La Vara di Max.. Oggi, Ieri, Domani… ma sempre la VARA!
Quel
dì era un giorno importante per la storia della nostra magnifica città.
Quel
giorno non sarei stato solo spettatore, ma parte integrante di quella
rappresentazione mobile. Giunto in strada accadde nuovamente qualcosa di
fantastico dentro il mio animo e fuori le mura del mio palazzo era un
turbinare d’immagini, tutto rotolava come quando si sfogliano
velocemente le pagine di un libro, quelle facciate sottili e vellutate,
sbiadite ed ingiallite dal tempo iniziarono a battere, dentro un ritmo
atemporale, una sopra l’altra e lo scenario mutò, all’improvviso la
lancetta segnò: Anno di grazia 1536, giorno 15 agosto…atterraggio
effettuato.
Un
miglio più avanti altri uomini vestiti come me, parlavano delle ultime
novità del Palazzo Reale e dell’Imperatore Carlo V che aveva dato
inizio alla costruzione della Vara, commissionata dal Senato messinese. L’imperatore
infatti entrò vittorioso sui turchi sotto un arco trionfale rinominato
dal popolo come: Porta Imperiale. Non esistevo più io, non esisteva più il mio vicino di cordata, ma aleggiava un’unica sola e grande anima. La gente nelle strade al passaggio di quella "Machina" votiva liberava i propri sentimenti attraverso pianti di gioia e innalzava le proprie sofferenze fino all’alma Maria che benevola guardava misericordiosa e benedicente tutti dall’alto. Io pensavo che tirare la "Vara" fosse meno faticoso, invece la sofferenza e la stanchezza riuscirono ben presto a mettere a dura prova i miei muscoli di ragazzo e quando credevo che le mie braccia da un momento all’altro stessero quasi per cedere, la Fede ridava nuova forza e vigore al corpo. Un ultimo sforzo, tutto stava per concludersi, eravamo vicini al Duomo, fu dato l’ultimo comando liberatorio e infine le corde furono stese a terra. Quelle funi, intrise di sudore e sofferenza, furono tagliate in piccoli pezzi così che ognuno potesse portarne sempre con sé il ricordo di quell’immortale momento, scolpito nel cuore e scritto nel gran libro della storia cittadina, così che quella fantastica giornata di fine cinquecento restasse nel ricordo e percorresse i secoli per arrivare ai figli di quel XXI secolo in modo più fedele possibile. Quegli stessi uomini distratti dall’egoismo e confusi dalla devastazione dello spirito, ma che ancora oggi conservano intatto nei cuori, forse in maniera incoerente ed incosciente, forse in maniera un po’ pagana, forse in modo irrazionale, l’amore per la Madre Celeste, continuando con fatica e devozione a far rivivere quel rito magico e antico al grido di "Viva Maria".
Massimo Mastronardo
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