Sulla
facciata di un palazzo di via Mezzocannone, all'altezza del primo piano,
c'è un antico bassorilievo che rappresenta un uomo con un lungo pugnale
nella mano destra.
Da molti
secoli per i napoletani quella è l'immagine di Cola Pesce, o
Niccolò Pesce, il personaggio leggendario del quale hanno narrato
le imprese molti scrittori e poeti fin dal Medioevo.
Da bambino e
poi da ragazzo, Cola stava sempre in mare. Instancabile nel nuoto e abile
sommozzatore, restava in acqua per giorni interi, anche durante le
tempeste, pescando e raccogliendo ostriche e coralli; nessuno più di lui
conosceva il mare e i suoi mutevoli umori e nessuno meno di lui lo temeva.
Farlo uscire dall'acqua era un'impresa disperata, tanto che una volta sua
madre, dopo averlo chiamato a lungo, esasperata gli gridò:
- Che tu possa diventare un pesce!
L'augurio si
avverò e il ragazzo si trasformò davvero in un mezzo pesce: si accorse
che poteva restare per giorni sott'acqua senza bisogno di risalire a galla
per respirare.
- Cola! -
gridavano
dalla spiaggia la madre disperata e gli amici - Cola, torna a riva!
Ma Cola non
rispondeva e si lasciava trascinare dalle onde sempre più lontano.
Non
tornò più a casa e i suoi compagni di giochi divennero le foche e i
delfini che popolavano il Golfo di Napoli.
Le Sirene dalla voce melodiosa e dalla coda d'argento e i Tritoni che
soffiano nelle loro conchiglie ritorte lo accolsero tra loro e le Nereidi,
le ninfe marine, gli permisero di visitarle nelle profonde grotte dove
vivevano.
Ma Cola era
anche un esploratore e la sua curiosità lo spingeva sempre più lontano.
Per viaggiare rapidamente si faceva inghiottire da un grosso pesce e,
arrivato dove voleva, gli apriva la pancia con il lungo coltello che aveva
sempre con sé e se ne andava libero a esplorare i nuovi mari.
A volte la nostalgia degli uomini lo faceva accostare a un barca di
pescatori o a una nave e salire a bordo per raccontare ai marinai i
segreti della navigazione e per aiutarli se erano in difficoltà. Li
avvertiva se era in arrivo una tempesta e regalava loro le cose antiche e
i rami di corallo che aveva trovato sui fondali. I naviganti gli
attribuivano straordinarie conoscenze e addirittura l'invenzione della
bussola e delle carte nautiche.
La fama
dell'uomo pesce si sparse rapidamente
Dovunque venisse avvistato la gente correva sulla spiaggia per vederlo e
ascoltare da lui le meraviglie del mare.
E Cola
raccontava delle voragini gelide e buie sotto la calma superficie delle
acque, dove si muovevano creature luminose che avevano le loro tane negli
antichi vascelli affondati; parlava dei pesci colorati e dei mostri marini
che abitavano le caverne sommerse, dei verdi prati di alghe e degli
anemoni che ondeggiavano dolcemente nella corrente.
Anche il re
seppe di Cola e, incuriosito da questo suo strano suddito, ordinò di
condurlo alla reggia. - Maestà - gli fu risposto - l'uomo pesce non esce
mai dall'acqua, per parlargli bisogna scendere sulla spiaggia.
Il re dovette
scendere in riva al mare. Seduto sotto un baldacchino di velluto rosso che
lo riparava dal sole, circondato dai cortigiani che scrutavano l'orizzonte
e, a rispettosa distanza, dal popolo, aspettò che il ragazzo emergesse e
con lo scettro gli fece cenno di accostarsi. Quando lo ebbe a portata di
voce:
- Cola - gli disse senza tanti preamboli - va' e dimmi quali
ricchezze nasconde il mare.
L'uomo
pesce nuotò a lungo e, dove l'acqua era più profonda e più forti le
correnti, esplorò gli abissi marini.
Poi tornò verso la spiaggia e
riferì al sovrano: il fondo era pieno di tesori.
C'erano foreste di rosso corallo e perle di straordinaria grandezza, e
velieri affondati con i loro carichi di armi e di gioielli, e navi ancora
più antiche con statue di bronzo e di marmo di meravigliosa fattura, più
belle di quelle del palazzo reale.
Allora il re
gli ordinò di esplorare le misteriose grotte che si trovano sotto Castel
dell'Ovo.
Cola si immerse e ritornò a riva con le mani piene delle gemme che vi
aveva trovato.
-Voglio
sapere -
gli disse un'altra volta il sovrano - perché la Sicilia
è scossa da tanti terremoti. Fra sette giorni tornerai qui e mi dirai su
cosa si regge.
Cola si calò
lungo le pareti rocciose e fece il giro dell'isola esaminandone le basi:
era poggiata, riferì, su tre enormi colonne, una delle quali era
spezzata. Tutte queste notizie e queste scoperte non facevano che
accrescere la curiosità del re, che decise di vedere fin dove potevano
arrivare le capacità di quell'essere straordinario.
- Uomo
pesce -
gli domandò un giorno - è vero che i I mare è i I tuo
regno?
- Così
dicono, Maestà, ma io prima di tutto sono un vostro suddito.
- Bene -
assenti
il sovrano soddisfatto - farò scagliare una palla di cannone dal Faro
di Messina e tu me la riporterai.
A
quell'ordine Cola si sgomentò. Bisognava immergersi nelle profondità
tempestose e inesplorate dello stretto, abitate da mostri che fin dai
tempi più antichi avevano ingoiato navi e marinai.
- Maestà - disse - io mi perderò, io non tornerò
più ma, se così volete, farò la prova.
Il re
insistette. Il ragazzo si tuffò subito dietro la palla che affondava
velocemente, la raggiunse e l'afferrò, ma improvvisamente si sentì
precipitare. Dalla sabbia dove era caduto Cola guardò in alto. Su di lui
si stendeva, molti metri più sopra, il mare, una lastra di cristallo
increspato.
Era in uno spazio vuoto e privo di vita, senza acqua. Sul fondale bianco,
nella luce azzurra che filtrava a stento dall'alto, si riflettevano le
piccole onde e si muovevano le ombre dei pesci che nuotavano lassù: era
impossibile darsi la spinta e risalire.
Vagò a lungo alla ricerca di acqua nella quale tuffarsi per raggiungere
la superficie, ma non la trovò.
Né i suoi
compagni, le Sirene, i Tritoni e le altre creature del mare, potevano
aiutarlo, perché si tenevano lontani da quel pericoloso abisso.
La
leggenda dice che Cola restò per sempre nella sua prigione sotto il mare,
ma non deve essere stato così se, ancora secoli dopo, marinai e pescatori
del Mar Tirreno e delle coste della Spagna affermarono di averlo visto
accostarsi alle loro imbarcazioni per consigliarli e aiutarli.
Clara Barnara Monocorda
Partenope Magica, miti e leggende della
Napoli antica
ed. L'Isola dei ragazzi
www.colapisci.it
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