La discesa del Trieste
nella Fossa delle Marianne

Il viaggio era incominciato con quattro giorni di rimorchio. Al principio, il tempo era buono, ma poi rapidamente si guastò. Però il "Trieste" era concepito per resistere ad un mare molto forte. 
La mattina del 23 gennaio, una rapida ispezione dimostrò che era pronto ad immergersi, benché alcuni accessori fossero stati danneggiati dal potente moto ondoso. In particolare, il tachimetro, apparecchio delicato che serve a misurare la velocità di immersione e di risalita, era fuori uso.  Ma non importava nulla, quella velocità poteva essere determinata facilmente grazie al manometro di profondità e ad un cronografo.

Rallentiamo ancora. 10.500 metri, la nostra velocità non è più che 30 cm al secondo. 
A 10.700 metri sul nostro scandaglio scorgiamo il fondo: una linea nera ben netta, che ci informa anticipatamente che il fondo sarà piatto e relativamente consistente; ancora 200 metri, percorsi sempre più lentamente, e, alle 13,06, ci appoggiamo sul fondo a 10.916 metri di profondità, e lo annunciamo per telefono alla superficie. 
 Il fondo appare sabbioso; difatti, si tratta di una sedimentazione molto fine, formata da quella pioggia eterna che cade dal mare stesso e di cui ogni "goccia" è un residuo organico o minerale proveniente dagli strati superiori: qui, essenzialmente gusci di diatomee.
Il fondo è piatto, come è normale, perfettamente unito, senza nessun buco, tana o tracce di "passi" come d'altra parte se ne vedono molto spesso; appena qualche leggera irregolarità, ma, alla prima occhiata, siamo ricompensati della nostra lunga discesa e degli anni di lavoro che aveva richiesto: proprio nel centro del cerchio di luce che portiamo con noi, un pesce!

Un pesce, simile ad una sogliola, piatto come molti degli esemplari che vivono sul fondo, con i due occhi dalla stessa parte della testa, dimostrando con ciò che si trattava di un animale adulto. Per un istante, non si muove; poi, lentamente, nuota e parte verso l'infinito dei grandi fondali, in quell'oscurità che è sua propria da tutta l'eternità e che noi abbiamo spezzato soltanto per un breve momento.
Nuotando, quasi rampante nella sedimentazione, non sembra spaventato della nostra presenza. Ma d'altra parte, ci vede? Non è cieco? I suoi occhi non gli sono forse inutili? O forse anche gli servono per distinguere i pesci o il plancton fosforescente.

 

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