Così chiama
il popolo due simulacri che durante le feste vengono condotti per la città:
due gigantesche figure equestri rappresentanti l'una un guerriero, l'altra
un'amazzone. Già fin dal 1606 lo storico messinese G. Buonfiglio aveva notato che
al 15 Agosto "conduconsi i colossi a cavallo di
Cani e di Rea sua moglie, dal volgo detti il Gigante e la Gigantessa, come
primi progenitori di Messina, et un camelo con gente in maschera giuocando
et bagordando".
Ed aggiungeva che "queste tutte cose sono antiche
memorie della città, della Vergine Madre di Dio nostra padrona et
protettrice, primieramente di Cam e della moglie Rea nostri progenitori, e
della vittoria ottenuta dal conte Ruggieri, il quale forzati i mori entrò
trionfalmente in Messina co' suoi soldati bagordando e co' cameli
barbareschi carichi di spoglie. Onde in memoria di questo fatto si veggono
ancora coniate monete d'argento con l'effigie di N. Dama dall'una, e con un
camelo dall'altra parte"
Cani e Rea
cangiano nomi secondo i tempi, o secondo gli scrittori che ne fanno
menzione. Per gli archeologi sono Saturno e Cibele; per il
viaggiatore De Forbin (1823) e per Giuseppe La Farina (1840), che si
appoggiano sopra antiche testimonianze, essi sono ‑ e certo non senza
archeologia classica ‑ Zancle e Rea; per il pittore francese Houel
(1784) come pel medico inglese Irvine (1808), e per De Sayve (1820) Grifone
e sua moglie, una donna anonima, che il programma delle feste ci suol dare
per Mata, e che lo stesso Irvine, con un errore e vidente, chiama
Madre.
Da tanta diversità di battesimi un'osservazione scaturisce non priva di
fondamento, ed è: che codesti colossi legano la loro esistenza leggendaria
alla regione messinese. Cam e Rea richiamano a Camaro, o
Cammaro, villaggio a poche miglia dalla città, donde entrambi si fanno
provenire e dove si localizza la storia loro. Mata e Grifonesono né più né meno la contrada di questo nome (Mattagrifone).
I nomi non
cangiano le persone: ed il Gigante e la Gigantessa sono sempre pel buon
popolo messinese due simpatiche figure, e pel popolino due specie di geni
tutelari: l'una, la Gigantessa, la bella signora del Camaro l'altro, il gran
moro venuto dall'Africa, un feroce antropofago, cui essa addomestica, fa
umano e sposa beneficiando la gente del Camaro. Son passati tre secoli, che entrambi, una volta l'anno, messi fuori
della loro casa, fanno la loro apparizione per le vie della città, e nulla
hanno perduto della loro freschezza giovanile.
Cam,
Satumo, Zancle, Grifone, come meglio vi piace chiamarlo, è una bella testa
di moro, dalla barba crespa e nerissima, con un bel paio d'orecchini, e
coperto da un diadema. Dicono che questa testa sia del Calemech: ed io ci
credo, perché artisticamente bella. Il petto è coperto da una armatura con tunica bianca e rossa: le
spalle di un manto rosso stellato. Cavalca un cavallo bianco, le cui redini
regge con la sinistra armata di uno scudo con le storiche tre torri, emblema
di Messina, (sono i tre castelli che dominano Messina, Mattagrifone,
Castellaccio, Gonzaga) mentre la destra impugna una specie di mazza.
Rea o
Cibele o Mata è un donnone che non s'è mai visto l'eguale: con una faccia da
luna piena, anzi una luna piena addirittura.
Gigantesca quanto e più del
moresco marito, veste da guerriera, sopra un cavallo intenzionalmente
superbo. Sul capo, i suoi capelli son tirati indietro e legati da un nastro,
porta una corona di fronde e fiori, con una stella in fronte, le tre torri,
una collana, un ampio mantello azzurro tempestato di stelle, che copre tutto
il dorso del cavallo.
Lieta e sorridente non ha nulla della severità del suo amato consorte; e
quasi come per segno di sua gentilezza ha un mazzo di fiori alla mano
diritta, ed impugna leggermente la lancia con la manca, lasciando
abbandonate le redini del destriero, che al pari di quello di Grifone è
bardato e coperto di una ricca gualdrappa rossa ornata di galloni, fiori e
rabeschi.
