie e suggerimenti antichi.
Quindi ascolto e poi approfondisco e leggo. E rifletto. Liberamente.
Ecco il testo della leggenda con una mia familiare interpolazione:
Riprendo alla
lettera la versione più particolareggiata che ho trovato, e
coincidente con quella raccontatami da bambino e ripetuta ieri sera
dalla mia ospite
La leggenda di Nicola, l'amico dei pesci
Nicola era l'ultimo di sette
fratelli e viveva con la sua famiglia vicino all'azzurro mare di
Messina.
Amava molto il mare e trascorreva molte ore immerso, alla ricerca di
resti di città antichissime, di grotte piene di meravigliose
fosforescenze, di distese di coralli, di lotte tra pesci giganti. Amava molto anche i pesci e non sopportava che i suoi
fratelli ne portassero a casa delle ceste.
Questa sua passione infastidiva molto la sua famiglia soprattutto
perché non collaborava con i suoi fratelli nella dura lotta per il
pane e, quando arrivò a riportare in mare una murena che era
ancora viva, la madre lo rimproverò aspramente, imprecando Iddio
perché lo facesse diventare un pesce: il desiderio della donna fu
subito esaudito e Cola diventò per metà uomo e per metà pesce.
Continuò a frequentare il mare, anzi escogitò un sistema che gli
consentiva di fare lunghi viaggi senza fatica: si faceva ingoiare da
grossi pesci e, quando decideva, apriva loro il ventre con un
coltello e usciva fuori. In questo modo si
trovava ad esplorare luoghi lontani e sempre nuovi.
Un giorno trovò nel fondo del mare il tesoro di un'antica nave
affondata e ogni volta che saliva in superficie portava alcune
monete, finché non lo ebbe recuperato tutto.
Questo lo rese così famoso che l'imperatore Federico decise di
conoscerlo e metterlo alla prova: gettò una coppa d'oro in mare
chiedendo a Cola di portargliela. Impresa da niente per il giovane. L'Imperatore fu così contento che gli regalò il prezioso
oggetto e lo invitò a restare con Lui. Il re
gettò allora la sua corona in un luogo più profondo, e Colapesce
riuscì nuovamente nell'impresa.
Un giorno il sovrano fu preso dalla curiosità di conoscere come
fosse fatto il fondo del mare e come vi fosse poggiata la Sicilia.
Cola s'immerse, stette via molto tempo e, quando tornò, riferì
all'Imperatore che la Sicilia poggiava su tre colonne, due intatte e
forti, l'altra, tra Catania e Messina, vacillante perché consumata
dal fuoco.
Il sovrano pretese che Cola gli portasse un poco di quel fuoco per
vederlo, ma il ragazzo gli fece notare che era impossibile portare
il fuoco nelle mani. Questo rifiuto sdegnò
l'Imperatore, il quale lo accusò di vigliaccheria, minacciando
oscuri castighi.
Io paura? - rispose il giovane - vi porterò il fuoco, tanto una volta o
l'altra, bisogna pur morire. Se vedrete salire alla superficie delle
acque una macchia di sangue, vuol dire che non tornerò più.
Allora il re mise, per la terza
volta, ancora alla prova Nicola gettando il suo anello in un posto
ancora più profondo. (aggiunta mia).
Lui si gettò a capofitto nel mare, ma la gente che era lì ad
attendere col cuore diviso tra la speranza e la paura vide apparire
solo una macchia di sangue: Cola non tornò mai più.
Secondo alcuni egli è ancora in fondo al mare a sostenere la fragile
colonna su cui poggia la Sicilia. Altri
invece affermano che Cola tornerà sulla terra quando nessun uomo
soffrirà più per dolore o per castighi.
Mio nonno, Giuseppe Caravita di Toritto, mi
raccontò infatti la stessa leggenda ma mise l'accento (ricordo
benissimo, anche se ero piccolo) sulla terza prova, quella del fuoco
e dell'anello imperiale. E disse che Federico
gettò l'anello nel mare sotto L'Etna, perchè voleva che Colapisci
gli portasse insieme il mistero del fuoco.
Per aumentare il suo potere. E invece
Colapisci si sposò con il pilastro di fuoco, divenne tutt'uno con
lui, e con l'Anello del potere.
