A Messina, a dire il vero, ai radical chic, all'intellighentia, ai nobili
d'intelletto, ai finti e ai veri raffinati, ai cinici di professione la Vara non
piace.
A ferragosto, brulicheranno per le strade più di centomila persone. E
urleranno, correranno, spingeranno, tireranno e suderanno. Per questo a molti
messinesi la Vara non piace. Si dovrebbero mescolare con la gente, quella
normale che non trovi al Lions o al Rotary, e nemmeno alla Punta o nei lidini, e
neanche nei teatri e nei musei. Trovi tutta quella gente che di solito si finge
di non conoscere e che inevitabilmente però poi affolla i seggi elettorali. A
votare sappiamo bene chi.E' una fascia sociale, media, mediobassa (impiegati, operai, precari,
disoccupati) spesso dimenticata. Ma non dimentica delle sue tradizioni e della
sua storia. Che aspetta un giorno l'anno per riappropriarsi della città. E
riappropriarsi è il termine esatto e non enfatico.
Dalla riuscita della processione dipenderanno le sorti dell'amministrazione
comunale, ad esempio. Quando un sindaco non s'è mostrato abbastanza devoto alla
Vara e ha deciso di aspettare la Madonna, che è in ascensione sulla machina votiva, sulla soglia della sua casa (cioè il Municipio), invece che seguirla
dall'inizio del percorso al Duomo... beh! quel sindaco è stato punito. Non più
rieletto. E nemmeno la coalizione che lo appoggiava, ovviamente.
Io seguirò la processione. Lo faccio da anni. E mi emoziono e mi diverto.
Son diventata religiosa? Certo che no.
Ma non mi perderei per nulla al mondo il bagno di umanità che mi aspetta. Ogni
anno scopro incredibili lati della natura umana. E alla processione della Vara
la natura umana si esprime al massimo della sua passionalità.
Io la Vara non l'aspetto sul ciglio di un marciapiedi della via Garibaldi come
fanno molti, ma corro ai lati inseguendo il movimento ondivago delle corde, vivo
gli strappi fino alla meta sulle mie carni e sul mio fiato. M'infilo fra la
gente, getto spicchi di limoni ai tiratori, m'innaffio di acqua, e corro.
La sera ne porto i segni. I graffi del bosso delle aiuole scavalcate per veder
meglio, le vesciche ai piedi, il sudore appiccicaticcio, gli abiti stazzonati,
l'acido lattico nelle cosce normalmente sedentarie.
Quando annuncio che seguirò la Vara di solito i miei interlocutori fanno una
smorfia molto espressiva e si meravigliano. Loro fuggono dalla città.
Vanno al mare. Con l'anguria e il falò. Fa più chic. Seguire la Vara
invece è volgare.
Beh!, lo è nel senso più strettamente etimologico: Volgare, da vulgus,
il popolo. E io sono assolutamente popolare, popolana, popolo.
Ma
onestamente lasciare le scorze d'anguria e i resti dei falò sulle
spiagge non lo trovo meno volgare... per cui Viva Maria.
La Vara è una machina votiva che racconta l'ascensione al cielo della Madonna con una piramide di
figure di cartapesta disposte concentricamente in modo allegorico (un vortice di
gusto dantesco). Ha origini cinquecentesche.
C'è chi dice che la tradizione è marinara (il varo delle navi) e a me piace
questa versione perché la trovo più paganamente laica. La Vara non si porta a
spalla. E nemmeno si trascina sulle ruote. La Vara si appoggia su sci, grandi
sci, e viene tirata da migliaia di tiratori. Ogni tiratore tiene con una mano la
corda e con l'altra s'appoggia e spinge il tiratore che ha davanti. Si vestono
di bianco con la fascia azzurra che è il colore della Madonna ma anche il colore
del mare.
Una volta i tiratori stavano a petto nudo, come i pescatori. Una volta fra i
tiratori c'erano anche gli ergastolani che ottenevano un permesso speciale per
voto. E poi tornavano in gattabuia.
La vara è tirata per un percorso lunghissimo lungo un asse portante della città,
fino al Duomo. A strappi. Uno strappo al fischio del capovara e tutti gridano
Viva Maria: tirano, bestemmiano, spingono, vivamaria, si fermano.
Tutti applaudono e fanno girare le bottiglie d'acqua e i limoni. E così per
qualche ora il fiume umano si muove e la Vara oscilla strappata per cento,
duecento metri. Molte donne si fanno il segno. I bambini vogliono arrampicarsi
sulle spalle a vedere. Da qualche anno si vede anche qualche turista.
Non è una processione normale. E' una valanga.