I principi giganti son chiusi
in un magazzino di via S. Giacomo a destra della Cattedrale: e vi stanno
dodici lunghi mesi. Quel magazzino, anzi tutto il fabbricato, secondo gli
ameni discorsi che ho sentiti dalla gente minuta e di proprietà loro.
Il Municipio, ai tempi dei tempi, si mise in possesso delle rendite dei
Giganti, ed ha il dovere di provvedere alle spese loro necessarie; dimora,
rinnovamento parziale dei costumi, restauro delle figure e via discorrendo.
Ma il Municipio dopo di aver messe le mani sui beni della bella camarese,
spende appena poche lire in questi restauri, e l'anno scorso lesinava per
poche centinaia di lire ai facchini che doveano trascinare i giganti per la
città e finiva col rimandare al trasporto di essi!
Così ragionavano la mattina del 13 Agosto 1896 quattro o cinque crocchi di
popolani, e guardavano con gli occhi imbambolati i diletti loro progenitori.
Mata
Grifone
Ma già le
immense porte della casa di Mata e Grifone, per particolari congegni, sono
spalancate, ed un fragoroso battimano saluta le care figure.
Operai di ogni genere, marinai, pescatori, venditori, sono festanti, ed i
fanciulli corrono per tutta la via S. Giacomo e per la piazza della
Cattedrale.
Un tamburino batte qualche colpo, ed i fanciulli saltano,
sgambettano elettrizzati. Dozzine di giovani vigorosi e robusti appaiati sotto solide stanghe,
barcollanti, trascinano i due strani colossi per le vie più frequentate
della città; e la città è in festa: e dalle logge, dai balconi, dagli usci,
dalle entrate, dagli sbocchi dei vicoli, dei cortili la gente si affaccia
giuliva, soddisfatta a rimirare lo spettacolo che agli occhi suoi riporta i
simulacri del
Gialanti
e della
Gilantissa,
che godono il privilegio di una perpetua giovinezza, sempre amabili, sempre
sorridenti qualunque siano le opinioni che sul conto loro abbiano i vecchi e
i giovani padri della patria.
Nel 1861, al soffio aquilonare, dei nuovi tempi, furono condannati
all'ostracismo quali vieti arnesi di servitù(oh dove
non entra adesso la professione della libertà!). Ma l'anno appresso rièccoli
colla loro eterna serenità, niente impermaliti dell'offesa loro fatta da un
Sindaco, da un Questore, da un Prefetto che non li capiscono.
E mentre un forestiere per far lo spiritoso chiede:
"Oh che cosa date da mangiare a queste statue?"
le statue per bocca d'un facchino rispondono senz'altro: "Polenta!".
Voler dire
di ciò che avviene al passaggio dei colossi è presunzione.
Vi sono scene che si vedono, ma non si descrivono e, descritte, finiscono in
parodia. Ecco perché mi fermo di fronte a questo spettacolo stranamente
pittoresco e pittorescamente strano.Due artisti di molto valore e di meritata rinomanza, l'uno con la penna,
l'altro col bulino, lo ritrassero con vera genialità ed io taccio lasciando
parlare la riproduzione fedele dell'opera loro. Rilevo soltanto tutti quei
costumi, che ora paiono goffi, sessant'anni fa riproducevano il figurino di
Parigi.
Grifone
Mata
Ma mentre i
colossi son fermi ed i portatori si riposano un istante, la burla
tradizionale ne fa delle sue; ed una è questa:
scovatosi tra la folla un provinciale, un uomo facile a cader in trappola,
egli viene subito condotto innanzi al Gigante, e consigliato, spinto,
costretto a baciargli il piede, egli, il semplicione, bacia, ed una solenne
sghignazzata del non colto pubblico accoglie lo sconsigliato bacio.
Nel disegno
che accompagna questa descrizione, e che raffigura i Giganti nella Marina
tra moltissime persone e cose, si vede una pelle di
cammello, entro la quale due uomini ficcano il capo ed il tronco e tenendo
le gambe ed i piedi liberi precedono i Giganti. Questa pelle sarebbe stata
la spoglia del cammello che montava il Conte Ruggero il Normanno quando
entrò in Messina per la conquista della Sicilia.
I
giganti costituiscono la prima delle tre cose caratteristiche di Messina.
Quando un messinese chiede senz'altro ad una persona: 'U vidisti?'
s'intende il Gigante della festa;
quando:
'U sintisti'?si allude al terremoto;
e quando:
'U tastasti?'si suppone se ha assaggiato il pesce spada.
Giuseppe Pitrè
Feste patronali nella Sicilia Orientale