Ed è ancora là, Rex quondam et
rex futurus (come Artù) per
testimoniare e poi guidare l'affrancamento siciliano, e italiano,
contro povertà e oppressione.
Anche auto-inflitta (la madre meschina che lo scaccia nel mare, di
fronte alla sua non bastevole crudeltà contro le creature e
l'ambiente marino, che invece lui amava).
Mia interpretazione della leggenda
Colapisci è un ragazzo eccezionale. Si
inventa, come il Giona della Bibbia, il trasporto sottomarino nella
pancia delle balene.
E' un'innovatore, pensa e agisce con la sua testa. E' fuori
dal coro e dal gregge.
Esplora lo sconosciuto. Cerca, ricerca. Trova tesori dimenticati,
diventa ricco con le risorse che il Padre-mare gli regala.
E diventa famoso.
Federico, l'eretico imperatore mezzo tedesco e mezzo normanno, lo
scugnizzo indipendente di Palermo (come Cola) che apprese leggende e
conoscenze profonde in strada - da cavalieri tedeschi, ebrei
cabalisti, matematici arabi, geografi latini, cantastorie e poeti
siciliani, navigatori scandinavi, cavalieri templari e umili
chirurghi-combattenti Ospitalieri - volle conoscerlo.
Federico sapeva quindi molto, e anche della Via giusta.
Fu scomunicato dal Papa proprio per questo.
E impose al giovane eccezionale tre prove da Cavaliere.
La giusta conoscenza, il giusto spirito, il giusto agire.
La prima prova fu quindi quella del Calice d'oro, del Sang Graal,
della conoscenza e tradizione risanatrice.
Colapisci lo riportò facilmente, l'aveva visto e appreso
naturalmente dalla Madre profonda e lo fece suo. Con il Calice santo
e la conoscenza profonda, il calice silenzioso e umile di forza e
potenza.
Colapisci si immerge nel mare per capire come era fatta la Sicilia
(e l'Italia). E nel mare scopre il fuoco , il
potente calice di magma vulcanico, il terzo pilatro nascosto e che
si consuma da tempo immemorabile.
Colapisci riporta questa conoscenza, davvero strana e inusuale per
il 1200, a Federico.
(oltre 18mila chilometri quadrati di area
magmatica circolare, tra Eolie, Vavilov, Marsili e Palinuro, un
calice di potente magma della Madre a profondità di 500-3mila metri,
davanti alla Sicilia).
La seconda prova, ancora più difficile, fu quella della
corona imperiale, dello spirito radiante di Federico.
L'imperatore, che ne ebbe le gemme in dono dal Prete Gianni (il re
nascosto del Mondo) la gettò in mare. E
Colapisci percepì quello spirito potente nella corona, spirito di
comprensione e benevolenza e indipendenza. Il solo che può governare
il Mondo.
La individuò nel profondo dimenticato, e la riportò al sole e fu
rimessa sulla testa del Potere.
(la prova della Corona è la
prova della Repubblica italiana di oggi, della sua legalità e della
sua equità, e la gemma principale è la sua capacità, oggi in forse,
di produrre futuro onesto, credibile e partecipato per tutti...).
La terza prova, quella decisiva, fu quella dell'azione. E
della persistenza del potere.
Federico gettò l'anello del suo contratto col mondo, l'anello
imperiale. Il suo testimone con il Re del Mondo.
Ma Colapisci non glielo riportò.
Federico infatti fu unico nella sua linea. Difatti il suo impero
morì con lui. E il suo anello è quindi sepolto nel terzo pilastro...
Questo anello divenne tutt'uno col fuoco della terra. Con il
vulcano, con la Madre attiva.
Federico voleva il segreto di quel fuoco. Per aumentare e perpetuare
il suo potere.
Ma Colapisci non glielo diede, nè gli riportò l'anello del potere.
Non poteva, non è riportabile in superficie, gli spiegò. Era
Federico invece che doveva immergersi nel mare della saggezza e del
futuro.
Come fece l'umile pescatore Colapisci. Il popolo che sopravvive ai
singoli.
L'anello di fuoco è quindi
il futuro. Il nostro futuro. E' l'antico anello imperiale del grande
imperatore Federico, europeo, siciliano, italiano, amico di
cristiani e arabi... protettore degli
indipendenti di ideali e di pensiero...
protagonista di una stagione unica e tuttora ineguagliata per le
genti del Sud Italia...
