Cebrione
I primi riferimenti diretti di una immersione umana nel mare si trovano nell'Iliade,
al canto XVI, a proposito di un tale Cebrione (auriga di Ettore
ucciso da Patroclo) che viene descritto ironicamente come agilissimo sommozzatore.
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Sdegnoso Ettorre di ferir sul volgo de' nemici, spingea solo
in Patròclo i gagliardi cavalli, e ad incontrarlo diè il Tessalo dal
cocchio un salto in terra coll'asta nella manca, e colla dritta un
macigno afferrò aspro che tutto empiagli il pugno, e lo scagliò di
forza. Fallì la mira il colpo, ma d'un pelo; né però vano uscì, ché
nella fronte l'ettòreo auriga Cebrïon percosse, tutto al governo
delle briglie intento, Cebrïon che nascea del re troiano valoroso
bastardo. Il sasso acuto l'un ciglio e l'altro sgretolò, né
l'osso sostenerlo poteo. Divelti al piede gli schizzâr gli occhi
nella sabbia, ed esso, qual suole il notator, fece cadendo dal carro
un tòmo, e l'agghiacciò la morte. E tu, Patròclo, con amari
accenti lo schernisti così: "Davvero è snello questo Troiano: ve' ve'
come ei tombola con leggiadria! Se in pelago pescoso capitasse
costui, certo saprebbe saltando in mar, foss'anche in gran
fortuna, dallo scoglio spiccar conchiglie e ricci da saziarne molte
epe: sì lesto saltò pur or dal carro a capo in giuso. Oh gli
eccellenti notator che ha Troia!" Sì dicendo, avventossi a
Cebrïone come fiero lïon che disertando una greggia, piagar si sente
il petto, e dal proprio valor morte riceve.
traduzione
V. Monti
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