USI E COSTUMI CBEDENZE E
PBÉGIUDIZI DEL POPOLO SICILIANO
Ecco una versione letterale d'una leggenda sulla
orìgine della barca, quale si racconta in un comune della provincia di
Girgenti:
Comunque, ecco gli usi dei nostri pescatori quando s'è costruita una barca e s'ha a varare. Nel momento di vararsi una barca, il costruttore comincia a recitare un paternostro e un avemaria alle anime del purgatorio, poi un credo a Gesù, indi un altro paternostro ed un'altra avemaria a S. Giuseppe e finalmente domanda (al padrone che gliela ha commessa): - Siete contento del mio lavoro ? mi benedite il danaro che mi avete dato ? Il padrone della barca risponde: - Sì. Il costruttore ripiglia: - Ed io vi benedico la barca; e (rivolgendosi a questa) io ti benedico le prime parole che dissi per te; ti benedico tutte le volte che son passato dalla poppa alla prua. Il mio pensiero è stato sempre quello di farti ben diritta; io ti benedico tutti i colpi d'ascia che ti ho dati; ti benedico tutti i chiodi che ti ho piantati; ti benedico, o barca, nel nome dell'Arca Santa e della SS. Trinità
E così dicendo dà due colpi d'ascia in croce sulla poppa, e la barca si vara (Messina).
Com'è in Messina, così in Palermo, in Trapani e altrove; ma un po' pertutto non si fa il varo senza la benedizione d'un sacerdote; ed ecco quel che ne scrive per Mazzara il Castelli: Costruita una barchetta da pesca, e portata qui alla sponda del (fiume) Mazaro, prima di essere varata, chiamasi il prete a benedirla ed imporle un nome, che per ordinario è quello di un santo. Questa pia cerimonia però non si fa gratis: al buon prete tocca la sua ricompensa, un paio di lire a un dipresso, più o meno secondo la liberalità o la facoltà del donatore. È inutile il dire che l'allegra comare e l'allegro marito non hanno mancato d' invitare amici, parenti; vicini di casa. Dopo il rito religioso che chiamano battesimo, entrano nella barchetta alla rinfusa quanti più ne possono di coloro che sono presenti; non vi manca il tamburo, che non manca mai nelle feste popolari; e tra le grida della moltitudine che assiste allo spettacolo, e gli strepiti dell' assordante tamburo, si dà mano ai remi, e si percorre una o due volte un buon tratto del Mazaro. Quando i rematori sono stanchi (e stancano ben presto, perchè per far onore e cosa grata al padrone vogano totis viribus) si scende in terra, e tutti coloro che sono stati invitati vanno a casa del padrone, dov'è preparata la solita calia, cioè fave, noci, mandorle e ceci abbrustoliti, la quale s'inaffìa con bibite di vino più o meno larghe secondo la liberalità del padrone di casa, a cui resi infine i ringraziamenti, le congratulazioni e gli augurii di uso, la brigata si scioglie
Giuseppe Pitré
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