L'anello di fuoco lo vedete chiaramente qui,
è impresso da milioni di anni sul fondo del nostro mare.
E la sua gemma potente è l'Etna.
Vale migliaia e migliaia di gigawatt termici, ed è qui da
milioni di anni.
Ci salverà. Come Colapisci ben sapeva... e
Colapisci decise per questo di dedicarvi il suo lavoro immortale. E
paziente.
E' questo il vero, fisico anello di potere che scoprì Colapisci.
Nella leggenda di Colapisci c'è quindi incastonata una chiave, una
cifra nascosta: un lavoro protettivo sottomarino senza fine.
La prima chiave è di una leggenda (probabilmente) del 1200, la
seconda, più tecnica, è del 2007...
Ma quella cifra, quella chiave-anello, Federico non la potè avere...
perchè, scugnizzo tedesco (e non mediterraneo), non sapeva (ancora)
nuotare nel grande mare profondo. E nel 1200
non c'era la tecnologia e la scienza per mettere a frutto questo
calice-corona-anello. Però questo
calice-corona-anello di fuoco molti già lo conoscevano, e da
millenni.
Per esempio i marinai siciliani, da tempi immemorabili alle prese
con fenomeni vulcanici nelle loro rotte per le Eolie, tirreniche,
nel canale di Sicilia, e intorno all'Etna...
Colapisci così regge oggi il pilastro di fuoco, che da pericolo
(sismico) è divenuto fuoco protettivo. E' immortale nel suo bruciare
continuo.
D'Amore per la Sicilia e l'Italia.
E' un Protettore.
Il messaggio nascosto, almeno per me,
quindi è: il terzo pilastro, il pilastro circolare (anello, calice,
corona), il pilastro di fuoco è la protezione immortale, il lavoro
eterno di Colapisci.
Colapisci unisce nella leggenda passato e futuro, e li connette al
fondo del mare, alla roccia (pilastro) e al fuoco....e alla
protezione della sua gente, alla solidarietà e all'abnegazione.
Speranza, pazienza e futuro della migliore cultura della
gente del Sud (e oltre). E progetto per l'avvenire...
Silenziosa speranza e futuro certo. Come è certo che il calore e
l'energia in fondo al mare non cesseranno.
Uomo umile di ubbidienza, di Concordia, di abnegazione e di
sacrificio Colapisci. Concordia (difficile) tra di noi e tra noi e
la natura.
Ma anche fuori da un certo potere, e da una certa Sicilia furba,
gretta e incattivita, dai secoli. Italia Idem.
Colapisci è anche Cavaliere solitario, indipedente, eretico...
Uomo di gioventù, di indipendenza, di coraggio...
esploratore della verità ardua e nascosta e poi protettore.
Colapisci è là sotto, come Falcone e Borsellino, che ci insegna la
strada per uscire dall'anello vizioso del finto potere, del degrado
della natura (nostra interiore e esterna), dell'economia come
feticcio, della risultante povertà, del rincretinimento, del
clientelismo, della sfiducia in noi stessi, del malessere, della
depressione.
Colapisci è vivo. Ha otto secoli ma è vivo come il suo pilastro di
fuoco. Vivo nella memoria della leggenda. Che si tramanda, nella sua
poesia.
Come è vivo chi discende, e si ispira ancora a quelle idee nascoste
del 1200. Idee di conoscenza, sviluppo interiore, comprensione,
cura, azione.
Non è un relitto del passato quel mondo. E' anche ben vivo oggi, e
qui. Dopo nove secoli. Come Colapisci.
E il suo messaggio alla superficie, la sua macchia rossa di sangue e
di luce, probabilmente solare e a otto punte universali.
Il suo messaggio di sacrificio, di abnegazione e di speranza. Il
suo giusto agire.
Perchè, da semplice pescatore, era di diritto divenuto Cavaliere del
Graal, trovato in fondo al suo amato mare.
Iddio benedica tutti i Colapisci, passati, presenti e futuri....
Colapisci è vivo e lotta insieme a Noi.
Giuseppe Caravita
Non più sul web
www.colapisci.it
|