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Teresa Bongiorno: scrittrice Propone in 366 storie di spaventi ed incanti un modo originale di rivisitare la leggenda, desunta dalla trascrizione di Italo Calvino. In pratica propone delle "soggettive" dei personaggi con qualche libera integrazione (vedi le lenticchie che diventono sciarpina bianca) |
Colapesce In Sicilia cerano una volta, e ci sono ancora, carretti dipinti con le scene di vecchie storie, come fossero fumetti. Sono trainati da asinelli con finimenti rossi e gialli, ornati con pennacchi formati da tante nappine di lana, che pare sempre festa ogni giorno dellanno. Su uno di questi cera dipinta la storia di Cola Pesce, un ragazzo che faceva disperare sua madre, perché invece di andare a scuola se ne stava sempre a bagno nel mare, dalla mattina alla sera.
La madre lo chiamava:
Le faceva un saluto tutto sgocciolante, e poi sotto, di nuovo, a rimirare
il fondale a occhi aperti, e provare quanto resisteva, trattenendo il fiato.
Non cera niente da fare. Alla fine sua madre si spazientì e gli
gridò infuriata: Non lavesse mai detto. In un momento Cola diventò mezzo pesce, gli vennero le dita palmate e la gola da rana e le gambe sunirono in una coda squamosa.
La madre se ne disperò tanto che poco dopo morì. Cola Pesce non aveva
più niente che lo tenesse legato alla terra. Il Re di Messina
"Mandai un marinaio al largo, a cercare Cola Pesce" racconta il re di Messina. "Lo aspettai al balcone del mio palazzo, che saffacciava sul mare. Era davvero un personaggio incredibile, pareva uscito da un libro di figure. Gli chiesi di fare un giro tutt'intorno alla Sicilia e tornare a dirmi dove il mare fosse più profondo e cosa nascondesse. Quando tornò, Cola raccontò di valli e montagne sottomarine, di caverne e di pesci di tutte le specie. Disse che solo passando accanto al Faro aveva avuto paura, perché lì non era riuscito a trovare il fondo. Eppure Messina deve pur poggiare su qualcosa! Comandai a Cola Pesce dandare a controllare e lui ci mise un giorno intero tra andare a venire. Riferì che Messina era costruita su uno scoglio, e che lo scoglio poggiava su tre colonne: una sana, una scheggiata e una rotta. Me lo portai a Napoli, per vedere cosa tenesse su il Vesuvio: lui raccontò che scendendo aveva trovato prima lacqua fredda, poi quella calda, e cerano anche sorgenti dacqua dolce. Ne portò due bottiglie, che aveva riempito per me. Ma io non ero ancora contento. Volevo che tornasse sotto al Faro, fino a trovare il fondo. Gli diedi la mia sciarpa di seta, come portafortuna. E alla fine si convinse." La corona delle Due Sicilie
"Non avevo mai obbedito a mia madre" racconta Cola Pesce "ma non osavo scontentare il re di Messina. Ai miei tempi un re era come Dio in terra. Così, con la sua sciarpa attorno al polso, mi tuffai e stetti giù due giorni. Poi tornai, e il re stava sempre ad aspettarmi al balcone. Gli dissi che il fondo non lavevo visto, perché cera una colonna di fumo che usciva da uno scoglio e intorbidava lacqua. Il re mi disse che ci aveva pensato bene. Che per arrivare sul fondo dovevo tuffarmi dalla cima della torre del faro. La torre stava sulla punta dun promontorio, e cera sempre un uomo di guardia, che quando la corrente diventava pericolosa suonava la tromba e issava una bandiera per avvisare i bastimenti che passassero al largo. Mi tuffai e ci misi tre giorni a tornar su. Ero morto di spavento. Avevo visto un pesce gigantesco, che a bocca aperta poteva ingoiare un intero bastimento. Il fondo non lavevo raggiunto neppure quella volta. Niente mi avrebbe convinto a scendere di nuovo.
Ma il re a quelle parole disse:
Era una corona unica al mondo. Non mi restava che andare a recuperarla. E questa volta il fondo lavrei raggiunto davvero". Qui finisce il racconto di Cola Pesce. Il re lo aspettò invano, affacciato al suo balcone. Passarono i giorni, e Cola non tornava. Alla fine affiorò soltanto la sciarpina bianca del re.
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