Quando le barche erano ancora opera dei maestri d'ascia, il
loro varo veniva festeggiato da una benedizione con la partecipazione
popolare della gente del paese.
Le barche venivano addobbate con bandiere e
festoni e tutto un rito propiziatorio aveva luogo.
Andando ancora più indietro nel tempo, a fine ottocento, il
Pitré (leggi di più in La barca e il suo varo) riferisce l'attuazione di questo rito come segue: Nel
momento di vararsi una barca, il costruttore comincia a recitare un paternostro e un'avemaria alle anime del Purgatorio poi
un credo a Gesù, quindi un altro paternostro ed un'altra avemaria a S. Giuseppe e finalmente domanda (al padrone che gliela ha commessa:
‑Siete contento del mio lavoro? mi benedite il denaro che mi avete dato?'
Il padronedella barca risponde:
‑ 'Si'.
Il costruttore ripiglia:
‑ 'Ed l'o vibenedico la barca'.
Seguiva una particolare formula di benedizionepronunciata dal costruttore, il quale al termine, dava due colpi di asciain croce sulla poppa e quindi la barca veniva varata.
A bordo stava il padrone della barca con i suoi amici e
parenti. A scopo propiziatorio se vi era qualche bambino in famiglia,
veniva invitato a far la pipì sulla barca, per "battezzarla".
Di fronte al pubblico convenuto veniva fatto un bel giro di presentazione,
al termine del quale a riva veniva offerto un piccolo rinfresco.