Ecco una versione letterale d'una leggenda sulla
orìgine della barca, quale si racconta in un comune della provincia di
Girgenti:
C'era una volta un vecchio, che abitava
qui in Siculiana, in una casetta presso il Golfo di Giallonardo. Questo
vecchio allevava conigli, galline, tacchini. Poveretto, viveva delle
galline, delle pollastre e de' coniglioli che vendeva.
Una volta ammalò e s'ebbe a fare del brodo. Tirò il collo a una gallina, la'
cosse e, cottola , si sedette per mangiarla. Finito di mangiare, prese le
ossa e le buttò a mare.
Di questi ossicini, quello del petto rimase a galla. Spirava un venticello
fresco di ponente e l'osso s'avviò verso levante. A questa vista il vecchio
scese di casa, raccolse quella corazzina d'osso, ne fece una del tutto
simile in legno e la buttò a mare; la quale, col venticello che spirava se
ne andò via.
Maravigliato di tanto il vecchio fabbricò una barca più grandicella, dandole
la forma di quelle ossa, e così ebbe origine la barca qual'è al presente
(Siculiana)

Altre origini consimili ricordo di aver udito in Palermo, dove
però non si tratterebbe di monaco (che nella nostra leggenda io
interpreterei nel significato di filosofo), ma di
un uomo ingegnoso, il quale visto non so che gusci con entro delle formiche
galleggiare sull'acqua, avrebbe costruito le prime informi barche da
navigare.
Comunque, ecco gli usi dei nostri pescatori quando s'è costruita una barca e
s'ha a varare.
Nel momento di vararsi una barca, il costruttore comincia a recitare un
paternostro e un avemaria alle anime del purgatorio, poi un credo a Gesù,
indi un altro paternostro ed un'altra avemaria a S. Giuseppe e finalmente
domanda (al padrone che gliela ha commessa):
- Siete contento del mio lavoro ? mi benedite il
danaro che mi avete dato ?
Il padrone della barca risponde:
- Sì.
Il costruttore ripiglia:
- Ed io vi benedico la barca; e (rivolgendosi a
questa) io ti benedico le prime parole che dissi per te; ti benedico tutte
le volte che son passato dalla poppa alla prua. Il mio pensiero è stato
sempre quello di farti ben diritta; io ti benedico tutti i colpi d'ascia che
ti ho dati; ti benedico tutti i chiodi che ti ho piantati; ti benedico, o
barca, nel nome dell'Arca Santa e della SS. Trinità
E così dicendo
dà due colpi d'ascia in croce sulla poppa, e la barca si vara
(Messina).

Com'è in
Messina, così in Palermo, in Trapani e altrove; ma un po' pertutto non si fa
il varo senza la benedizione d'un sacerdote; ed ecco quel che ne scrive per
Mazzara il Castelli:
Costruita una barchetta da pesca, e portata qui
alla sponda del (fiume) Mazaro, prima di essere varata, chiamasi il prete a
benedirla ed imporle un nome, che per ordinario è quello di un santo. Questa
pia cerimonia però non si fa gratis: al buon prete tocca la sua ricompensa,
un paio di lire a un dipresso, più o meno secondo la liberalità o la facoltà
del donatore.
È inutile il dire che l'allegra comare e l'allegro marito non hanno mancato
d' invitare amici, parenti; vicini di casa.
Dopo il rito religioso che chiamano battesimo, entrano nella barchetta alla
rinfusa quanti più ne possono di coloro che sono presenti; non vi manca il
tamburo, che non manca mai nelle feste popolari; e tra le grida della
moltitudine che assiste allo spettacolo, e gli strepiti dell' assordante
tamburo, si dà mano ai remi, e si percorre una o due volte un buon tratto
del Mazaro.
Quando i rematori sono stanchi (e stancano ben presto, perchè per far onore
e cosa grata al padrone vogano totis viribus) si scende in terra, e tutti
coloro che sono stati invitati vanno a casa del padrone, dov'è preparata la
solita calia, cioè fave, noci, mandorle e ceci abbrustoliti, la quale s'inaffìa
con bibite di vino più o meno larghe secondo la liberalità del padrone di
casa, a cui resi infine i ringraziamenti, le congratulazioni e gli augurii
di uso, la brigata si scioglie
Giuseppe Pitré
1889