Haggi
Statti
La
prima vera notizia riportata ufficialmente (Rivista Marittima della Marina militare
italiana) di un uomo che sfida le alte profondità si ha nel 1913.
Si parla di un palombaro che era sceso in apnea fino a 80 metri.
A
quel tempo solo i pescatori di spugne osavano scendere in apnea, ma a misure
molto più modeste.
Il
resoconto di questa immersione eccezionale si ha perché la corazzata italiana Regina Margherita
cercando di dare la fonda nella di Pegadia (Scarpanto - Egeo), su una
segnalazione di un fondale di 30 metri, perse l'ancora, in quanto questa non
avendo toccato il fondo prima di esaurire la catena, per il contraccolpo,
mandò
in tensione la catena stessa, sganciò il maniglione e tutto finì in mare.
Dopo
avere curato una decina di feriti e sepolto il comandante morto sul colpo
colpito dal maniglione, venne deciso di recuperare l'ancora.
Sparsasi la voce si presentò un pescatore di spugne, Haggi
Statti, che si offrì per il recupero.
Il
pescatore dopo una iperventilazione si gravò di una pietra del peso di 14.5 Kg
(legata con una cimetta che doveva servire da guida e da recupero veloce) e si
immerse, verso un fondale che oscillava fra i 64 e gli 85 metri, senza indossare
maschera e pinne.
Il pescatore si immerse per varie volte a profondità sempre più crescenti,
arrivando a fare anche per 7 volte una profondità di 77 metri.
Dopo 21 immersioni in 4 giorni e toccando anche la profondità di 84 metri,
Haggi Statti recuperò l'ancora, lasciando tutti meravigliati e facendo fare
ardite considerazioni scientifiche al medico di bordo, che arrivò ad ipotizzare
che il pescatore potesse (grazie alla pressione) assorbire ossigeno anche dalla
pelle. Dalla visita medica fatta dal dottore risultò che Haggi Stati non era
granché fisicamente: aveva un enfisema polmonare, 20-22 atti respiratori e
80-90 battiti cardiaci al minuto, timpani distrutti e funzione uditiva
scarsa, un'apnea a secco di 40 secondi (ma in acqua oscillò fra 1.30 e 3.30
minuti.
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